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l'intervista

Le norme Ue sulle case green, il Superbonus e le balle sovraniste. Parlano Salini (FI) e Danti (Iv)

Valerio Valentini

FI è l'unica del Ppe a votare contro la direttiva. Mentre Renew ha deciso di astenersi. Visto da Bruxelles, lo sdegno italiano deve apparire paradossale, ma l'esponente di Iv sostiene che "se avessimo un piano 'Edilizia 4.0' fatto bene oggi avremmo molti meno problemi"

Alla fine, la rottura a destra è stata scongiurata. Però in effetti, c’è qualcosa di bizzarro se nel momento in cui annuncia di accodarsi agli alleati sovranisti, Massimiliano Salini ci tiene a illuminare la sua distanza: “Non vorrei venissimo associati a certi toni”, ci dice l’europarlamentare di FI. Ce l’ha con Lega e FdI: sono i loro i toni che non condivide. “La nostra è una contrarietà che presuppone un’apertura”. Insomma si capisce che c’è un certo imbarazzo, a gestire la faccenda. Et pour cause: perché ufficialmente oggi, nella commissione Industria di Bruxelles, FI sarà l’unica componente del Ppe a votare insieme ai conservatori di Ecr e agli ultrasovranisti di Id contro la cosiddetta direttiva sulle case green.

 

“Una direttiva ovviamente non introduce alcuna stangata per i proprietari di case italiane”, dice il renziano Nicola Danti, esponente di Renew, che della commissione Industria è membro. “Questa, semmai, è la lettura che ne dà la nostra destra di governo, fedele alla sua propaganda sull’‘Europa cattiva’”.

 

Del resto, che qualche contorcimento nel centrodestra stesse avvenendo, intorno a questo dossier, lo si era capito quando Matteo Salvini, e insieme a lui i vertici di FdI, avevano iniziato a sbraitare contro una “fregatura”, una “minaccia”, sulla quale il loro stesso governo, per bocca del ministro Gilberto Pichetto, aveva dato parere favorevole, pur esprimendo alcune riserve. “E va detto che alcune concessioni, specie sull’articolo che riguarda le eventuali sanzioni, le abbiamo già strappate”, spiega Salini, plenipotenziario del Cav. all’Europarlamento. Insomma, “serve dialogo, non arroccamenti ideologici”.

 

D’altronde il voto di oggi, quello della commissione Industria, prelude alla plenaria di metà marzo, chiamata a esprimersi su un testo che verosimilmente, come spesso accade, sarà già stato stiepidito, e ancor più verrà ammorbidito in vista, poi, del dibattito in Consiglio, che è quello che poi davvero conta. “Gli euroscettici possono mettere da parte gli elmetti: nessuna stangata cadrà domani sulle loro teste”, dice Danti. “Ma a parte questo, in generale stiamo parlando di una direttiva, e quindi di un piano che fissa degli obiettivi da raggiungere entro il 2034, e a cui gli stati decideranno come adeguarsi. Una direttiva che può essere una grande opportunità di crescita per un settore importante come quello edilizio. Certamente sono obiettivi ambiziosi e sfidanti. E va detto che ancora non è stato valutato bene l’impatto delle deroghe, specie per quelle che andrebbero introdotte nel campo dell’edilizia non residenziale, o in quello delle caldaie a gas. E anche per questo io, come altri colleghi di Renew, ci asterremo in commissione”.

 

Al di là dei tecnicismi, che pure contano, anche in questa vicenda s’intravede tuttavia una dinamica politica interessante, a guardarla da Roma. E cioè la continua tensione in un centrodestra che, per un verso o per l’altro, vede sempre più spesso la componente radicale attrarre quella liberale. Perché il testo che oggi arriva in votazione nasce da un accordo tra Popolari, Socialisti, Renew e Verdi, a cui si è poi unita anche la sinistra della Gue. Ecr e Id, cioè i gruppi di cui fanno parte FdI e Lega, sono per l’opposizione frontale. E nella scelta di Berlusconi di assecondare questa manovra dei sovranisti – benché Salini ci tenga a ribadire: “Io i toni ruvidi  di leghisti e meloniani non li condivido affatto” – c’è un po’ il senso di quel progetto, ancora tutto da definire, caro a Meloni: il consolidamento, cioè, di un blocco di destra dura e pura che riesca a strappare il Ppe dall’abbraccio della coalizione “Ursula”.

 

E però, al contrario, visto da Bruxelles, lo sdegno italiano per questa direttiva che punta a migliorare la classe energetica delle abitazioni deve apparire paradossale, visto che tutto questo clamore si sviluppa in un paese che sulla retorica del Superbonus ha fondato molto della sua prosopopea di resilienza, in questi anni. “Il Superbonus è stato uno sforzo enorme di risorse per ottenere  un unico indubbio risultato: una grave distorsione nel mercato”, spiega Danti. “Diverso sarebbe stato utilizzare quelle risorse garantendo un piano capace di durare nel tempo, con regole scritte bene per evitare truffe e permettere che quella misura potesse innanzitutto favorire l’edilizia delle prime case, quella popolare e di tutte le famiglie con maggiori difficoltà economiche. Se avessimo avuto un piano ‘Edilizia 4.0’ fatto bene sicuramente anche rispetto alla direttiva europea oggi avremmo avuto molti meno problemi”.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.