l'intervista

Petrocelli: “Sto con Salvini, il viaggio a Mosca era giusto. Razov? Ha tante qualità”

Simone Canettieri

Parla l'ex presidente della commissione Esteri ed ex M5s rimosso per le sue posizioni filo russe. "Gli impegni futuri? Nel campo delle relazioni internazionali"

“Matteo Salvini ha fatto bene a incontrare Razov. E ha fatto bene a provare a organizzare un viaggio a Mosca”. Petrocelli è solidale con il leader della Lega: lo possiamo dire? “Sì, diciamolo. E aggiungiamo altro, però”. Tipo? “Sono indignato. Mi hanno messo nelle liste di proscrizione. Merito del pensiero unico, del grande mainstream che ci governa”. Vito Rosario Petrocelli, 58 anni, geologo, detto Petrov per via di un certo amore incondizionato per la Russia, Putin e il putinismo, si trova in auto con la moglie in Basilicata. “Ma tornerò a Roma il 21 giugno per Draghi: vedremo se Conte e Salvini faranno solo propaganda o se al momento del voto saranno consequenziali a quanto stanno dicendo da settimane sulla guerra in Ucraina. Comunque sarà divertente”. La sua posizione, Petrocelli è nota: le è costata anche l’espulsione dal M5s dopo la bella trovata di inneggiare alla Z russa il giorno del 25 Aprile. “Lo rifarei”. E’ un provocatore. “Sono stato messo alla gogna”.

 

Si sente un perseguitato politico?

“Voglio ricordare che il compito del Copasir è sorvegliare l’attività dei servizi, non quella dei parlamentari”.

 

Si sentiva seguito dai servizi?

“Spero di no, ma chissà”.

 

A proposito pare che lei debba un sacco di soldi al M5s perché da tempo non restituiva più parte del suo stipendio al partito.

“Non voglio più avere nulla a che fare con il M5s da quando sono stato espulso dal gruppo parlamentare. Non li voglio sentire nominare”.

 

Salvini come si stata comportando invece?

“Si è mosso come è giusto che si muova un senatore, un componente della commissione Esteri e, soprattutto, un leader politico”.

 

Il capo della Lega ha incontrato più volte Razov, non proprio un amico dell’Italia, e in gran segreto.

“L’ambasciatore russo in Italia è un diplomatico di grandi qualità, altrimenti non starebbe da tutti questi anni a Roma. E’ una persona molto qualificata”.

 

Lei lo conosce?

“Sì”.

 

Razov è stato convocato dalla Farnesina dopo aver fatto delle affermazioni molto forti sulla moralità dei politici e della stampa italiana.

“Trovo le critiche nei confronti dell’ambasciatore ingenerose e, a tratti, scandalose”.

 

Petrocelli, un passato in Autonomia Operaia e poi con i maoisti dei Carc, si sente un politico puro, modello rossobruno.

“Sto con Salvini per gli attacchi che ha ricevuto, ma il leader della Lega ha commesso comunque un piccolo errore”.

 

Piccolo?

“Sì, doveva condividere l’iniziativa con il governo e muoversi di conseguenza. Quando ero presidente della commissione Affari esteri del Senato proposi una serie di missioni, che poi vennero bloccate dalla presidente Elisabetta Casellati perché, sosteneva, che avrebbero danneggiato il governo”.

 

A quali si riferisce?

“A tre in particolare. Volevo portare la commissione in Venezuela, Bielorussia e in Iran”.

 

Culle della democrazia.

“Saremmo andati come osservatori durante le elezioni. Poi avevo un altro progetto, simile all’idea di Salvini”.

 

Ci svela il piano Petrocelli per la pace in Ucraina?

“Non faccia lo spiritoso: a marzo stavo organizzando una seduta congiunta delle commissioni estere dei parlamenti italini, russi, ucraini e turchi”.

 

Poi?

“Sono stato fatto fuori”.

 

Le manca la commissione Esteri?

“Continuo a essere informato”.

 

Quale futuro politico per Petrov? Si ricandiderà?

“Di sicuro, non tornerò a fare il geologo, da nove anni non mi aggiorno più”.

 

E quindi?

“Voglio rimanere nel campo delle relazioni internazionali”.

 

Consulente del Cremlino?

“Ho detto che mi piacerebbe continuare a occuparmi dei miei interessi e delle materie in cui sono preparato”.

 

Lo confessi: ha avuto contatti o proposte?

“Finché sarò un parlamentare della Repubblica, non sarò  in vendita”.

 

Poi?

“Mi guarderò in giro. Non vedo l’ora di tornare a Roma per Draghi”.
   

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.