(Ansa)

Ad Ankara

Fare la pace col dittatore. La difficile relazione tra Draghi e Erdogan che oggi si incontrano in Turchia

Ruggiero Montenegro

Dopo mesi di relazioni diplomatiche tese e qualche segnale di distensione, si tiene oggi il vertice bilaterale tra Italia e Turchia, il primo da 10 anni. Sul tavolo la guerra in Ucraina, la crisi alimentare e l'approvigionamento energetico. Verranno siglati accordi in materia di Difesa e commercio

Mario Draghi, in fondo, era stato chiaro: con i dittatori, “chiamiamoli per quello che sono - aveva detto senza usare mezzi termini - bisogna cooperare", in nome dell'interesse nazionale. Fu l'inizio di una relazione complicata tra il premier e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Oggi l'obiettivo è quello di rilanciare la cooperazione tra Italia e Turchia, a partire dal conflitto ucraino e dalla crisi alimentare, fino all'emergenza energetica e ai migranti.

Per questo il premier vola ad Ankara, a capo di una delegazione di cui fanno parte anche i ministri Di Maio, Guerini, Giorgetti e Cingolani. Incontrerà questo pomeriggio “il dittatore” turco, mentre parallelamente andranno in scena le bilaterali tra i responsabili dei ministeri. Verranno formalizzati alcuni protocolli d'intesa in materia di Affari esteri e Difesa,  di sostegno alle micro, piccole e medie imprese e di sviluppo sostenibile. 

È il terzo vertice tra il governo turco e quello italiano, il primo negli ultimi dieci anni – l'ultimo si era tenuto infatti nel maggio 2012. Ma questa volta l'incontro ha un senso particolare, con il governo turco che sta provando a giocare un ruolo forte nella mediazione del conflitto tra Russia e Ucraina. E c'è di più, perché questa visita arriva dopo oltre un anno di rapporti non proprio idialliaci tra i due paesi, di strappi e ricuciture, nel segno della diplomazia e della realpolitik.
 

 

È il 9 aprile 2021 quando il rapporto tra Draghi ed Erdogan tocca i minimi storici. Gli effetti del “sofagate”: Ursula von der Leyen va in Turchia, ma alla presidente della Commissione europea viene negata una sedia accanto al presidente turco e al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Interpellato sull'”incidente”, Draghi va dritto al punto: "Mi è dispiaciuto moltissimo per questa umiliazione. Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare”. Parole a cui seguirà la dura reazione turca, con la convocazione da parte del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, dell'ambasciatore italiano a Istanbul.
 

Draghi ed Erdogan al G20 di Roma (Ansa)

 

Da allora le diplomazie, e non solo quella italiana, si sono messe all'opera per cercare di ridurre lo strappo. E d'altra parte la Turchia resta un membro Nato, ha legami particolari con l'Unione europea e siede al tavolo del G20. Ed è proprio al summit organizzato a Roma ad ottobre che il premier e il presidente turco iniziano il riavvicinamento. Una stretta di mano in apertura del vertice e poi un incontro tra i due leader: “Uno scambio costruttivo”, come lo aveva definito la nota di Palazzo Chigi, “sul partenariato bilaterale e le opportunità di suo ulteriore rafforzamento”.

 

Il summit Nato di Bruxelles (Ansa)

 

Segni di distensione che troveranno maggiore consistenza qualche mese dopo, a Bruxelles, anche grazie alla mediazione del presidente francese Emmanuel Macron. Questa volta l'occasione è il vertice Nato del 24-25 marzo, la Russia ha invaso ormai da un mese l'Ucraina: sono giorni in cui l'agenda internazionale rappresenta la massima prioritaria e la crisi energetica sta entrando nel vivo. Al centro dei colloqui la crisi Ucraina, appunto, ma anche la situazione nel Mediterraneo. “Con particolare attenzione alla Libia”, dicono da Palazzo Chigi, paese che nel frattempo ha assunto un ruolo nuovamente centrale per il gas e il petrolio, oltre che per la questione migratoria, e dove Ankara esercita una certa influenza.

Un mese più tardi la situazione energetica precipita, mentre l'Europa cerca di affrancarsi dalla dipendenza russa. Un'esigenza che porta il governo italiano a guardare in Africa e in medio oriente. E poi alla stessa Turchia: questa volta il suggerimento arriva dal Parlamento, dal Copasir, che nella relazione del 27 aprile afferma come il paese di Erdgonan, "in una prospettiva temporale non distante, può divenire un grande hub per il gas nel bacino del Mediterraneo, accrescendo la propria influenza come alternativa al gas russo per molti Paesi europei”. Il riferimento del comitato parlamentare è al gas del giacimento di Shah Deniz in Azerbaigian e alle riserve del Leviatano al largo delle acque di Israele, che per arrivare in Italia dovrebbero transitare per le tubature turche.

 

Passaggi strategici, e forse inevitabili, che in qualche misura hanno imposto nuove considerazioni nelle relazioni con la Turchia, che ha inoltre un ruolo imprescindibile nell'adesione di Svezia e Finlandia alla Nato, possibile soltanto con il lasciapassare di tutti paesi dell'allenza. A partire da quello di Erdogan, appunto, che per mettere da parte il proprio potere di veto ha avanzato precise richieste.

Anche per questo, probabilmente, pochi giorni fa Draghi ha dovuto glissare di fronte a chi gli chiedeva se l'ingresso dei paesi scandinavi nella Nato valesse la consegna dei curdi alla Turchia. “È bene che questa domanda la facciate a Svezia e Finlanda”, è stata la fredda risposta del premier che ha preferito dribblare le polemiche. Forse per non pregiudicare il vertice di questo pomeriggio e la cerimonia che siglerà ufficialmente i nuovi accordi. Del resto, è chiaro che in questa fase fare a meno della cooperazione turca avrebbe un costo molto alto, in particolare sul tema energia. E non è detto che l'Italia possa, o voglia, permetterselo. 

Subito dopo Draghi ed Erdogan rilasceranno dichiarazioni congiunte alla stampa internazionale - anche questo un segnale - prima della cena di lavoro al palazzo presidenziale  di Ankara che chiuderà la missione, inaugurando chissà una nuova fase della contraddittoria, ma per certi versi necessaria, relazione tra Italia e Turchia.

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