Ghermirli e incatenarli

Meloni assai ottimista sul voto, malgrado gli instabili Cav. e Salvini

Salvatore Merlo

L’uscita inspiegabile di Berlusconi su Mattarella gela la leader di FdI che ha un piano per contenere gli alleati. Obiettivo 30 per cento

Fino a qualche mese fa l’uscita a tratti incomprensibile dal punto di vista logico e strategico di Silvio Berlusconi su Mattarella (“se approvassimo il presidenzialismo dovrebbe dimettersi”) avrebbe assunto per Giorgia Meloni il sapore acido del pericolo, e dell’inaffidabilità. L’avrebbe cioè inquietata facendola sprofondare nell’angoscia della premonizione: non solo il debito pubblico al 150 per cento, l’inflazione all’8 per cento, i 433 decreti attuativi del Pnrr da approvare subito appena arrivati al governo, non solo la crisi energetica e la guerra in Ucraina... ma pure Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, a fianco a lei. Una miscela instabile di composti chimici  che sfugge all’alambicco del più cauto dei tecnici di laboratorio: il leghista irrequieto che non si sono ancora vinte le elezioni e già chiede ministeri, e il grande vecchio che si lascia andare in campagna elettorale a inspiegabili dichiarazioni sul presidente della Repubblica. Figuriamoci che farebbero una volta arrivati al governo. Ma da qualche giorno, e non solo perché è in vacanza in Puglia e dunque lontana dagli impegni quotidiani, ecco che ragionamenti più ottimistici anche sugli alleati attraversano le riflessioni della leader di FdI. Ci sono calcoli  riservati che danno Meloni al 30 per cento, qualcuno al 32. Con un tracollo di Lega e Forza Italia. I due possono essere neutralizzati. 


Sembra che Alessandra Ghisleri, sondaggista esperta e  tra le più apprezzate, abbia spiegato ai dirigenti del partito che Fratelli d’Italia “è come il Movimento 5 stelle del 2018”, la creatura politica  di Grillo che nelle urne venne spinta da una specie di forza inerziale, all’ultimo istante, che era finita col determinare un risultato elettorale   ben più alto di quello registrato dai sondaggi. E allora ecco il calcolo, basato appunto  su flussi e proiezioni previsionali: FdI intorno al  30, Salvini tra il 9 e il 10, Berlusconi tra il 5 e il 6. Possibile? I più ottimisti, nel partito di Giorgia Meloni, ci credono. Negli ultimi due anni Forza Italia e Lega sono finite col far travasare tra i 15 e i 16 punti percentuali nel bicchiere di Fratelli d’Italia. E i vasi restano comunicanti.  

 

Dunque il risultato non è irrealistico, e  comunque la leader pensa che alla fine un qualcosa di  non dissimile sia alla sua portata. Con conseguenze rilevanti, forse inevitabili, all’indomani delle elezioni: il compulsivo Salvini così debole da poter essere finalmente detronizzato dai governatori leghisti  e Forza Italia sostanzialmente scalabile in Parlamento. Resterebbe a quel punto, e non è poco, la responsabilità di governare il paese in un momento complicato. E senza appoggi né crediti in Europa. Ma l’opera, gigantesca, appare meno spaventosa con la prospettiva di  una maggioranza solida. Senza doversi guardare le spalle da alleati che persino in queste ore, in Sicilia, dopo aver spinto Nello Musumeci (FdI) a non ricandidarsi, rimescolano a piene mani per costruire contrappesi regionali al prossimo potere nazionale di Meloni. Così, ciò che prima la inquietava portandola a ragionamenti tesi come fil di ferro, qua e là forse un po’ troppo intrisi di nicotina e di tensione nervosa, adesso le strappa talvolta un sorriso.

 

Dal primo di settembre Meloni sarà in campagna elettorale con la sua “operazione verità”: raccontare agli italiani lo stato dei conti pubblici. Una tappa al giorno. Poi trascinerà Salvini e Berlusconi in una chiusura a Roma. C’era stato un tempo  in cui aveva sognato di correre da sola, adesso sa che questa potrebbe essere l’ultima foto con i due alleati.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.