Foto di Stefano Costantino, via Olycom 

il ritratto

Rose Montmasson, una da ricordare tra le “madri della patria” citate da Meloni:

Maurizio Stefanini

Fu l'unica donna che sbarcò in Sicilia con Garibaldi. La chiamarono "l'angelo di Catalafimi" per l'abnegazione con cui curava i feriti. Moglie di Crispi, fu "Una tra le mille"

Donne che hanno osato, per impeto, per ragione, o per amore (…) come Rosalie, testarda al punto da partire con i Mille che fecero l’Italia”, ha ricordato Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento a Montecitorio. È Rose Montmasson, detta Rosalie o Rosalia: nata a Saint-Jorioz, in Savoia, il 12 gennaio 1823; morta a Roma il 10 novembre 1904; tra 1854 e 1875 moglie di Francesco Crispi; nel 1860 unica donna tra i Mille garibaldini, che poi in realtà erano 1.089, partiti da Quarto il 5 maggio 1860 e sbarcati a Marsala il successivo 11 maggio. 

 

La chiamarono “l’angelo di Calatafimi”, per l’abnegazione con cui curò i feriti, andando addirittura sotto il fuoco borbonico per recuperarli

 

La chiamarono “l’angelo di Calatafimi”, per l’abnegazione con cui curò i feriti, andando addirittura sotto il fuoco borbonico per recuperarli, stracciandosi le vesti per farne bende. Nel 2007 lo sceneggiato Rai “Eravamo solo mille”, in cui era interpretata da Marina Giulia Cavalli, la mostrava non solo come infermiera, ma anche come una abilissima spadaccina: una specie di Lady Oscar, impegnata in missioni pericolose mentre Crispi se ne sta invece al comando garibaldino ad adempiere ai pur indispensabili compiti di coordinamento burocratico. “Tra un po’ metterà il suo culo di pietra su una poltrona di ministro per non alzarsene più”, dicono più o meno a Rosalia i compagni di avventure. Fiction, ovviamente. “Uno squallido sceneggiato Rai” ha anzi chiosato Guido Palamenghi Crispi alla giornata di studi che l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano ha celebrato presso la sua sede al Vittoriano, proprio nei 200 anni dalla nascita. “Una tra Mille”, il titolo. 

 

Molto, evidentemente, è questione di gusti: all’autore di queste note, in realtà la Rosalie-Lady Oscar non era dispiaciuta. Ma Guido Palamenghi Crispi, come indica il nome, è discendente. Non diretto, visto che il suo legame è attraverso la sorella di Francesco. Ma alle vicende biografiche dello stesso Francesco e di Rosalie ha dedicato molte ricerche, e in più il mese scorso ha donato all’Istituto un ricchissimo archivio familiare, con lettere, cimeli e rari stampati autografi anche di personaggi come Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Sidney Sonnino, Costantino Nigra, Paolo Boselli e Luigi Pirandello.

 

Non è che sia particolarmente condiscendente verso l’avo, visto che nel corso del suo intervento lo ha addirittura definito un “parassita”. “A Malta il parassita studia, scrive, legge, fonda giornali che non gli danno da mangiare e lei lava panni, va a servizio e mantiene il suo eroe”. La Rosalie spadaccina gli ha dato fastidio soprattutto perché ha ripreso una leggenda, secondo lui denigratoria, in base alla quale lei si era vestita da uomo e si era infilata di nascosto dal marito. “La povera Rose è una di quelle figure che entrano e escono dalla storia. Ci è entrata è purtroppo ne è presto uscita”, ha osservato. “Di Rosalie Montmasson si parlò subito e spesso, e poi si tacque. Si comincia a riparlare di lei grazie a questa riscoperta che si sta facendo sul ruolo delle donne nella storia”.

 

È stata in effetti la Montmasson la seconda della donne che nel suo discorso di insediamento a Montecitorio Giorgia Meloni ha ricordato come “coloro che hanno costruito con le assi del proprio esempio la scala che oggi consente a me di salire e rompere il pesante tetto di cristallo posto sulle nostre teste”, diventando la prima donna a capo di un governo in Italia. Dopo Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la patriota risorgimentale “elegante organizzatrice di salotti e barricate”. Due “madri della patria”.

