Foto LaPresse

editoriali

Sull'immigrazione la Lega va contro gli interessi del nord

Redazione

Salvini al governo chiedeva il decreto flussi. Ora invece lo vuole affossare nonostante il ministro Garavaglia avesse sottolineato che l’unico modo per soddisfare la domanda di lavoro nel turismo è facilitare le procedure per l’ottenimento del visto degli stranieri

Il decreto semplificazioni è passato col voto contrario delle forze di centrodestra sulle norme che facilitano le procedure per l’ottenimento del visto di chi vorrebbe entrare in Italia per lavorare, pur avendo precedenti per immigrazione clandestina. Dietro questo voto ci sono due dati: uno di merito e uno politico.

 

Sul piano del merito, la contrarietà del centrodestra – e in particolare della Lega e di Forza Italia, che fino a pochi giorni fa erano in maggioranza e avevano accettato le misure – è incomprensibile. Era stato il ministro del turismo, il leghista Massimo Garavaglia, a porre il problema poche settimane fa: “Nel settore turistico mancano tra i 250 e i 350 mila addetti” e l’unico modo per soddisfare la domanda di lavoro è “un decreto flussi per avere personale disponibile”. Tant’è che, alla fine dell’anno scorso, il governo aveva varato il decreto flussi 2021, col sostegno del Carroccio e di FI, per allargare le maglie degli ingressi. Il prezzo della bandierina anti-immigrazione può essere molto salato, in un paese come l’Italia con una natalità al lumicino e una popolazione residente stagnante se non in declino.

 

Il che conduce al punto politico: è comprensibile che il centrodestra voglia tornare a soffiare sul fuoco degli sbarchi durante la campagna elettorale. Ma è anche controproducente per il paese, perché gli stessi che oggi saltano sui banchi al grido di fermare l’invasione, dopo il 25 settembre dovranno porsi il problema di come rispondere alle esigenze dei settori produttivi. Una domanda che dovrebbero farsi  seriamente soprattutto quelli che sperano di intercettare il voto del nord operoso. E la stessa riflessione dovrebbero farla in relazione alla condotta da tenere in Parlamento: giocando a fare l’ostruzionismo si rischia di bloccare provvedimenti su cui il governo dimissionario non può mettere la fiducia, e che sono stati raccontati (anche da Salvini e Berlusconi) come necessari al paese. Non c’è peggior populismo di quello di chi, per urlare in piazza, si rifiuta di fare cose giuste in aula, sperando che gli elettori non se ne accorgano.

Di più su questi argomenti: