L'editoriale

Orwell e lo specchio riflesso degli utili idioti del putinismo

Deputinizzare l'Ucraina è una battaglia cruciale. Ma deputinizzare l'occidente non è una battaglia meno importante

Claudio Cerasa

Leggere “1984” a Mosca e sorbirsi la falsa interpretazione del Cremlino. Che aiuta però a capire come molti populisti amati da Meloni e Salvini abbiano trasformato l’Europa in un incubatore di illiberalismo per giustificare il proprio estremismo sovranista

La portavoce del ministro degli Esteri russo, la ormai celebre Maria Zakharova, qualche giorno fa ha scelto di intervenire in maniera diretta e inusuale su un tema apparentemente scollegato dal destino della guerra in Ucraina. La polemica riguarda un libro famoso, “1984”, scritto da un autore altrettanto famoso, George Orwell, la cui lettura, nelle ultime settimane, è stata proibita in uno stato satellite della Russia, la orwelliana Bielorussia, e la cui lettura oggi preoccupa la Russia, dove le vendite del più famoso tra i libri di Orwell – un romanzo che secondo molti studiosi di Orwell era ispirato agli orrori della Germania nazista e della Russia stalinista – hanno raggiunto un livello così considerevole da aver costretto il governo a prendere posizione sul tema. Problema: i russi stanno comprando un mare di copie di “1984” in quanto spinti dal desiderio di capire meglio gli ingranaggi di uno stato totalitario attraverso la lettura di un libro che ha illuminato le paranoie totalizzanti di uno stato illiberale?

 

Risposta del governo russo: questa visione del mondo è frutto ancora una volta della propaganda occidentale, incapace di rendersi conto di una verità evidente, ovverosia che “1984” di Orwell è un libro che denuncia l’illiberalismo delle così dette società liberali e se una spiegazione deve esserci al boom di acquisti la si può facilmente ritrovare nel desiderio dei russi di capire da vicino chi l’esercito russo sta magnificamente combattendo e di capire da vicino cosa nasconde quell’occidente osceno che trasforma i suoi cittadini in persone che possono essere cancellate da un momento all’altro dalla censura di massa.

 

Non è la prima volta che la Russia cerca di dimostrare che i veri nemici della libertà sono i teorici custodi della libertà, ovvero le società aperte, e molti di voi ricorderanno quando Putin nel 2019 rilasciò una famosa intervista al Financial Times che fece impazzire di gioia i suoi cavalli di Troia europei: il liberalismo è morto, diceva Putin, e i veri difensori della libertà sono coloro che combattono istituzioni oscene e illiberali, come l’Europa, che ogni giorno cercano di togliere un po’ di libertà ai cittadini indifesi.

 

Lo schema logico usato dalla Zakharova può sembrare fuori dal mondo ma se lo si osserva attentamente illumina con chiarezza uno strumento di propaganda, tipico del populismo sovranista. Uno strumento che grosso modo di solito funziona in modo simile a come funzionava nella nostra infanzia la strategia dello specchio riflesso: tu mi accusi di qualcosa e io uso il mio specchio riflesso per proiettare su di te le accuse che tu rivolgi a me. La guerra della Russia in Ucraina, da questo punto di vista, è una lezione formidabile sulle dinamiche dello specchio riflesso della propaganda populista. La Russia, mettendo in atto una strategia militare la cui violenza ricorda quella messa in atto dai nazisti nella prima metà del secolo scorso, aggredisce l’Ucraina, paese guidato da un ebreo, paese vicino a Israele, paese che ha dato i natali a sette fra premier e presidenti israeliani, accusando quel paese di essere un covo di nazisti, di terroristi, di estremisti, e dunque ribaltando sull’Ucraina le stesse accuse mosse dalla comunità internazionale contro la Russia. Lo schema può sembrare unico e irripetibile ma in verità è uno schema tipico del nazionalismo, specializzato a trasformare il proprio estremismo in un mezzo necessario a combattere un estremismo considerato ancora più pericoloso. Succede così che Viktor Orbán, uno degli utili idioti del putinismo in Europa, accusi l’Europa di essere la vera erede dell’Unione Sovietica.

 

Succede così che gli estremisti no vax, li ricordate? tendano a giustificare il proprio estremismo come un mezzo necessario per combattere un estremismo ancora più pericoloso che è ovviamente quello della dittatura sanitaria. Succede così che Boris Johnson giustifichi la sua meravigliosa vicinanza al popolo ucraino con ragioni meno nobili rispetto a quelle legate alla difesa dell’atlantismo, ragioni come quelle offerte alcune settimane fa da BoJo, quando il premier inglese, sciaguratamente, ha detto che la resistenza del popolo ucraino contro la Russia ricorda quella del popolo inglese contro l’Europa via Brexit. Succede così che in giro per l’Europa molti populisti amati da Meloni e Salvini tendano a trasformare quando ne hanno l’occasione l’Europa in un incubatore di illiberalismo (l’Europa vuole decidere per noi, l’Europa vuole mettere le mani nelle nostre tasche, l’Europa vuole farci mangiare moscerini, l’Europa vuole trasformare i nostri paesi in campi profughi, l’Europa vuole toglierci sicurezza, l’Europa mettere a rischio i nostri commercianti).

 

Un incubatore di illiberalismo tale da rendere ogni cedimento al populismo, al proprio populismo, a quello dei sovranisti, necessario per combattere con ogni mezzo possibile un male peggiore rispetto a quello populista. L’Europa, in questa narrazione, proprio come fa la portavoce del ministro degli Esteri russo con Orwell, diventa così tirannica, dispotica, aggressiva, desiderosa di togliere libertà ai paesi membri attraverso quotidiane e inaccettabili limitazioni di sovranità destinate a imprigionare i paesi sovrani dentro gabbie fatte di vincoli. In questi anni, i teorici della strategia dello specchio riflesso populista non a caso si sono ritrovati a combattere battaglie in comune con i nemici delle democrazie liberali e non a caso oggi alcuni di essi stanno sfruttando la guerra lunga in Ucraina per provare a recuperare un pizzico della vecchia retorica facendo leva sul vero collante delle forze anti sistema: il complottismo. Il complottismo, oggi, vive nella sua forma tradizionale, classica, nel suo anti occidentalismo sfrenato. E tende così a scaricare le accuse che l’occidente rivolge a Putin sullo stesso occidente che combatte Putin. Portando avanti l’idea che la guerra lunga sia responsabilità ormai solo dell’America bellicosa e dell’Europa ostaggio dell’egemonia americana.

 

La logica del ragionamento è sempre quella: per tornare a essere padroni del nostro destino, più che preoccuparci degli estremismi che combattono l’occidente, occorre ridare più forza agli stati sovrani, liberandoci dal cappio osceno dell’occidentalismo europeista. Deputinizzare l’Ucraina è una battaglia cruciale. Ma deputinizzare l’occidente non è una battaglia meno importante. E per iniziare a combatterla, nel nostro piccolo, un modo c’è: riconoscere, tanto per cominciare, chi usa la strategia dello specchio riflesso per nascondere la propria irreversibile vocazione a essere, in tempi di pace e in tempi di guerra, un utile idiota del putinismo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.