 

Ovviamente, nel caso di Rosalie c’è anche il rapporto con un “padre”. Nato nel 1819 a Ribera nell’Agrigentino, Francesco Crispi proveniva da una famiglia di origine albanese dedita tradizionalmente al sacerdozio, secondo quel rito greco-cattolico che permette ai preti di sposarsi. Suo nonno era infatti prete, suo zio vescovo e rettore di un seminario, e anche se suo padre era mercante di derrate lui sarebbe stato destinato a riprendere il mestiere degli avi, tant’è che lo avevano mandano a studiare dallo zio. Ma scappò di casa con i soldi che il padre aveva ricavato dalla vendita di una partita di formaggi. 

 

Una ragazzotta savoiarda di umili origini, che fa la lavandaia e la stiratrice. Il matrimonio con Francesco Crispi cambia tutto

 

Laureato, avvocato a Napoli, leader della rivolta anti borbonica del 1848, deputato al parlamento siciliano, dopo la fine della Prima guerra d’indipendenza andò in esilio a Torino, da cui sarà però espulso nel 1853. È in quest’anno che appare per la prima volta collegato al suo nome quello di Rosalie: una ragazzotta savoiarda di umili origini, che fa la lavandaia e la stiratrice, e che lo segue a Malta. Palamenghi Crispi osserva che però lei era andata a scuola. “Allora, non era proprio una cosa scontata”. Le prime lettere con Crispi sono in francese, ma poi i due iniziano a scrivere in italiano, e “tenendo conto dei suoi soggiorni a Malta e in Inghilterra probabilmente sapeva anche l’inglese. Quindi, per lo meno una potenzialità intellettuale doveva averla”. 

 

Nel suo libro di memorie “Un antico parlamentare. Col suo diario della spedizione dei Mille” Crispi racconta che Rosalie si occupava della biancheria dei prigionieri politici nella lavanderia del carcere di Torino in cui era detenuto prima dell’espulsione, e che lo avrebbe conosciuto, si sarebbe innamorata di lui e avrebbe deciso di seguirla in cinque giorni. Il discendente di sua sorella consiglia di prenderlo con le molle, visto che all’epoca in cui scrive queste cose “ha già un’altra moglie”. E ricorda che l’inglese Christopher Duggan nella sua biografia di Crispi riporta una lettera a Cesare Correnti in cui al momento della separazione assicura:  “Io però non la lascerò nelle condizioni in cui la ho trovata a Marsiglia”. 

 

Comunque, anche se a Malta lei deve sgobbare per mantenerlo, in compenso entra in contatto con i circoli di patrioti, dal modenese Nicola Fabrizi al napoletano Giorgio Tamajo. E a sua volta si appassiona per quegli ideali di libertà, democrazia, repubblica e Italia unita. Già l’anno dopo Crispi è però espulso anche da Malta. Gli permettono di recarsi a Londra, e per facilitarle i documenti Crispi decide allora di sposarla, malgrado i dubbi di Tamajo. Disparità enorme di livello sociale e culturale a parte, non ci sono né i documenti attestanti il loro stato libero, e nemmeno soldi per comprare le fedi. Anelli e casa per celebrare il matrimonio vennero offerti da un amico orologiaio, che trovò anche il gesuita girovago disposto a officiare la funzione. Testimoni, proprio Tamajo e Fabrizi. 

 

Nel racconto di Palamenghi Crispi, “la Montmasson fa il secondo trasloco della sua vita. Crispi arriva subito a Londra. Lei chiude casa, acquisisce i documenti del matrimonio e allunga il viaggio passando per la natia Saint-Jorioz. Per una che era partita a farsi una dote lavorando da lavandaia, tornare dicendo ‘sono sposata a uno sfigato esule che però è stato importante ed è un avvocato’ fa bello, e quindi si ferma un poco. Arriva a Londra, e riprende a fare colei che mantiene l’esule”. Però conosce Mazzini. “Siccome i due fanno la fame, da Londra se ne vanno prima in Portogallo, poi a Parigi. A Parigi finalmente Crispi sfonda perché riesce a esercitare l’avvocatura, frequenta i circoli degli avvocati radicali, lei frequenta la buona borghesia, e per la prima volta non solo lei non lo deve mantenere ma hanno una persona a ore che va a casa loro a fare le faccende”. 

