Il caso

Salvini imbarazza il Cav. e ricompatta Forza Italia: niente lista unica alle elezioni

Simone Canettieri

Lo scivolone moscovita del leader della Lega fa balzare di gioia i tre ministri azzurri. Ma costringe anche Berlusconi a prendere le distanze dal capo del Carroccio. Barelli: "Nessun progetto unitario"

Chi si frega le mani rimane in silenzio. Sono i tre ministri di Forza Italia. Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini  che sulla linea atlantista, a vario titolo, non hanno avuto paura nemmeno di scontrarsi contro il Cav. Figurarsi ora cosa possano pensare davanti al pasticcio moscovita di Matteo Salvini. E dunque la compagine azzurra del governo assiste alle contorsioni del leader della Lega abbastanza soddisfatta. “E’ un anno che lo diciamo”. Cosa? Che i valori di Forza Italia sono altro rispetto a quelli del capo del Carroccio, e che insomma l’idea di un futuro insieme rischia di essere una mossa azzardata di pura somma aritmetica, ma non politica.

“Non ci sarà alcuna lista unitaria alle prossime elezioni, al massimo una federazione di centrodestra con dentro anche Giorgia Meloni e altri partiti, ognuno con i propri spazi”, dice al Foglio, da Rotterdam, Paolo Barelli, capogruppo di FI alla Camera. I colonnelli del partito di Berlusconi si trovano tutti in Olanda, ma senza Berlusconi. Il Cav. – per colpa della festa notturna per la promozione del Monza in serie A e per presunti problemi all’aereo – alla fine non ha partecipato al congresso del Ppe (che ha incoronato Manfred Weber presidente e Antonio Tajani vice). L’ultima uscita di Salvini sembra aver lasciato il segno. Perfino i termometri di Arcore, consultati dal Foglio, segnalano “imbarazzo” intorno al leghista.  

Proprio il Cav. che al suo quasi matrimonio aveva indicato Salvini come futuro leader del centrodestra ora sembra ritrarsi. E’   di  nuovo centrale. Nel calcio, come nella politica. Si parla di lui. E soprattutto l’altro, Salvini, sembra non azzeccarne una con rilevazioni non proprio da capogiro. Sicché il partito che non vuole morire salviniano in questi ultimi giorni non fa altro che indicare le gaffe del Capitano. E anche dalle parti di Berlusconi, dopo la faccenda del viaggio a Mosca, scuotono la testa. “Allora si sarebbe potuto offrire Silvio di mediare e negoziare, ma non l’ha fatto perché esiste una grammatica”, è il ragionamento del giro stretto berlusconiano, che in Licia Ronzulli ha uno dei vertici. L’altro giorno anche Tajani, numero due di Forza Italia, non se l’è tenuta e ha detto che insomma quando c’è la guerra in mezzo occorre che certe azioni siano concordate con il governo.

Niente esperimenti, né fughe in avanti con  apprendisti stregoni. E allora ecco ancora Barelli da Rotterdam: “Andrei a Mosca, ma anche a Kyiv pur di raggiungere un risultato concreto per la pace, ma faccio altro nella vita. Salvini?  Io sono una persona abbastanza semplice ed elementare e mi occupo di provare a gestire le dinamiche parlamentari del gruppo”.  Il riflesso dell’ultima salvineide spinge il gruppo dirigente, a partire da Berlusconi, ad aggrapparsi con forza al Partito popolare europeo. 

Nel videomessaggio che il Cav. invia da casa c’è da segnalare questo passaggio, quanto di più lontano dalla zigzagante rotta del   capo della Lega: “Sull’unità politica e militare dell’Europa c’è un errore di prospettiva dei sovranisti”. E poi rispetto alla guerra, torna la voce chiara di Berlusconi sull’Ucraina “aggredita” e sulla difficoltà che riscontrò nel tentativo di far dialogare  i paesi Nato con la Russia. Sembra dunque che Salvini sia un balsamo per Forza Italia: la ricompatta scacciando presagi futuri. Almeno per un po’. “Il mio partito sulla guerra parla con atti ufficiali, approvati dal parlamento italiano ed europeo”, ribadisce Carfagna a proposito dell’invio di armi all’Ucraina. Per una FI che si ricompatta c’è sempre un Salvini che va avanti indomito. E in una diretta di 42 minuti sui social ribadisce che incontrerebbe l’ambasciatore russo Razov “anche venti volte”, che il suo partito “è compatto”, che il mitico Antonio Capuano “era un avvocato che ha dato una mano più che altro sulle relazioni con il medio oriente”. Insomma il leader della Lega non molla: “Non andrò a Mosca, ma lavorerò al telefono, se aspettiamo Di Maio la pace arriva a Natale”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.