Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 

Verona può diventare la Chernobyl del centrodestra che implode

Francesco Gottardi

“Una volta la Lega era il partito dei territori che ascoltava la base, i forzisti la regia nazionale. Oggi succede il contrario", dice Flavio Tosi, cacciato da Salvini nel 2015

Il centrodestra si scopre a pezzi sulle rive dell’Adige, nel suo feudo per eccellenza. Le fazioni di oggi – missione Piazza Bra, elezioni in primavera – sono Federico Sboarina contro Flavio Tosi. Il sindaco attuale e quello di ieri. Il candidato debole di Fratelli d’Italia e il civico che piace un po’ a tutti. L’uno ha tradito un patto con Salvini, l’altro da Salvini è stato cacciato nel 2015. Se fosse una partita a scacchi la Lega sarebbe in zugzwang: una situazione in cui ogni mossa è perdente, ma si è obbligati a muovere. E il Carroccio l’ha fatto: appoggerà Sboarina, obbedendo al do ut des di coalizione – per sbloccare così un proprio candidato a Padova. Forza Italia invece aspetta. Ammira Tosi: “Si sono invertite le parti”, sorride lui. “Una volta la Lega era il partito dei territori che ascoltava la base, i forzisti la regia nazionale. Oggi succede il contrario”.


Per carità: nel Veneto verde in tumulto la base mica è cambiata. “In provincia sanno bene che appoggiare Sboarina vuol dire farsi del male”, continua Tosi al Foglio. “A livello locale i cittadini scelgono le persone, non il partito. E questo quinquennio è sotto gli occhi di tutti”. Arrivare a sostenere apertamente l’acerrimo ex sarebbe altrettanto complicato. “Ma piuttosto fateci andare da soli, i veronesi hanno implorato la segreteria federale. Pure loro ammettono che sono l’unico in grado di battere Damiano Tommasi”, l’ex centrocampista della Roma che oggi corre per il centrosinistra. A Verona sta replicando la partita giocata da Letta al Quirinale: aspettare che la Lega deflagri da sola. E anche Tosi si sfrega le mani: “A un certo punto ho temuto che lo cambiassero, Sboarina”. Sicumera dell’uomo forte. “Ma ha prevalso la solita logica delle careghe”, le poltrone. “Quella che ha già portato al fallimento delle amministrative in autunno. Il centrodestra rischia di perdere di nuovo ovunque, oltre a sacrificare Verona. Anche perché FdI è un partito romano: di quel che accade in Veneto si interessa poco”.

 

Così il Carroccio locale incassa e si mostra in modalità sissignore. Andrea Bacciga, consigliere comunale su cui pende l’accusa di saluto romano durante una seduta municipale – “c’è un procedimento penale in corso, in quanto avvocato ho fiducia nella magistratura” –, è l’unico passato dalla lista Sboarina alla Lega. Il percorso opposto del suo sindaco. Eppure, dice, “la mia scelta è stata coerente, alla luce del sole. Non contro Sboarina o FdI. E il consiglio non si è mai voluto esprimere sul candidato: se il partito lo appoggia, è perché crede in lui. E’ anche giusto dare fiducia al sindaco uscente. Vinceremo restando uniti”. Sarà.
Da Roma, Maurizio Gasparri spiega che in Forza Italia sta maturando una discussione approfondita e dall’esito non scontato: si mette al centro il rispetto della coalizione, ma al tempo stesso si riconoscono le doti e il buon operato svolto all’epoca da Tosi. Un’altra spinta verso un polo centrista e liberale arriva poi da Davide Bendinelli, sindaco di Garda e ora deputato di Italia viva. Ma eletto con Forza Italia: sa che almeno una parte dei forzisti punterà sul candidato civico e per questo sta incalzando Matteo Renzi a fare lo stesso. Lo stesso Tosi non nega: “Il mio progetto è un’alternativa pragmatica all’estrema destra di Sboarina”.

 

Il colmo? Il tifoso occulto di tutto ciò sarebbe niente meno che Salvini. Cortocircuito d’autore. Perché il leader del Carroccio soffre sempre di più il monopolio di Zaia in regione: un profilo forte a Verona, al di là degli antichi rancori, agirebbe come mina vagante contro il governatore. Che infatti ha appena rotto il silenzio, difendendo a spada tratta i militanti in rivolta contro il segretario. Lo stesso Tosi non nega: “Con la Lega ho parlato. E ho capito che aria tira”. Vuoi vedere che, alla fine, il lupo solitario si rivela il prescelto delle larghe intese? Di sicuro, mai potrebbe cantare vittoria Salvini. Il buon milanista beffato ancora dalla fatal Verona. Dagli scudetti persi al tricolore del sindaco. Da cronaca sportiva a disastro politico.

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