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Salvini rincorre voti. Parte il tour elettorale
La campagna del segretario del Carroccio inizia nel Veneto deluso per la caduta del governo Draghi, mentre Zaia arriva a Cervia. Prossime tappe Bari e Lampedusa
Non è Goethe e nemmeno Piovene, eppure anche Matteo Salvini è costretto a un Viaggio in Italia. Alla ricerca o riscoperta dei voti perduti. Tanti. Troppi. Sicché ieri mattina ha lasciato in fretta e furia Cervia, chiudendosi gli occhi quando passava davanti a Milano Marittima e al Papeete, per battere il Veneto. Porto Tolle, Chioggia, Padova, Venezia. Consorzi di pescatori, operatori ortofrutticoli, imprenditori della logistica portuale. Salvini, che continua a prenotare per sé il Viminale e opziona per la Lega il ministero dell’Agricoltura, ha un problema nella terra del doge Zaia. Teme che il tessuto economico del Veneto non gli perdoni la fine prematura del governo guidato da Mario Draghi. “Il presidente del Consiglio”, come lo chiama il leader della Lega, senza nominarlo più. E quindi il fu Veneto felix rischia di diventare un dolore intercostale per il capo del Carroccio.
D’altronde, proprio il presidente dei confindustriali locali, Enrico Carraro, subito dopo le dimissioni del premier se l’è presa, in pubblico e in privato, con gli “irresponsabili del centrodestra”, gridando al “tradimento”. Anche per questo Salvini ha messo il pieno nella sua auto ed è partito per le terre del prosecco. Con una simpatica coincidenza: lui stava nel nord-est, mentre il governatore Luca Zaia scendeva qui a Cervia alla festa della Lega. I casi della vita, eh.
Il movimento perenne del segretario del Carroccio è direttamente inverso alla “modalità semaforo” di Giorgia Meloni, la capa di Fratelli d’Italia che si metterà a girare l’Italia solo a partire dal primo settembre. E così da Venezia Salvini si precipiterà a Bari, per poi fare una puntata in Basilicata e rotolare ancora verso sud, giovedì e venerdì, in direzione Lampedusa, luogo di iconica propaganda che mai visitò ai tempi del Viminale. I leghisti sono convinti che a colpi di selfie e comizi, di no agli sbarchi e sì a quota 41, potranno risalire la china. Sognano la remuntada su Fratelli d’Italia. Però intanto, i parlamentari uscenti si danno di gomito per capire se saranno ricandidati e soprattutto in quale posizione (oggi sono 190, ne rientrerà la metà).
In Veneto, per esempio, le proposte sono in mano alla triade Ostellari-Stefani-Bitonci. Con la supervisione di Zaia. “Ma la coperta è corta”, spiega l’europarlamentare Gianantonio Da Re, che ieri aveva di meglio da fare che incontrare il segretario. In Emilia-Romagna circolano sondaggi che danno la Lega intorno al 10 per cento con Meloni a più del doppio (con perfida ironia della sorte ieri due consiglieri comunali salviniani di Cervia hanno annunciato l’addio al partito per spostarsi verso il “lido Giorgia”). In Toscana addirittura è scattato l’invito a “presentare i curricula” per militanti interessati alla candidatura. Una roba da vecchio M5s.
In Lombardia, Letizia Moratti non vuole farsi passare dalla testa la voglia di Pirellone, ed è un guaio per Attilio Fontana. Vertenze territoriali e crisi di consensi. Per tutti questi motivi c’è bisogno dell’ostensione del corpo di Salvini, pronto a rituffarsi fra la gente, dopo il purgatorio del Papeete e due anni di pandemia. Su e giù, un lungo viaggio in Italia, con il sud che rischia di essere un dispiacere, a cascata, anche per la coalizione. Al di là del “buon clima” che dicono si respiri al tavolo del programma. Adesso qui a Cervia è arrivato Zaia. Sorride. Oggi toccherà all’altro governatore Massimiliano Fedriga, per molti il futuro che è già nella Lega prima che accada.
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