 

Crispi non vuole, ma Garibaldi acconsente. “Venite dunque, se così vi piace, ma ricordatevi che vi esponete a grave rischio e pericolo”

 

Ma a metà del 1858 Crispi è di nuovo colpito da espulsione. “Prova a ritardarla dicendo che la povera Rosalie è malata e quindi non può affrontare il viaggio, infatti parte da solo e lei rimane a fare il trasloco”. Di nuovo a Londra, ricominciano le ristrettezze economiche. Ma arriva la Seconda guerra di indipendenza, e col finanziamento di Mazzini Crispi fa due viaggi in Sicilia, a preparare una spedizione. Sembra che Rosalie fosse con lui. E poi arriva il 1860. “L’anno grande di Rosalie”, a partire da quando a marzo Crispi la incarica di tornare in Sicilia da sola con un postale, a prendere contatto con i comitati insurrezionali. Dalla Sicilia passa a Malta, ove avverte Fabrizi, Tamajo e gli altri esuli che Garibaldi sta per partire. E da Malta torna a Genova, dove si impunta per essere imbarcata.

 

“Strinsi la mano di Crispi. Era accompagnato dalla moglie piena di coraggio, nel suo volto brillava la gioia di una grande soddisfazione”

 

Crispi non vuole, ma Garibaldi acconsente. “Venite dunque, se così vi piace, ma ricordatevi che vi esponete a grave rischio e pericolo e che io non posso rispondere di nulla”. Il 15 maggio Rosalie si distingue appunto come “angelo dei feriti” a Calatafimi. E il 23 maggio entra nella Storia, quando sull’Unione Italiana, giornale di Firenze, appare il “diario di uno dei Mille”. Anonimo, perché la spedizione era ancora in corso. “4 del mattino del 4 maggio. Là sopra gli scogli strinsi la mano di Crispi. Era accompagnato dalla moglie, che volle a ogni costo far parte della spedizione come infermiera. Mi commosse tanta forza di patria e carità: quella signora era piena di coraggio e nel suo volto brillava la gioia di una grande soddisfazione”. Ricorda Palamenghi Crispi che all’epoca “Crispi non lo conosceva ancora praticamente nessuno”. Ma quel giornale crea la leggenda, e Rosalie diventa famosa prima di lui!  

 

Crispi comunque diventa segretario di stato nel governo dittatoriale di Garibaldi al sud, e a luglio manda Rosalie di nuovo a chiudere casa. Ormai il centro dei loro interessi è a Palermo, dove Crispi si presenta alle elezioni del 27 gennaio e 3 febbraio 1861. Viene trombato. “La mia vita è finita, ormai farò l’avvocaticchio di provincia”, scrive a Agostino Bertani. A sua insaputa, però, è stato candidato anche a Castelvetrano: da Vincenzo Favara, personaggio cui si ispira il don Calogero Sedara del “Gattopardo”. Con una colletta degli elettori, i Crispi vanno a Torino. Là lui decolla definitivamente: come avvocato, visto che ha tra i suoi assistititi lo stesso Garibaldi; e soprattutto come politico, quando col famoso discorso del 1864 “la monarchia ci unisce, la repubblica ci dividerebbe” si pone come leader di quella parte della sinistra che accetta i Savoia. 

 

Rosalie a Torino ha ancora qualche problema, perché le aristocratiche piemontesi guardano dall’alto in basso “la lavandaia che ha fatto fortuna”. In compenso, dopo il trasferimento della capitale a Firenze le toscane la festeggiano come una eroina, e Rosalie diventa una regina dei salotti. I reduci della spedizione le regalano una croce di diamanti che lei ostenta accanto alla medaglia dei Mille, che è l’unica donna ad avere.

 

Ma dopo il trasferimento della capitale a Roma Crispi inizia a stufarsi della ormai cinquantenne Rosalie, e a guardarsi intorno. Nel 1873 gli nasce Giuseppina: da Lina Barbagallo, figlia di un giudice borbonico epurato, che per i begli occhi di lei Crispi ha aiutato a riabilitare. Ha avuto altra prole illegittima, ma per quella bambina stravede. Nel 1875 lui e Rosalie, come ricordato, si separano. Lei va a vivere a Via della Croce, per poi trasferirsi a Via Torino. Nel 1876, quando la sinistra monarchica vince le elezioni, Crispi diventa per 13 mesi presidente della Camera. Poi va al ministero dell’Interno: dicastero che nel 1878 usa per far dichiarare nullo il suo matrimonio maltese. Lo stesso Tamajo, ora senatore, gli andava ripetendo da tempo che quella cerimonia non poteva avere alcun valore: dal punto di vista civile, perché non era stata registrata; dal punto di vista religioso, perché il gesuita celebrante non era autorizzato a esercitare il suo ministero nell’isola. Il 26 gennaio 1878 Crispi e Lina si sposano dunque con rito civile a Napoli.   

