Pacifisti e pragmatici

Salvini straparla di pace, Giorgetti fa il realista: "Le armi servono"

"Se qualcuno attacca l'Italia, senza la Nato non so quanto possiamo resistere"

Carmelo Caruso

Mentre il segretario della Lega vuole fare dimenticare il suo passato da "putiniano", Giorgetti dice che "l'industra militare serve". Si veda l'esempio della Germania

Uno straparla di pace e sabota governo, l’altro parla di armi e difende il governo. E si differenziano ancora, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, perfino nella “postura” di fronte alla storia che, spiegava Mario Draghi, rivela sempre il carattere delle nazioni e la capacità di leadership. Ecco spiegato perché uno è di responsabilità e l’altro è di sabotaggio. Salvini chiede “le mani libere” e bombarda il premier Draghi sul catasto mentre l’altro, Giorgetti, mette le mani nella pasta delle contraddizioni italiane, denuncia il velleitarismo pacifista.

 

 E c’è ancora una differenza di metodo pure nella scelta degli interventi. Salvini, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, ha aperto il suo negozio di fiori e promette viaggi della pace, l’altro, il suo ministro, che è un pragmatico, partecipa, oggi, a un convegno di liberali e spiega per 18 minuti che questo è il “tempo dell’incertezza” e che bisogna guardare a quanto ha fatto la Germania di Scholz. E' il paese che ha segnato il passo in questa crisi e che ha deciso di sestinare il 2 per cento del Pil alla spesa militare.

 

Intervenendo alla Biennale del Futuro, a Roma, organizzato dal deputato leghista, Giuseppe Pasini, un vecchio leone del Pli, Giorgetti ha infatti provato a smontare i pacifisti vecchio arnese, ma anche i nuovi, in pratica il suo segretario.

 

Fermandosi sulla crisi ucraina ha dichiarato che “purtroppo, si dimostra che l’industria brutta e cattiva degli armamenti forse serve, anche se era vietato parlarne fino a poco tempo fa”.

 

E ha ricordato che le spese militari devono essere pari “al 2 per cento del Pil così come ci ha chiesto più volte la Nato. Anche perché, se qualcuno attacca l’Italia, senza la Nato non so quanto possiamo resistere”. E dicono che, davvero, per carità di patria, si limiti, in queste ore, a dare lezioni di realismo, lui che suggeriva a Salvini: “Gira la testa e guarda verso l’America” e l’altro: “No, io vado a parlare con Putin”.

 

E non dice nulla, anche perché quello che gli doveva dire, assicurano che, a Salvini, lo avesse detto a quel tempo, già nel 2016. C’è insomma qualcosa che va oltre la “doppia Lega”, la complicità, l’idea che uno fosse il secchio e l’altra la corda e che così facendo si tollerassero. La guerra illumina, fa esplodere le diversità. Ecco che Salvini fa l’ideologico e accorcia i pensieri: “Si torni al nucleare” mentre l’altro, ripete che questo paese è schiavo di dogmi. Un’altra “separazione”, una ancora, Eccola. Salvini avanza “la pace fiscale” (ormai la parola pace è il suo tic) Giorgetti, ragiona sul ruolo dell'imprenditore che è motore dello sviluppo, la necessità italiana perchè "lo stato non può essere imprenditore”. Salvini è insomma pacifista-incendiario, Giorgetti interventista-sentinella. Non credete all’imbroglio della pace. Lo dice perfino il suo ministro. Salvini si vuole mettere sotto l’ombrello del pensiero pacifista ma solo per fare dimenticare il suo vecchio amore putiniano.

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio