La morsa di Francia e Germania si stringe sulla Meloni. Le ansie di Draghi e Mattarella su gas e debito

Valerio Valentini

Cingolani e Gentiloni – in contrasto tra loro – provano a superare la contrarietà tedesca alla riforma del mercato del gas. Ma Macron ci ripensa e si allinea a Scholz. E' il segnale di un rinnovato rapporto esclusivo tra Parigi e Berlino, che impone a FdI una svolta diplomatica. Il capo dello stato domani a Malta invocherà maggiore compattezza europea

In fondo, più che una svolta è un ritorno alla prassi. Tutto come prima, come sempre: il che, a volere essere cinici, potrebbe preoccupare ben poco chi sta per lasciare Palazzo Chigi. E però quella rinnovata saldatura tra Berlino e Parigi –  sul gas, certo, e non solo – si prefigura come una tenaglia che stringendosi sul governo che verrà metterà in difficoltà l’intero paese. E allora ecco che  questa  tettonica delle alleanze europee da cui Giorgia Meloni rischia di finire stritolata allarma chi, più di tutti, è garante degli interessi dell’Italia. Per questo Sergio Mattarella, domani, intervenendo a Malta all’incontro dei capi di stato europei del gruppo Arraiolos, ricorderà – e si vedrà con che toni e che formule – la necessità di rifuggire ogni tentazione di autosufficienza in seno alla comunità del vecchio continente. Un messaggio alla Germania, insomma.

Il capo dello stato, che è dovuto intervenire in prima persona per ricucire gli sbreghi diplomatici gialloverdi con Parigi, condivide le stesse preoccupazioni di Mario Draghi, che quell’amicizia risanata  ha saputo poi condurla fino all’apoteosi  del Trattato del Quirinale. E allora si capisce perché, a vedere Emmanuel Macron recarsi a Parigi per una cena privata con Olaf Scholz, con l’aria di chi va a risolvere una disputa che riguarda certamente anche l’Italia, e la riguarda da vicino, senza però concordare con l’Italia alcunché, al Colle e a Palazzo Chigi hanno alzato un sopracciglio.

E non certo per un mero fatto iconico, per l’amarezza di vedere archiviato il formato a tre immortalato sul treno per Kyiv con una foto che ricorda semmai Aquisgrana,  la consuetudine per cui Berlino e Parigi decidono, e l’intendenza degli altri stati membri seguirà. Il punto semmai è che in quel rinsaldarsi del rapporto esclusivo tra Scholz e Macron viene meno lo spazio di manovra per l’Italia proprio sul dossier più decisivo: quello del gas. 

E sarà un caso, ma la giornata che segue a quella cena a due segna l’affanno italiano sulla trattativa per la riforma del mercato del gas. E così la mossa coraggiosa che Paolo Gentiloni tenta insieme al collega francese Thierry Bretonuna lettera a doppia firma siglata dai due commissari europei per richiedere una riedizione dello strumento Sure per l’emergenza energetica – finisce prima svilita dagli stessi uffici di Ursula von der Leyen, e poi bocciata dal ministro delle Finanze tedesco, il liberale Christian Lindner. E però, se la refrattarietà della Germania era prevista, quello che brucia è la ritrattazione francese, che dopo aver accompagnato l’Italia sul sentiero della critica a Berlino difende invece la scelta di Scholz – e il tutto per voce della stessa persona, e cioè il titolare dell’Economia Bruno Le Maire. zionale da 200 miliardi.  Segno, forse, che le spiegazioni fornite da Lindner ai colleghi durante il summit hanno chiarito il senso della misura tedesca, se è vero che anche Daniele Franco ha raccomandato prudenza, di ritorno a Roma: perché  in fondo quei 200 miliardi, spalmati sul 2022 e 2023, non sono poi gran scandalo rispetto agli oltre 60 spesi dall’Italia in questi primi nove mesi, se rapportati al pil dei due paesi.

Ma più ancora dei dettagli, la sensazione diffusa a Palazzo Chigi è che a dettare il ripensamento francese sia stato proprio l’incontro tra Scholz e Macron. E allora si spiega anche la fatica che Roberto Cingolani ha dovuto fare, anche ieri, per tenere compatto il fronte degli stati membri che richiedono a Bruxelles una riforma del mercato del gas. Il confronto via Zoom con Robert Habeck, il più atteso, è stato positivo: le tre pagine di slide e commenti illustrate dal ministro della Transizione al suo omologo tedesco sono risultate convincenti, ma che da quel documento promosso dal Mite si arrivi a una effettiva proposta, da parte della Commissione, in vista del Consiglio europeo di venerdì, ce ne passa (e oggi proseguirà il lavoro diplomatico).

Slanci rimasti a mezz’aria, dunque, quelli di Gentiloni e Cingolani, velleità che paiono frustrate e per certi versi perfino in contraddizione. Perché  è chiaro che proporre lo Sure nel giorno in cui si cerca di ottenere un primo consenso sul price cap dimostra quello che gli addetti ai lavori hanno sempre percepito: e cioè che i due, Gentiloni e Cingolani, poco si prendono, e  che il primo ritiene impraticabile il tetto al prezzo del gas, e l’altro non si capacita di come così poca sponda il suo ministero abbia trovato dalla struttura del commissario all’Economia. 

E insomma c’è un motivo se Meloni, di fronte all’obbligo di indicare la strada da seguire, continua ad additarle tutte e nessuna. Riceve Cingolani e ne elogia il dossier; insiste perché si abbandonino i toni antifrancesi (“Non più ostilità, ora parliamo di reciprocità”) e si cerchi un aiuto proprio in Gentiloni affinché sul piano europeo del RePower Eu, così come sulla possibilità di dirottare i fondi comunitari per la coesione sull’emergenza energetica, si ottengano aperture a Bruxelles. Infine  si aggrappa alle parole di Draghi. Che dice l’ovvio, e cioè che “il Pnrr è un piano non del governo, ma dell’Italia, per cui tutti collaborino”; ma in quell’ovvio i dirigenti di FdI ci vedono una mezza parola di benevolenza. Sperando, intanto, che il treno francotedesco non sia già partito. Stavolta, senza l’Italia.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.