Foto via Ansa 

l'intervento

L'allarme di Bonomi sul Pnrr: "Le riforme sono ferme"

Redazione

Il capo degli industriali: "Ci siamo smarriti. Serve una collaborazione con i privati. Abbiamo tanti progetti ma mi chiedo se abbiamo abbastanza imprese invogliate a eseguirli"

Una voce pesante. Per dire che sul Pnrr l'Italia ha un po' smarrito la rotta e ora si trova bloccata, incapace com'è suo solito di riformarsi in tempi rapidi. Almeno è questa la disamina offerta oggi al Corriere della sera dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che ieri a Roma ha incontrato le omologhe associazioni confindustriali di Francia e Germania. Un vertice informale per cercare di tracciare un percorso comune, ora che le principali economie del continente ballano sul crinale di una possibile recessione.

Bonomi non si avventura in un giudizio sulla legge di Bilancio, lo aveva già fatto nei giorni scorsi, ma coglie piuttosto l'occasione per ricordare come è dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che passino molte delle opportunità che il paese non si può permettere di smarrire. E lo fa nelle stesse ore in cui gli emissari della Commissione europea si trovano in visita a Roma per vigilare sullo stato di avanzamento proprio del progetto che prevede l'erogazione di fondi europei. 

 

"Nello spirito iniziale il Pnrr doveva imprimere una spinta aggiuntiva a nuovi investimenti. Noi invece l’abbiamo soprattutto volto a finanziare opere già previste, perché ci difetta capacità di progettare e realizzare progetti nuovi in pochi anni. Il Pnrr doveva nascere e attuarsi sulla base di un partenariato fra pubblico e privato, ma se n’è visto poco: è quasi tutto nella sfera del pubblico", dice Bonomi. Secondo cui, in questa fase, "ci siamo smarriti". Questo anche perché "il Pnrr doveva risolvere i colli di bottiglia amministrativi e ordinamentali che il Paese soffre da decenni. Ma le riforme non si stanno facendo, questa è la realtà".

L'accusa non sembra rivolta al governo Meloni, in carica da poco più di un mese. Ma il capo di Confindustria fa esempi circostanziati sul perché e sul come in questi mesi si sia perso del tempo utile al proseguio dei lavori. "Il primo bando per la più grande opera, la diga foranea di Genova, è andato deserto per la questione dei costi. Al secondo una ditta ha vinto e l’altra concorrente ha fatto subito ricorso al tribunale amministrativo regionale. Dunque, tutto fermo. Abbiamo tanti progetti ma mi chiedo se abbiamo abbastanza imprese invogliate a eseguirli". E anche nella richiesta di evitare che la gestione venga completamente demandata ai comuni sembra echeggiare quella sensibilità presente in ampi strati della società: e cioé che la si smetta di traccheggiare e si imponga una nuova svolta al Next generation Eu.

Di più su questi argomenti: