Foto di Angelo Carconi, via Ansa 

Oltre la legge Delrio?

Il ritorno delle province, desiderio e spauracchio bipartisan

Marianna Rizzini

Dibattito attorno alle competenze degli enti locali, con il ministro Calderoli in prima linea. Sono quattro i ddl in materia presentati al Senato, da FI, FdI, Lega e Pd. Le voci da opposizione e maggioranza

Province, che fare? Da tempo che se ne discute, in particolare da quando il nuovo governo ha dato segnali di voler intervenire sull’oggetto della precedente legge Delrio, a cui non è seguita una vera e propria disciplina della materia, anche a valle della bocciatura del referendum renziano e di un pronunciamento della Corte costituzionale. C’è chi vorrebbe tornare indietro del tutto e chi andare avanti con piccole modifiche sulla base attuale.

 

E oggi il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli – che già ieri, nel corso di un vertice di maggioranza, ha parlato dell’argomento con le forze politiche che sostengono la premier Giorgia Meloni – sarà presente al direttivo dell’Upi per illustrare le proposte del governo in merito. Dice intanto il presidente Upi e sindaco dem di Ravenna Michele De Pascale: “Ovviamente consideriamo molto positivo il lavoro che sta portando avanti la Commissione affari costituzionali del Senato per intervenire sulle province.

 

L’importante è che la revisione della legge 56/14 non si riduca alla sola modifica del sistema elettorale. La priorità è disegnare una provincia nuova, ente di semplificazione amministrativa la cui missione è la programmazione e il coordinamento dello sviluppo locale, la realizzazione degli investimenti propri e il sostegno ai comuni. Un ente che consenta di ridurre la burocrazia e quindi gli sprechi di risorse e tempo, al fianco delle imprese, per promuovere una crescita equa e sostenibile, specialmente nelle aree più svantaggiate. Per fare questo occorre consolidare le funzioni fondamentali, assicurare le risorse per esercitarle e soprattutto garantire personale altamente specializzato.

 

Ed è importante il contributo di tutte le istituzioni della repubblica e di tutte le forze politiche”. Roberto Pella, deputato di Forza Italia, a lungo sindaco di Valdengo e vicepresidente vicario dell’Anci, firmatario alla Camera, con Alessandro Cattaneo, di una proposta di legge per il riordino delle province, oggi saluta con favore il fatto che in Senato, presso la Commissione affari costituzionali, sia stata incardinata la proposta di legge della presidente dei senatori azzurri Licia Ronzulli “per ridare ruolo e dignità alle province”.

 

Per il vicepresidente Anci “si è creata in questi anni un’anomalia: di fatto non è stata cancellata l’entità provincia. La riforma, per essere completa, avrebbe dovuto trasferire tutte le competenze delle province o in capo ai comuni o in capo alle regioni. Questo non è avvenuto. Da sindaci ci siamo trovati a dover governare l’ingovernabile, con un doppio ruolo di fatto, senza il collante di una giunta provinciale. Per non dire dei sindaci di città capoluogo che sono obbligatoriamente sindaci della Città metropolitana. Da vicepresidente vicario Anci posso dire che è trasversalmente sentita l’esigenza di una riforma”. Chiamato in causa nel dibattito, l’ex ministro Graziano Delrio si sente “in buona compagnia, visto che all’epoca in cui si è cominciato a pensare alla legge, poi approvata ai tempi del governo Renzi, era premier il segretario uscente del Pd Enrico Letta”.

 

Si era in pieno clima anticasta. “Mi colpisce una cosa, di questa vicenda”, dice Delrio: “La mia legge nasce all’interno del sistema dei sindaci, per mettere ordine tra competenze di comuni, province e regioni. E trovo stupefacente che il centrodestra parli della questione nei termini odierni: i tagli che hanno messo in ginocchio gli enti locali risalgono agli anni successivi al 2009, quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Ci sono stati, sì, anche gli scandali sulle spese pazze nelle province, da cui un sentimento diffuso allora nell’opinione pubblica: ‘Abolitele’, era il coro. La vera difficoltà, però, non risiede nella legge Del Rio – che portava con sé il riordino delle province e introduceva le città metropolitane, nell’ottica di un miglioramento dei servizi, cose di cui non si parla oggi. E la soluzione, a mio avviso, non risiede nell’elezione diretta del presidente della provincia. La difficoltà è finanziaria: si destinino risorse adeguate alle funzioni, se si vogliono risolvere i problemi”. 

 

Sono quattro, al momento, i ddl in materia presentati in Senato: uno di FI, a prima firma Ronzulli; uno di Marco Silvestroni di FdI; uno di Massimiliano Romeo (Lega) e uno di Bruno Astorre (Pd). Tutti prevedono il ritorno delle elezioni a suffragio universale. Dice Silvestroni: “Abbiamo presentato un ddl per ripristinare la sovranità popolare sancita dalla Costituzione. A mio parere la legge Delrio va superata non nel senso di reintrodurre lauti emolumenti ai consiglieri, ma per poter lavorare in modo efficiente sul territorio. E per fare questo ci vogliono referenti politici per materie su cui ora regna un grande caos decisionale”.

 

Che cosa dice, da FI, la senatrice Ronzulli? “L’obiettivo del mio disegno di legge sul ripristino delle province è quello di ridare voce a milioni di elettori che, a causa della Delrio, si sono visti rimuovere il loro diritto a votare direttamente il loro presidente e il consiglio provinciale. È necessario e fondamentale recuperare un rapporto fiduciario tra elettore e rappresentante delle istituzioni. Quindi noi proponiamo l’elezione diretta dei presidenti di provincia, senza il ballottaggio, nel caso il candidato superi il 40 per cento. Anzi, abbiamo previsto che questa norma sia estesa anche a tutti i comuni sopra i quindicimila abitanti, sulla scia del modello siciliano, dove ha dimostrato di funzionare. In questi anni l’Ente provincia è stato mortificato e sono mancate le interlocuzioni sul territorio, tanto più importanti quando parliamo di province con una densità di popolazione molto diversa. In questo momento le province, con la Delrio, hanno gli stessi problemi che avevano prima, senza le risorse. Passando da enti amministrativi di secondo livello, con l’elezione dei propri organi a suffragio ristretto, a enti amministrativi di primo grado, con l’elezione diretta dei presidenti, tornerebbero ad avere anche i centri di costo, una gestione finanziaria che permetta all’Ente di poter avere una sua autonomia che assicuri la possibilità d’intervenire, per quanto di sua competenza, per il miglioramento delle infrastrutture, come le strade o le scuole, solo per fare un esempio”. “Procederemo in ogni caso in Parlamento”, dice intanto da FdI Silvestroni, dopo l’incontro con Calderoli (il quale ha fatto balenare anche l’idea di un apposito tavolo, aperto a tutte le forze politiche). 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.