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il commento

La prima manovra di Meloni è un problema sia per Meloni sia per l'opposizione

Claudio Cerasa

Approccio cauto, messaggi rassicuranti, scelte molto draghiane. Perché la legge di Bilancio del governo guidato da Fratelli d'Italia imbarazza sia la maggioranza (ah, la discontinuità) sia le altre forze politiche (ah, la coerenza)

La manovra approvata lunedì sera dal governo Meloni, manovra cauta, prudente, non spendacciona e tutt’altro che estremista, può essere riassunta utilizzando un aggettivo semplice e provocatorio: imbarazzante. Ma attenzione. Imbarazzante non per ciò che la manovra contiene, ma per ciò che la manovra rappresenta tanto per chi l’ha promossa quanto per chi la sta osteggiando. E’ imbarazzante, per Meloni, la sua prima manovra di governo perché il 90 per cento delle scelte fatte dalla maggioranza di centrodestra, come ammettono anche alcuni ex consiglieri dell’ex premier, le avrebbe fatte anche il governo Draghi: niente abusi sul debito, deficit tutto sommato contenuto, due terzi degli stanziamenti contro il caro bollette e pochi spiccioli sulle scelte identitarie, taglio del cuneo fiscale per i lavoratori. E anche sulle scelte identitarie, per così dire, tre  provvedimenti approvati in Consiglio dei ministri sono provvedimenti che avrebbe probabilmente fatto anche il governo Draghi. Quota 103, sul triennio, costa 500 milioni in più rispetto alla Quota 102 descritta da Draghi. Il potenziamento dell’assegno unico aggiunge circa 400 milioni a quanto già previsto dal governo Draghi. E lo stesso Reddito di cittadinanza, durante l’ultimo discorso tenuto da Draghi al Senato, è stato oggetto di feroci critiche da parte dell’ex premier. La prima manovra del governo Meloni, dunque, è imbarazzante per il governo Meloni, perché dimostra che la discontinuità economica promessa in campagna elettorale con il governo precedente era al 90 per cento figlia della propaganda. Ma allo stesso tempo è imbarazzante anche per le opposizioni. E in modo indefesso la maggioranza meloniana in modo più o meno volontario continua a togliere agli avversari molti argomenti per le proprie battaglie contro il governo Meloni. Il Pd contestava il centrodestra per essere contro l’agenda Draghi e l’agenda Draghi, oplà, rispunta nella manovra. Il Pd elogiava Draghi quando Draghi suggeriva di rivedere il Reddito di cittadinanza e ora, oplà, il governo di centrodestra ha effettivamente rivisto il Reddito di cittadinanza. Il Pd contestava il centrodestra per essere ambiguo sul putinismo e il centrodestra, oplà, ieri al Parlamento europeo vota compatto la mozione con cui la Russia viene definita uno stato che sponsorizza il terrorismo e usa metodi terroristici e lo fa nello stesso giorno in cui  il M5s si è astenuto e tre europarlamentari del Pd hanno votato contro la mozione. E’ imbarazzante a tal punto, per le opposizioni, costruire un’opposizione contro Meloni non incoerente con la propria storia, con il proprio recente passato, da essere arrivati, nel centrosinistra, a sostenere le seguenti posizioni. Rimproverare il governo per non aver valorizzato abbastanza le donne nel governo, in un governo guidato dalla prima presidente del Consiglio donna. Rimproverare il governo per non avere offerto risposte sufficientemente incisive contro il caro bollette senza rendersi conto che per avere manovre ancora più incisive sarebbe stato necessario aumentare proprio quel deficit che il Pd ha sempre chiesto di non aumentare. Rimproverare Meloni, come ha fatto in modo molto spassoso Laura Boldrini, per aver fatto proprie battaglie della sinistra, come la diminuzione dell’Iva sugli assorbenti e i pannolini, senza aver però abbracciato queste battaglie “in modo strutturale”. E infine, come ha fatto ieri Carlo Calenda, rimproverare la destra per essere stata incoerente con se stessa (“Trovo – ha detto Carlo Calenda – la manovra presentata dal governo una grande presa in giro innanzitutto per elettori della destra, perché tutte le promesse fatte in campagna elettorale sono state disattese”).

La prima manovra meloniana – apprezzabile nella cautela di alcune decisioni ma meno apprezzabile per alcune direzioni pericolose che la manovra indica e non ci vuole molto a capire quanto possa essere rischioso avere un governo poco concentrato nelle politiche pro crescita e molto ossessionato dalla diminuzione dell’età pensionabile in un paese che nei prossimi tre anni dovrà spendere 50 miliardi di euro aggiuntivi sulle pensioni solo per gli adeguamenti all’inflazione prevista – è dunque imbarazzante per molti. Ma lo è prima di tutto per l’opposizione costretta più che mai oggi a chiedersi come si combatte un governo che fa molte delle cose che avrebbe fatto chi oggi lo combatte. Ops.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.