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Salvini, l'equivoco della politica

Salvatore Merlo

Il leader della Lega dice che tutti incontravano Putin, mica solo lui. Però solo lui sembrava una cheerleader 

Adesso dice al Corriere della Sera di essere “seccato”, perché – diamine – anche gli altri incontravano Putin. Mica solo lui.  “Tutti hanno avuto rapporti di lavoro e magari di amicizia con  leader non sempre solidamente democratici”. Ed è sincero, anzi candido, Matteo Salvini, mentre conferma al mondo di non cogliere la differenza che passa tra un capo di stato o un uomo di governo che incontra Putin a un vertice bilaterale e un   ragazzo pon-pon che  invece a Mosca e a Bruxelles  si mette la maglietta con la faccia del vecchio Vlad, gli fa la ola, lo sceglie come modello, e poi si abbandona pure a una raffica di sentenze immortali da innamorato fisso. Tipo: “Se devo scegliere tra Obama e Putin scelgo PUTIN tutta la vita”. Oppure: “Ne avessimo di più  come lui sulla faccia della terra”. E ancora: “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!”. Fino allo spettacolare: “Farei a cambio e porterei Putin nella metà dei paesi europei mal governati da presunti premier eletti”. Ma Salvini sul serio non capisce perché  gli sia rimproverato di avere fatto da cheerleader al massacratore di Bucha. E davvero pensa che così fan tutti, perché vive  un equivoco sulla natura della politica. Anzi: è lui stesso un equivoco. 


Poiché  confonde rappresentanza e rappresentazione, politica e intrattenimento, Matteo Salvini s’infastidisce quando viene preso sul serio. Martedì, per esempio, una giornalista   gli chiedeva conto delle sue frasi oscene sull’omicidio Cucchi,  nel giorno della condanna  dei carabinieri che Salvini difendeva. C’è un video in rete. Ecco  Matteo che alla domanda della cronista va in tilt. E’ spazientito, ripete sempre più scocciato le parole “prendo atto”. Sorride, ma è una paresi. Un ghigno. E non perché si senta provocato, questo capiterebbe a un politico. Ma lui è un’altra cosa. Il problema di Salvini  è che la giornalista in quel momento pretende da lui – cioè da uno che vive nella prefigurazione dei prossimi 5 o 10 minuti da riempire con qualche sparata random – una coerenza logica, una presa di responsabilità su fatti  che ormai a lui non interessano più. Che considera superati. Finiti. Infungibili alla propaganda. Dunque inutili. Non vuole nemmeno che gli vengano ricordati. Ieri, infatti, parlava soltanto di utero in affitto, la penultima trovata, perché sul serio questo ex dj di Radio Padania pensa che la politica si faccia annusando. Per approssimazioni ed esasperazioni. Cucchi? A naso. L’immigrazione? A naso. L’utero in affitto? A naso. Il Quirinale? Anche il Quirinale: a naso.

 

Qualche mese fa candidò Sabino Cassese alla presidenza della Repubblica, e nemmeno sapeva chi fosse Cassese. Gliel’aveva spiegato  Renzi il giorno prima.  Lo stesso vale  per la Russia. Una scelta  a naso, per non citare un’altra parte del corpo che non va scritta sui giornali seri. E se intuisce che l’annusata funziona, ecco che esagera: “Cedo due Mattarella per mezzo Putin”. Come Mastrota su Italia1. Come i fustini del Dixan. Qualcuno chiederebbe mai conto al caro vecchio Mastrota di aver spacciato paccottiglia via etere? No. Ecco. E’ quello che deve pensare anche Salvini quando  gli chiedono conto di Putin. Altrimenti non si sarebbe mica esposto andando in Polonia a fare una figura di tolla in mondovisione. Salvini non solo pensa che tutti facciano come lui, ma crede sinceramente che questa sia la politica. Ecco l’equivoco. Quindi ha ragione a dire  di essere seccato:  “Ma davvero mi prendete sul serio? A me?”.
 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.