editoriali

La Meloni e il senso di mostrare il video di uno stupro

Redazione

La leader di Fratelli d'Italia sdogana un’indecenza in più, nell’ansia di non moderarsi troppo

La tentazione sarebbe quella di dire: e vabbè, che vuoi che sia, uno schizzo di melma in più in questa instancabile lotta nel fango che è la polemica politica in Italia. Se non fosse però che la scelta di Giorgia Meloni – affannarsi a rilanciare il video di uno stupro, con tanto di urla della vittima in presa diretta, metterci su il logo elettorale di un partito e donarlo ai propri follower – sembra essere uno di quei fatti in cui la soglia dell’accettabile, del tollerabile dallo stomaco prima ancora che dal galateo, viene spostata un po’ più giù. Ma sì, un passo ancora nello sprofondo di meschinità in cui si sguazza quotidianamente per alimentare dibattito politico.

 

  

Le prima volte in cui Salvini condivideva i video dei migranti ammanettati, quando esibiva il volto di due minorenni alla gogna dei suoi seguaci, noi frequentatori abituali di social, che insomma pure ne avevamo viste, avevamo come un irrigidimento, un prurito: ma davvero lo ha pubblicato? Oggi, di fronte all’ennesimo tunisino esagitato che viene atterrato col teaser, scrolliamo annoiati, come chi ormai non ci fa più caso, come chi non si appassiona più. Ci si abitua. E in questo triste esercizio all’assuefazione, finirà che alla prossima sevizie rilanciata sul web – del resto già qualche settimana fa osservammo con morbosa attenzione la clip di un ambulante nigeriano ucciso di botte – ci stringeremo nelle spalle e niente più.

 

Resta forse, però, da rilevare un aspetto nella comunicazione adottata dalla Meloni. Sembra quasi che, avendo sentito la necessità di mostrarsi affidabile e morigerata sul piano economico, così da rassicurare le cancellerie e i mercati europei, la leader di FdI abbia deciso che la via della radicalità, anche brutale, vada perseguita con sempre più fermezza sul campo dello stato di diritto. Scelta comprensibile, ma non per questo apprezzabile.