Foto di Simone Canettieri 

Il tandem "Bo-Pi"

Bonaccini e Picierno, esordio senza hybris verso il congresso dem

Simone Canettieri

Per i tempi che corrono, il clima nel Pd è di mestizia. Si fanno vedere Fassino, Alfieri, Mancini. Il momento di sussulto è con Giarrusso. "Se arriviamo a settecentomila votanti alle primarie sarà un successo" dicono i dem realisti nella sala

Il tandem che vuole scalare il Pd, Bonaccini-Picierno, si è arrampicato fino a Monteverde, quartiere già pasoliniano e da un bel po’ morettiano. Si sta qui, in questa enclave del ceto medio riflessivo, immersa tra i cassonetti che zampillano rifiuti di Natale che giacciono a terra inermi. Si aspetta di vedere la Vespa di Nanni, che fa lo slalom tra la monnezza, ma sarebbe troppo bello. 

 

L’appuntamento è nel foyer del teatro Vascello. Tra poco andrà in scena hybris di quel funambolo del palcoscenico che è Antonio Rezza (“io non voto dagli anni ’90, non ho fiducia negli uomini, sono oltre l’anarchia”, ci dice mentre fa avanti e dietro). Dentro, in attesa che inizi il vero spettacolo, eccoli qua: Stefano Bonaccini, el gobernador dell’Emilia Romagna che tanto ha atteso questo momento, e Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo con la valigia piena di “sdegno ripugnante” per la storia del Qatar gate che ha azzoppato un bel pezzo di eurosinistra.

 

Altro che hybris, il clima qui è l’opposto. Mestizia. Non tanto per i protagonisti, ma per i tempi che corrono. Le iniziative del Pd, da che mondo è mondo, servono a vedere chi c’è più che a registrare le parole dei protagonisti. E dunque per il tandem “BoPi” si affacciano e si fanno vedere Piero Fassino (già Area Dem, dunque Franceschini), Alessandro Alfieri (luogotenente di Base Riformista di  Lorenzo Guerini, che se ne andrà in auto con Bonaccini), Claudio Mancini, prosindaco della capitale e braccio ambidestro di Roberto Gualtieri, rappresentato, in un certo senso  comunque, dai cassonetti pieni di rifiuti.

 

Si aggira con il fare di chi “sto qui per farmi un’idea” anche Marco Meloni, lothar di Enrico Letta. Qua e là spuntano anche le chiome fluenti di Silvia Costa e Valeria Fedeli, grandi ex. Poi un altro pugno di parlamentari dem. Anche se il vero sussulto della serata è quando varca l’ingresso Dino Giarrusso. Sì, la ex Iena tv, diventato europarlamentare del M5s, salvo andarsene per cercare la fortuna con Cateno De Luca in Sicilia. Anche lui, interpellato, ci racconta: “Sto qui per ascoltare”.  Dino la Iena conosce la collega Picierno, ma anche Bonaccini e medita, magari, un ingresso nel Pd che sarà.

 

Dettagli? Forse. Il lancio romano del tandem dem chiama a raccolta una cinquantina di persone, ed è il segno dei tempi. Ecco perché quando si chiede alla coppia “BoPi” quanti saranno i votanti alle primarie entrambi mettono le mani avanti. Nicola Zingaretti nel 2019 portò un milione e mezzo di persone ai gazebo, ora nessuno si sente di fissare l’asticella nemmeno al milione. “Se arriviamo a settecentomila sarà un successo”, dicono dalla sala i realisti dem. Frasi da ricordare di Bonaccini: “Pina è da combattimento come me”, spiega riferendosi all’accordo siglato con l’europarlamentare. destinata a essere vicesegretaria in caso di vittoria oltreché capolista alle prossime Europee.

 

Il governatore inoltre delinea il pantheon di casa. E dunque Berlinguer, Zaccagnini, Tina Anselmi & Nilde Iotti, Pio La Torre, Rognoni e Saviano (unico vivente). Picierno trova il destro per dire che il Pd “ha perso le ragioni della sua nascita” e che insomma dopo la storia del Qatar chi “disonora le istituzioni non avrà posto”

 

Bonaccini ogni tanto ha un guizzo contro Conte e il Terzo Polo (“dovrebbero fare più opposizione a Meloni che a noi”), non attacca Franceschini che si è buttato sulla vera novità, Elly Schlein, e anzi saluta tutti gli sfidanti, compreso Cuperlo (“sono più a sinistra di lui”). Si consuma  un rito stanco, qui nel foyer del Vascello. Tra poco inizia lo spettacolo, quello vero. Che non sono le primarie dem, ma hybris. Ciò che servirebbe in questi tempi mogi al Pd. “Si può essere utili tornando in panchina dopo essere stati ai massimi, livelli”, dice il govenatore candidato prima di andarsene. E tutti si chiedono: ce l’ha con Dario?

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.