il caso

Meloni rischia di incartarsi sul "Piano Mattei"

Le perplessità emerse lunedì durante il vertice a Palazzo Chigi coi vertici di Snam, Eni, Terna ed Enel

Valerio Valentini

Il governo prova a sfruttare il RePower e la modifica del Pnrr per lanciare i progetti ambiziosi delle grandi partecipate di stato. Ma gravano due grosse incognite sui prezzi e sui tempi. E la Commissione europea potrebbe non gradire

Giorgia Meloni dà praticamente per certa l’operazione. “Il nuovo Pnrr consentirà all’Italia di dare un forte contributo alla realizzazione del Piano Mattei al fine di consolidare il processo di diversificazione delle forniture verso una totale eliminazione del gas russo e per far diventare l’Italia hub energetico del Mediterraneo per tutta l’Europa”, ha detto due giorni fa la premier durante la riunione a Palazzo Chigi. E però, pure ammesso che questo fantasmatico “Piano Mattei” prenda davvero consistenza, va detto che realizzarlo attraverso il veicolo del Recovery plan è quantomeno proibitivo. E non a caso anche i vertici delle grandi partecipate di stato convocati a Palazzo Chigi per discutere il dossier lo hanno segnalato al governo.

La tabella di marcia è stata illustrata da Raffaele Fitto. Approfittando della finestra concessa dalla Commissione europea per il varo del RePowerEu, il capitolo del Next Generation Eu dedicato all’energia, il ministro per gli Affari europei ha deciso che è questo il momento per modificare il Pnrr, come a lungo annunciato. C’è tempo fino al 30 aprile, questo è il termine fissato da Bruxelles. Ed è per questo che Fitto ha stabilito che un mese prima, entro il 30 marzo, bisogna stilare un elenco completo dei progetti del Piano che si ritengono infattibili, così da poterli sostituire con idee più ambiziose sul fronte energetico. E il senso della riunione di lunedì pomeriggio, quando i vertici dell’esecutivo, insieme ai tecnici della cabina di regia del Pnrr hanno ricevuto a Palazzo Chigi i dirigenti delle grandi partecipate di stato stava proprio qui: sollecitare Enel, Eni, Snam e Terna a proporre e definire i loro progetti. Quelli, cioè, che potranno essere inseriti nel Pnrr rivisto.

E’ tutto molto logico, ovviamente. Ma forse è meno semplice di quanto appaia. Intanto perché, se vogliono essere finanziate tramite i fondi del Recovery, tutte queste opere vanno concluse tassativamente entro il 2026. Oltre quel termine non ci sarà alcuna erogazione da parte di Bruxelles. E la Commissione, per di più, si riserva di non ammettere nel Pnrr progetti per i quali una chiusura dei cantieri entro la data stabilita non sia verosimile. E qui, dunque, sorgono le prime incognite del “Piano Mattei” in chiave europea. Perché i progetti contenuti in quel dossier sono tutti molto ambiziosi.

Il Tyrrhenian Link su cui, ad esempio, punterebbe Terna è un elettrodotto sottomarino, con doppio cavo, che collega Battipaglia a Termini Imerese, e di lì si collegherebbe alla costa di Cagliari. Sono oltre 480 km di condutture che arriveranno a più di 2 mila metri di profondità: e se la tratta est, quella che connetterà la Campania alla Sicilia, dovrebbe entrare in funzione, almeno parzialmente, nel corso del 2026, il troncone occidentale, verso la Sardegna, richiederà più tempo, e la fine dei lavori è prevista, al momento, nel 2028. Nel complesso, appare azzardato includere l’infrastruttura in un programma di finanziamenti europei che scadrà tra poco più di due anni e mezzo. E dubbi analoghi, in termini di tempi, incombono anche sul “Ponte elettrico”  tra Italia e Montenegro, o sul raddoppio del Tap lungo la dorsale adriatica su cui lavora Snam.

Anche perché un’altra incognita grava su questo disegno industriale di grande respiro, e riguarda la reperibilità dei materiali e i loro costi. E qui si entra nei tecnicismi del Pnrr, di cui però tocca tenere conto. La scorsa settimana la Commissione ha presentato le nuove linee guida per la revisione dei Piani nazionali di riforme e per il varo del RePowerEu. Per l’Italia c’è stata un buona notizia, nel senso che tutto ciò che ha a che vedere coi rincari delle materie prime e con la loro penuria è stato indicato come una di quelle “circostanze oggettive” in nome delle quali le richieste di modifica del Pnrr possono essere ammesse. E tuttavia, al tempo stesso, Ursula von der Leyen ha ribadito l’approccio rigoroso della Commissione nel pretendere, tra le altre cose, che un paese s’impegni a indicare come e perché i progetti inseriti a sostituzione dei vecchi non rischino di incorrere nelle stesse complicazioni. Se si tolgono gli asili perché il costo dei prodotti dell’edilizia è proibitivo, se si tagliano chilometri di alta velocità perché l’acciaio per i binari non si trova, bisogna assicurare che quelle stesse materie prime da utilizzare per condutture di gas o per i cavi elettrici siano facili da reperire e non vadano incontro a rialzi eccessivi. E’ la perplessità che è emersa nella riunione di due giorni fa a Palazzo Chigi. E quando alcuni dei manager dei colossi di stato hanno segnalato che molte catene di approvvigionamento sono paralizzate a livello globale, grosse soluzioni per aggirare il problema non sono emerse. Si fa presto a dire “Piano Mattei”. Difficile sarà farlo, specie nel contesto del Pnrr.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.