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Editoriali

Salvini e la truffa politica sulle tasse

Redazione

Che cosa non torna nella battaglia della Lega contro Draghi sul fisco 

Matteo Salvini apre un nuovo fronte non in Donbas ma nei 50 metri che separano il gruppo parlamentare della Lega da Palazzo Chigi. Anche se per la dichiarazione di ostilità ha scelto Palermo dove è imputato nel processo Open Arms: “Mi fa piacere che Draghi a parole dica non le voglio aumentare le tasse, ma la Lega e il centrodestra non possono votare un documento dove c’è scritto che potranno aumentare sui risparmi, conti correnti, titoli di stato, affitti e casa”.

E’ presto per dire se finirà come per la citofonata (“lei spaccia?”) al quartiere Pilastro di Bologna o per la spedizione a Przemysl, confine polacco-ucraino, dove il sindaco Wojciech Bakun gli sventolò la t-shirt con Vladimir Putin indossata dal Capitano sulla Piazza Rossa. E’ certo che martedì Salvini si farà ricevere da Mario Draghi scortato dal numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, per farsi confermare che il governo non aumenterà le tasse. Benché Draghi lo avesse ripetuto poco prima: “L’ho detto, nessuno pagherà più tasse. Il governo non tocca le case degli italiani. E lo stesso sarà per gli affitti e per i risparmi”. A seguire nota scritta: “Il presidente Draghi ha specificato, anche di recente, che il provvedimento non porta incrementi sull’imposizione fiscale degli immobili regolarmente accatastati”.

Il provvedimento è la parte della delega fiscale con la riforma del catasto; quanto ai risparmi la rassicurazione draghiana riguarda l’unificazione in una o due aliquote delle tre che oggi gravano sui titoli pubblici (12,5 per cento), sui redditi da capitale (26) e la cedolare sugli affitti (10). La delega deve essere approvata in Parlamento, per esercitarla occorreranno 18 mesi, si formeranno commissioni al Mef. Stiamo comunque parlando della prossima legislatura. Dunque il sospetto che Salvini cerchi un’altra photo opportunity per recuperare i voti persi è forte. Ma tutto è possibile. Anche ricordare che con il suo governo gialloverde la pressione fiscale salì in un anno al 42,4 per cento, interrompendo un calo che nei quattro precedenti sotto l’odiata sinistra era stato dell’1,7.

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