l'intervista

"Schlein dimostri di che pasta è fatta. Salvini? Inutile accapigliarsi ora". Le riforme secondo il ministro Ciriani

Valerio Valentini

"Meloni mostra coraggio, la leader del Pd non si rifugi nel conforto del benaltrismo. Il premierato sarebbe una buona soluzione, per questo dico agli alleati che non serve fare battaglie nominalistiche tra di noi. Il Mes? Entro giugno". Parla il ministro per i Rapporti col Parlamento

Più che ai bilanci, il giorno dopo, quello che segue “una giornata comunque positiva, se non altro perché nessuno delle opposizioni, e non era scontato, si è presentato col coltello tra i denti”, più che ai bilanci, si diceva, Luca Ciriani il giorno dopo preferisce dedicarlo agli appelli. A Elly Schlein, “perché dimostri di che pasta è fatta la sua leadership e non si rifugi nel conforto del benaltrismo”; agli alleati della Lega e di Forza Italia, “ché accapigliarsi ora sui dettagli non ha senso, per cui restiamo compatti nel tentativo di offrire una risposta condivisa a un problema che tutti riteniamo di dover superare, e anche il premierato in questo senso può essere una buona soluzione”. E un po’, forse, l’ultimo appello, il ministro per i Rapporti col Parlamento, meloniano misurato e non incline all’enfasi, lo rivolge a se stesso, al suo partito, a questa ambiziosa, forse azzardata forza di volontà che la premier mostra nel volersi imbarcare, pure lei, nella più proibitiva delle sfide politiche. “Certo, non è un tema che affascina l’elettorato, quello delle riforme istituzionali, e ci sta che affrontarlo costi pure qualche voto. Ma è una battaglia che serve all’Italia come paese, non a questa o quella fazione”. Insomma, ci credete? “Certo. E direi che le consultazioni di martedì alla Camera hanno offerto buone premesse perché, entro breve tempo, si arrivi all’elaborazione di una proposta più definita. Se son rose, lo si vedrà”.

E qui forse qualche timore emerge. Gli stessi, d’altronde, rivelati da una Giorgia Meloni che s’è detta, certo, aperta al dialogo, ma indisponibile a sopportare tatticismi dilatori. “Occorre essere onesti. Ripensare l’architettura istituzionale del paese non è un’operazione che si può fare nel giro di qualche settimana. E dunque ben vengano confronti, discussioni, mediazioni. Ma neppure potremmo accettare la logica della tela di Penelope, per cui si sfascia di notte l’accordo siglato di giorno: perché se così fosse, il governo saprebbe come comportarsi”. Magari puntando a una maggioranza più limitata e poi al vaglio popolare? “Se, come spero, si concretizzerà una maggioranza ampia e qualificata, come prescrive la Costituzione, si potrà anche valutare se prescindere dal referendum”.

Maggioranza ampia  che al momento si fatica a intravedere. Il Pd ha offerto pochi margini di trattativa: né presidenzialismo né premierato. Un po’ poco. “Ieri c’è stato un confronto importante tra due giovani donne, due leader carismatiche”, dice Ciriani. “Una, Meloni, ha mostrato coraggio nell’intestarsi una sfida difficile cercando però anche la collaborazione delle opposizioni”. E l’altra? “Schlein ha messo un po’ le mani avanti: dicendo che le riforme istituzionali per lei non sono una priorità, e che la maggioranza ha già deciso cosa vuole fare, il che peraltro non è vero. La segretaria del Pd è chiamata ora a dimostrare il suo valore di leader, e sarebbe triste se si rifugiasse pretestuosamente sull’Aventino. Anche perché di una simile riforma, che serve all’Italia e non a Meloni, potrebbe ritrovarsi a giovare lei stessa se al prossimo giro fosse il centrosinistra a vincere le elezioni”. 
E’ andata meglio col Terzo polo. “Contributo utile, quello di Azione e Iv. Ma  non possiamo limitarci al dialogo con loro. Contiamo di coinvolgere anche le altre opposizioni”.

E il prezzo obbligato, allora, appare la rinuncia immediata al presidenzialismo. Che è poi il rimprovero che già vi muovono Lega e FI. “Non credo serva a nessuno, in questa fase del dibattito, ingaggiare battaglie nominalistiche. Premierato o presidenzialismo che sia, il senso della riforma è chiaro: arrivare a una forma di elezione più diretta del governo o del suo capo, così da garantire stabilità  e rispetto del mandato elettorale”.

Solo che Meloni, presa dalla necessità di trovare un compromesso, rischia  di restare nel mezzo tra le opposizioni per nulla inclini a svolte presidenzialiste e gli alleati  che le rimproverano il tradimento delle promesse elettorali. “Non credo che se si arrivasse al premierato ci sarebbero problemi di coerenza rispetto all’impegno preso coi cittadini, francamente. Quando si cerca una convergenza ampia, e sulle riforme istituzionali va cercata, è inevitabile che ciascuno rinunci a qualcosa di suo”.
Ma Matteo Salvini punta i piedi anche sull’autonomia: teme che l’attenzione data alle riforme istituzionali releghi in secondo piano il federalismo. “Il disegno di legge Calderoli è incardinato al Senato, ed è già iniziato il suo iter. L’autonomia e le riforme istituzionali viaggiano su binari paralleli”. Alla stessa velocità? “Certo”, risponde Ciriani, con friulana fermezza, scacciando il rumore di fondo degli attriti di una maggioranza che resta, a suo dire, “solida e compatta”. A dispetto, però, degli inciampi imprevisti. “Quello avvenuto alla Camera sul Def è stato un bruttissimo e spiacevolissimo incidente”. Sciatteria, dunque, e non tensioni politiche. Sempre che davvero l’una sia più rassicurante delle altre, per la tenuta della maggioranza. “Serve più impegno e più attenzione da parte dei parlamentari, specie dei neoeletti. E coi capigruppo stiamo attuando un coordinamento più efficiente per evitare nuovi scivoloni”.

A proposito di lavori d’Aula. Nel calendario della Camera, per il mese di giugno, si è convenuto di inserire la discussione sulla ratifica del Mes. Dunque siamo prossimi alla fine di questa estenuante vicenda? “Giugno potrebbe essere il mese della verità, sì. Il calendario andrà messo a punto nelle prossime settimane, dunque non è ancora certo. Ma probabile, questo sì. So poi che Giulio Tremonti ha richiesto una verifica sull’impatto che la ratifica del Mes può avere sui conti pubblici. Ma, insomma, dovremmo esserci”.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.