L'intervista

Nel Lazio il Pd fa bum. Il vice Foschi contro il segretario Astorre

Gianluca De Rosa

Sul candidato alla successione di Zingaretti si consuma la faida tra AreaDem e le altre anime del partito. Il vicesegretario della federazione laziale chiede che le candidature a "eventuali primarie" vengano ritirate. Ce l'ha con Daniele Leodori

Il Pd del Lazio implode sulle elezioni regionali. Sul nome del candidato che dovrà tentare di succedere a Nicola Zingaretti. Il segretario Bruno Astorre è in minoranza. Ecco cosa dice al Foglio il suo vice Enzo Foschi: “Da parte di Astorre c’è stata una chiusura incomprensibile su qualsiasi mediazione”. Se non è una sfiducia formale, poco ci manca. “A me – prosegue Foschi – sembra allucinante che si sia esautorata la coalizione dalla scelta dello strumento più adatto con cui scegliere il candidato o la candidata”. Nella direzione che si è svolta al Nazareno lunedì pomeriggio la questione che ribolliva sotterranea da settimane è esplosa. Tutte le anime del partito sono intervenute per criticare la fuga in avanti di AreaDem. La corrente di Dario Franceschini – che in Lazio è rappresentata dal segretario regionale Bruno Astorre – ha annunciato la candidatura del vicepresidente della Regione Daniele Leodori a delle primarie che però non erano ancora state né annunciate, né previste. “E’ stato un passo in avanti sbagliato “, sintetizza Foschi. Mezzo partito – zingarettiani e manciniani in testa – ha chiesto un passo indietro a Leodori, e ad Astorre di intervenire. La questione è questa: nella precedente direzione regionale era stato approvato un ordine del giorno che prevedeva l’istituzione di un tavolo di coalizione con tutti gli alleati oggi in consiglio regionale – dal M5s ad Azione, da Italia viva alla sinistra –. L’obiettivo? Stilare insieme i dieci punti programmatici, ma, soprattutto, stabilire il metodo per la scelta del candidato, non escludendo, né avallando l’ipotesi primarie. Le candidature a queste “eventuali primarie” sono fioccate lo stesso. Prima l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, poi proprio Leodori.  “Evidentemente si sono dimenticati di quell’ordine del giorno, ma così rischiamo di perdere”, chiosa sarcastico Foschi. E la reazione, in effetti, c’è stata subito. Valentina Grippo, consigliera regionale di Azione, ha smesso di partecipare ai tavoli della coalizione. Calenda non è disponibile alle primarie. Non è un fatto irrilevante, perché per vincere in Lazio servirà una coalizione larghissima. E Calenda a Roma, meno di un anno fa, ha preso il 20 per cento.

 

“Io – dice Foschi – avevo fatto un appello pubblico ai membri della direzione per stoppare le candidature, ma non sono stato ascoltato. Se le persone si autocandidano quando non c’è ancora la carta di intenti della coalizione è normale che gli alleati s’innervosiscono. Il rischio è che le primarie vengano viste dai nostri alleati, ma anche dalla gente, come una conta congressuale senza congresso, faremo male al Pd e metteremmo una pietra tombale su una possibile vittoria”.

 

Su questo punto in direzione hanno battuto tutti gli uomini più influenti del Pd romano – da Claudio Mancini a Massimiliano Valeriani, passando per Mario Ciarla –. Vorrebbero una convergenza su un terzo profilo: l’ex presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra. Sarà comunque Astorre a dover gestire il dossier perché, lo ha detto Enrico Letta, le segreterie in scadenza in prossimità delle elezioni (è il caso del Lazio) saranno prorogate senza congressi per dare un segnale di unità. “Senza mediazione finiamo per offrire quell’immagine del Pd che Letta non vuole”, dice Foschi, che però non vede una soluzione immediata. “Nelle sue conclusione Bruno ha parlato come se non ci fosse stato il dibattito, non va bene”. E’ evidente che alla fine mediare toccherà proprio a Letta. Foschi lo dice senza troppi giri di parole: “Il partito nazionale non può disinteressarsene perché il Lazio non è una regione come le altre, la governiamo  da 10 anni e poi…” E poi? “Tutte le candidature che sono arrivate si presentano in continuità con l’amministrazione Zingaretti, proprio per questo arrivare con due o tre candidati del Pd alle primarie rischia di farle passare come un congresso mascherato”.