 

Ma già il 28 febbraio il Piccolo, quotidiano di Napoli, accusa il ministro dell’Interno di bigamia. Era il giornale di Giovanni Nicotera: il calabrese anche lui cospiratore mazziniano, sopravvissuto alla spedizione di Pisacane, che dopo essere diventato a sua volta leader della sinistra monarchica si era trovato a rivaleggiare con lo stesso Crispi. Suo predecessore al ministero dell’Interno, è stato costretto alle dimissioni da un tranello del giornale crispino Fanfulla, che aveva fatto spedire da un proprio inviato al fronte della guerra russo-turca un dispaccio di fantasia in cui si affermava che il granduca Wladimiro era stato ferito a un ginocchio. E la notizia fasulla era stata rivelata dal Bersagliere, altro giornale nicoteriano.

 

Confermando così il sospetto già diffuso che il ministro dell’Interno approfittava della censura per impadronirsi delle notizie destinate ai giornali concorrenti dei suoi. Sostituito appunto da Crispi, Nicotera aveva però fatto in tempo a preparare la vendetta. Anzi, si era premunito contro il rivale fin dal gennaio 1877, mandando a Malta un alto funzionario della Pubblica sicurezza a raccogliere documenti sul matrimonio Crispi-Montmasson. Furibondo, Crispi si dimise, facendo cadere l’intero governo Depretis. Ma in meno di due mesi il giudice istruttore di Napoli emise un’ordinanza di non luogo a procedere, dichiarando le nozze di Malta “un simulacro di matrimonio”. Dopo nove anni di opposizione, Crispi tornerà al potere, arrivando alla presidenza del Consiglio. Sia pure per incappare, dopo tre anni, nel disastro di Adua.

 

Neanche la vita con Lina è peraltro particolarmente felice, dal momento che lei preferisce stare a Napoli, lasciandolo solo a Roma. Una volta che passeggia con Tamajo sotto Palazzo Braschi, dove allora c’erano presidenza del Consiglio e ministero degli Interni, Rosalie gli dice: “Io saprei consolarlo”. Ma che d’altronde in realtà i due ex-coniugi si frequentano spesso lo testimonia Carlo Dossi: lo scrittore, diplomatico, archeologo e memorialista pettegolo, che di Crispi è stato segretario particolare. Crispi fa anche venire a Roma come commissario di polizia un nipote di lei, che la assiste negli ultimi anni.   

 

Palamenghi Crispi racconta di una volta che Rosalie passeggiava per Via Nazionale e un signore le si buttò incontro, abbracciandola. “Siamo nell’800, certe fisicità non erano molto comuni”. Il signore urla “è l’angelo di Calatafimi”, e alla gente che si ferma a guardarli incuriositi spiega che quella vecchia signora è una dei Mille, e gli ha salvato la vita. Finisce sul Messaggero, in un articoletto di cronaca. Rosalie muore infine il 19 novembre 1904: tre anni, tre mesi e otto giorni dopo Francesco. Chiede di avere un funerale laico e di essere seppellita con la camicia rossa e le sue decorazioni. Assenti le autorità ma presenti le associazioni di reduci, l’ultimo saluto glielo dà il senatore Luigi Cucchi: un bergamasco che ha fatto parte anche lui dei Mille. “Ebbi la fortuna di conoscere Rosalia Montmasson il 5 maggio 1860, mentre col marito Francesco Crispi saliva a bordo della nave in cui si trovava Giuseppe Garibaldi, la nave che conduceva i Mille a Marsala. Da Quarto a Marsala Rosalia non si occupò che di tutto quello che poteva servire ai garibaldini. A Calatafimi assistette i feriti con fede, con diligenza e amore. Non mi dilungherò sulla vita della valorosa donna che cooperò grandemente all’indipendenza d’Italia e fu una delle grandi amiche del nostro paese. Le porgo l’ultimo saluto”.

Di più su questi argomenti: