Palazzo Chigi

Draghi remain. Ecco il vasto mondo che gli chiede di restare, ma il premier: "Lo escludo"

Carmelo Caruso

La preoccupazione all'estero, e in Italia. Si parla di "fuga di capitali" e di Casini traghettatore. Il Colle infastidito dalla posizione del M5s. Il presidente del Consiglio si sente "osservatore neutrale"

Questo è l’elenco: cancellerie, consiglieri per la sicurezza nazionale, commissari europei, banche centrali, quotidiani stranieri, gerarchie ecclesiastiche, finanza, capitani d’industria, sindacati, multinazionali. Chiedono a Mario Draghi di ritirare le dimissioni e restare presidente del Consiglio. C’è un’altra chiave di lettura: esprimendo fiducia nella sua figura si vuole comunicare che non sarà riposta in una classe dirigente che ha provocato la caduta del suo governo. Si teme la fuga degli investimenti. Un esempio: l’addio traumatico, e ingiustificato, a Trieste, del gruppo finlandese Wärtsiliä si ritiene una spia. Racconta un uomo dell’esecutivo: “Può scatenarsi qualcosa a cui non voglio pensare”. Mentre si scrive Draghi si trova a Roma, potrebbe lasciarla per fare ritorno a Città della Pieve. Viene raccontato come un “osservatore neutrale” perché “la sua decisione l’ha presa” e si ripete in “pieno accordo con il Quirinale”. Sono ancora dimissioni.


 
Dicono che Draghi non abbia cambiato idea e che gli eventi di queste ore stanno ulteriormente dimostrando che le elezioni sono l’ uscita inevitabile: “La ferita politica provocata è stata grande. Non ci sono i margini dopo l’atto del M5s”. Ripete la stessa risposta che ha dato durante una conferenza quando parlava del suo futuro in politica: “Lo escludo. Chiaro?”. In questo momento la sola urgenza dello staff del premier è preparare la trasferta “energetica” ad Algeri. Potrebbe essere l’ultimo accordo internazionale ratificato dal premier.

 

Al Colle si osserva, e con delusione, al quadro frantumato e alla “copertura” che Giuseppe Conte ha ricevuto da parte di Beppe Grillo. Sia Draghi sia Mattarella si attendevano una maggiore sensibilità da parte di quella che è stata la prima forza di governo. Quel Movimento viene adesso classificato come una forza incosciente. I titoli della stampa estera che vengono affastellati sui tavoli di Palazzo Chigi sono tutti uguali.

 

Die Welt: “La crisi di governo più assurda in Italia”. Il Washington Post è feroce: “In un momento di inflazione, siccità da record e guerra in Europa, il governo sta facendo crac su un inceneritore di rifiuti”. Il Nyt parla dell’uscita di Draghi come “una potenziale calamità per l’Europa”.

 

Non sono confermate, ma non sono neppure smentite. Sono le telefonate che Draghi starebbe ricevendo da Emmanuel Macron, Ursula Von der Leyen, Olaf Sholz. Il vice di Zelensky, Kuleba, ha ringraziato Draghi perché è stato “leader europeo contro la Russia”. Il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha dichiarato, in chiaro, che “il presidente Biden ha grande rispetto e considerazione per Draghi e sta seguendo con attenzione tutti gli sviluppi politici”.

 

In Italia, Cgil, Cei, tutte le associazioni industriali, i governatori chiedono a Draghi di rivedere la sua decisione. Draghi che conosce ormai l’ambiguità di molti protagonisti della politica attuale, prima del voto sul dl Aiuti, quando hanno cominciato a girare i nomi di possibili sostituti, si dice che abbia sorriso e che il senso sia stato: “Già stanno cercando il sostituto e poi dicono Draghi deve restare”. Ieri era il turno di Pier Ferdinando Casini come “traghettatore”. La Lega insieme a Forza Italia potrebbe accettare un governo con il Pd ma chiede che il M5s venga messo fuori. Finirebbe all’opposizione con Giorgia Meloni. Il M5s diventerebbe il “Plebe party” e si spaccherebbe l’alleanza con Pd. Ne soffrirebbe anche FdI che pure Draghi ha lodato per “il senso di responsabilità” degli scorsi mesi. Il riferimento è al passaggio delicato sul voto al dl Ucraina. Il Pd che vuole in tutti i modi sequestrare “il corpo legale” di Draghi punta su un’operazione più sottile. Quale M5s è uscito? Qual è l’originale? Se Luigi Di Maio dovesse ancora svuotare quel contenitore che è il M5s si potrebbe rovesciare la storia e dire che è uscito “solo” Giuseppe Conte.

 

Molti pensano che la parola dimissioni non accompagnata da “irrevocabili” sia ancora una porta aperta. Spiegano i professori di prassi parlamentare che Draghi, martedì, comunicherà e che il voto sulle comunicazioni “ci sarebbe” ma Draghi potrebbe, dopo il dibattito che seguirà, dire che non serve il voto. Il Quirinale resta scettico sulla ricomposizione. Si ragiona sul percorso che porterebbe alle elezioni anticipate con Draghi a svolgere gli affari correnti.

 

Giancarlo Giorgetti, il ministro dello Sviluppo economico, e alla metafora, pensa che “le squadre sono stanche per segnare la rete dei supplementari”. Si stanno cercando le elezioni che si dice di non volere e che, secondo Draghi, sono “la forma più nobile” se solo la politica fosse ancora nobile. In un suo vecchio discorso, per commemorare Ugo La Malfa, Draghi ragionava già sul rischio del “non governo”, una “definizione di La Malfa fulminante per sottolineare l’incapacità di affrontare i problemi, di dare continuità alla modernizzazione del paese”. Aggiungeva che al “non governo va contrapposto “il coraggio che La Malfa sempre dimostrò, insieme a una visione direi profondamente pessimista, ma mai sfiduciata”. Il maestro di Draghi, l’economista Federico Caffè l’ha poi chiamata la “solitudine del riformista”. Se esiste ancora una possibilità che Draghi ci ripensi è che Draghi rilegga Draghi.   

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio