"Bucha? Una messinscena". Il convegno di Salvini abbraccia le tesi filo Putin

Valerio Valentini

 Sabato, al grande evento romano organizzato da Armando Siri, noto no Euro e no Green Pass, ci sarà anche chi sostiene che la guerra in Ucraina "è iniziata nel 2014, col golpe americano di Maidan" e che le stragi dei civili "siano una cortina fumogena" per nascondere gli affari del figlio di Biden

Che fosse un poco rischioso allestire un convegno “per dimostrare che facciamo proposte concrete e di buonsenso per l’Italia” e affidarne però la regia ad Armando Siri, uno famoso per aver fondato un partito con gente che dava la caccia agli extraterrestri e dunque subito chiamato da Matteo Salvini a dirigere la scuola di formazione della Lega, i parlamentari del Carroccio lo avevano temuto. Del resto il senatore ligure, dopo la sbandata No euro e poi quella No green pass, aveva già dato segni di aver abbracciato la nuova causa degli amanti del “pensiero laterale”. Ma che si arrivasse, nell’evento romano della Lega di sabato prossimo, a dare spazio a chi parla della strage di Bucha come di una messinscena e crede che la guerra in Ucraina sia iniziata “non il 24 febbraio 2022, ma nel 2014 col golpe del Maidan voluto dagli americani”, forse non tutti lo pensavano.

E va detto che, a parziale discolpa di Siri, non è stato lui il primo a voler concedere prestigio e visibilità a chi ritiene che davvero quella di Putin non è, a rigore, una guerra, e che davvero quello di Zelensky sia “un governo nazionalista pieno di elementi che si richiamano all’Ucraina nazista degli anni Quaranta”. Perché quel Gianandrea Gaiani invitato alla convention leghista “Ascoltiamo il paese, lavoriamo per ripartire”, è stato, tra le altre cose, uno dei collaboratori che Salvini aveva avuto al suo fianco durante la sua permanenza al Viminale. Consigliere per le politiche sulla sicurezza: questo era il ruolo del giornalista bolognese, classe 1963, esperto di geopolitica e direttore di Analisi Difesa, nota rivista online di politica militare. Non uno sprovveduto, evidentemente.

E però le sue tesi sulla guerra in Ucraina, negli ultimi mesi, hanno destato non poca sorpresa anche tra i suoi estimatori. E sabato, a parlare sul tema “La forza delle relazioni bilaterali nell’epoca sovranazionale”, insieme alla sottosegretaria alla Difesa leghista, Stefania Pucciarelli, ci sarà, tra gli altri, proprio lui, Gaiani, durante un dibattito moderato da Gennaro Sangiuliano, il direttore del Tg2. E quali sono le convinzioni di Gaiani, a proposito della guerra in Ucraina? Anzitutto che sia iniziata non a febbraio scorso, ma dieci anni prima “col golpe americano del Maidan”, appunto. In secondo luogo, che non sia una guerra d’aggressione ma, semmai, “una guerra civile”. “Del resto Putin, la notte in cui comincia l’attacco, ha detto chiaramente: ‘Non voglio conquistare l’Ucraina, che non è un paese nemico, ma fratello’. E infatti non la chiama guerra, ma operazione speciale”, ha spiegato il giornalista in una sua recente intervista. Ed è una guerra per procura, per di più. “Perché l’occidente non sa più combattere sul campo le sue guerre, ma le fa combattere ad altri, e le combatte sul campo mediatico”.

E qui si viene a Bucha, allora. “Io non ero lì, ma faccio caso a due cose. I russi si sono ritirati da Bucha non in seguito a una vittoria ucraina, ma hanno lasciato tutto il fronte di Kyiv tranquillamente  e ordinatamente e hanno lasciato Bucha il 30 marzo. Il sindaco di Bucha l’indomani fa un video entusiasta dalla sua città riconquistata. Il 2 aprile la polizia ucraina gira un ampio video che mostra sì i segni di un combattimento, ma non ci sono cadaveri per strada. Questi cadaveri emergono dopo, a centinaia”. Insomma, “c’è qualcosa che non torna”, dice Gaiani il 5 aprile. Anche perché, guarda caso, questa strage emerge proprio mentre sembra prendere consistenza la mediazione turca: “Le immagini di Bucha hanno di fatto bloccato un processo negoziale grazie al quali i russi speravano forse di chiudere la partita”. Serviva insomma una scusa per non fare la pace, e sono arrivate alla bisogna quelle decine di cadaveri “che stranamente avevano le mani legate dietro la schiena con lacci bianchi, intonsi”. Ma Bucha è servita anche ad altro, per Biden, a giudizio di Gaiani. “Non escludo che la strage di Bucha serva come strumento mediatico anche per oscurare tutto il dibattito che sta sorgendo in America sui laboratori biologici e il ruolo di Hunter Biden, il figlio del presidente. D’altronde le cortine fumogene servono anche a questo”. Musica, evidentemente, per le orecchie di Siri.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.