(foto Ansa)

Il caso

L'offensiva di Salvini sul Pnrr, Meloni e Fitto sbottano: "Così ci facciamo male"

Simone Canettieri e Valerio Valentini

La premier alle prese con le fughe in avanti dell'alleato e con le possibili ripercussioni in Europa sulla linea da tenere sui fondi Ue. Il governo riferirà in Parlamento, come chiedono le opposizioni

Ma quale sabotaggio di Salvini sul Pnrr? Non penso che la Lega voglia suicidarsi”. Francesco Lollobrigida, ministro della real casa nonché protesi di Giorgia Meloni, si mangia di prima mattina un italiano paninetto salato (non chiamatelo sandwich) alla buvette, o meglio al bar, della Camera. Eppure, ministro, la Lega con il capogruppo Riccardo Molinari ha aperto una crepa: dice che è meglio non prendere soldi a debito del Pnrr se non si riescono a spenderli. “Ha ragione. Questa mattina si è spiegato meglio. Ha detto che rinegozieremo i progetti e useremo tutte le risorse, che non devono essere sprecate”. Lollobrigida si esalta con i giornalisti. E dissimula un’irritazione che dalle parti della premier è reale. Per la dinamica comunicativa e soprattutto per le reazioni da Bruxelles: ah, les italiens! 


Nell’ansia di mettere una toppa alle parole di Molinari – il capogruppo verrà avvistato dall’agenzia Adnkronos mentre discute animatamente con l’omologo di FdI Tommaso Foti dalle parti della tabaccheria – c’è l’ansia di Meloni di condurre in maniera ordinata e senza fughe in avanti una trattativa che la preoccupa. Per l’epilogo, certo. Ma anche per la reputazione in Europa dove finora, seppur senza ottenere grandi risultati, non ha certo indossato la maschera che molti le avevano già preparato, appena eletta. E così Palazzo Chigi fa sapere che “il governo accoglie volentieri l’invito a riferire in Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, intanto perché non vi è nessuna difficoltà a farlo, ma soprattutto perché la consideriamo  un’opportunità. Anzi, un’ottima occasione di confronto per approfondire e chiarire il merito delle questioni”.

 

La mossa era stata invocata dalle opposizioni, e per primo da Giuseppe Conte, il premier che portò i fondi del Recovery. Ed è intuibile che sia stata anche propiziata dal lungo incontro avuto dalla premier con il capo dello stato venerdì scorso a pranzo. Di sicuro, la tensione c’è. E dunque ecco spuntare Matteo Salvini che davanti alla stampa estera corregge il tiro del suo capogruppo, ma non si allontana troppo: “Dirottare i fondi non è lesa maestà”, dice il rinvigorito vicepremier leghista. E in queste parole c’è chi ci vede il disegno di spostare i soldi in pancia al ministero delle Infrastrutture – sessanta miliardi di euro – in parte per il Ponte sullo Stretto. “In grado di produrre centomila posti di lavoro”. A Palazzo Chigi leggono anche queste dichiarazioni e capiscono che Salvini ha preso il boccino in mano: è in corso un’iniziativa politica della Lega. C’è chi la chiama “offensiva”.

 

La verità è che tutto si gioca in una sorta di commedia degli equivoci. Perché in fondo, ed è una cosa che chi ha avuto modo di confrontarsi con Molinari racconta, il capogruppo leghista non ha detto altro che quello che anche Meloni ha sempre pensato. Di più, quello che Meloni diceva da leader dell’opposizione. Maggio 2022, a verbale: “Perché l’Italia è l’unico paese europeo ad aver preso tutta la parte dei prestiti, che sono 122 miliardi e che si sommeranno al nostro debito? A quali condizioni verrà gestito quel prestito? E quali sono gli impegni che il governo italiano ha preso per ottenere queste risorse a debito? Forse c’è di mezzo la riforma del catasto? Nei corridoi si vocifera che addirittura la direttiva Bolkestein, stia in questo patto, il che spiegherebbe la scelta incomprensibile di chi vuole svendere le nostre spiagge e metterle all’asta”. Parole e musica di Giorgia Meloni, che d’altronde, quando la Commissione varò il Recovery, invocò il ricorso ai prestiti del Fondo monetario internazionale (quelli pensati per i paesi in via di sviluppo) così da evitare “di stare alla mercé dell’asse franco-tedesco”. Ohibò. Si dirà: ma allora FdI stava all’opposizione. Eppure, quando è stato definito il regolamento per il RePowerEu, ed era già tempo del governo patriottico, il ministro Raffaele Fitto non mancò di ricordare come, se l’Italia non avesse richiesto tutti i prestiti per il Pnrr, avrebbe ora avuto maggiore possibilità di finanziamento per far fronte alla crisi energetica. Un po’ come ha fatto la Spagna, insomma (e chissà che oggi Meloni nel ricevere il premier Pedro Sánchez non gli chieda qualche dritta). Se insomma ora la Lega, in questa più o meno consapevole manovra di logoramento, usa i temi e  i toni che a lungo Meloni ha utilizzato, come può FdI dirsi scandalizzata? 

 

Semmai, a infastidire Meloni dev’essere proprio il percepito tatticismo di Salvini. Che invoca, senza concordarle, svolte pericolose nella negoziazione in corso tra Roma e Bruxelles, consapevole com’è, il leghista, che non sarà lui ad amministrare quelle trattative. “Così ci facciamo male”, si dicono in queste ore, guardandosi negli occhi, Meloni e Fitto. 
 

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