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L'eterno cliché della sinistra: il magistrato in giunta

Salvatore Merlo

Gualtieri chiama Greco a Roma e Sala chiama Colombo a Milano. Un tempo sarebbe stata una furbizia politica, oggi è una cosa da fessi (politicamente parlando)

Il 24 gennaio, a Milano, il sindaco Beppe Sala ha nominato Gherardo Colombo, uno dei magistrati simbolo di Mani pulite, a capo di un comitato non troppo fantasiosamente battezzato “legalità”. Ieri invece, 17 febbraio, Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, proprio nello stesso giorno in cui trent’anni fa scoppiava Tangentopoli (a proposito di fantasia), ha presentato in Campidoglio il suo nuovo consigliere alla... “legalità”: Francesco Greco, altro magistrato simbolo  di Mani pulite. E insomma i due sindaci del Pd, gli amministratori delle due più importanti città italiane, si consegnano alla più trita delle banalità della sinistra, arruolano (gratis) nella loro squadra due importanti ex magistrati, e ci riportano a un cliché stantio. E nemmeno più tanto furbo. In un lampo infatti non solo confermano quello che in tanti pensano (e cioè che ci sia una complicità di fondo tra il Pd e le toghe: altro che referendum), ma i due sindaci riperticano anche l’eterna idea infantile secondo la quale “siccome abbiamo un magistrato, allora siamo puliti”.

 

Una piccola astuzia all’italiana, talmente abusata però da essere ormai controproducente nonché fuori tempo massimo. Era infatti già una stupidaggine dozzinale ai tempi in cui Ignazio Marino chiamava il pm Alfonso Sabella a fare da assessore alla Legalità, o quando Vincenzo De Luca arruolava il magistrato antimafia Roberti, o quando ancora nel 2014 a Pompei il sindaco del Pd si scapicollava ad assumere nella giunta  l’ex pm  Marmo, quello del caso Tortora, che era appena andato in pensione.  Persino quel volpone di Raffaele Lombardo, in Sicilia, mentre rinverdiva i fasti del milazzismo cercava magistrati e  infatti  aveva nominato assessore un galantuomo, che ci credeva:  Massimo Russo. Ma quello che oggi colpisce  è quanto Sala, ma soprattutto Gualtieri che lo imita per disperazione, siano fuori dal  tempo. O contro tempo. Ieri Piercamillo Davigo è stato rinviato a giudizio a Brescia. La magistratura è  quella del caso Palamara. E i giudici, anche quelli di Mani pulite, non sono più una bandiera.

 

Era già abbastanza manichea, e surreale, l’idea di trent’anni fa, ovvero che un intero sistema politico potesse essere riformato da un’inchiesta giudiziaria. Ma ora diventa addirittura comica, e denuncia una inquietante povertà intellettuale, l’idea che la sola presenza di un singolo magistrato all’interno di una giunta comunale alle prese con i miliardi del Pnrr possa intimidire i corrotti. Non risulta d’altra parte, per esempio, che Antonio Ingroia, l’ex pm della trattativa stato-mafia, lui che fra i tanti incarichi ricevuti fu anche esattore delle tasse in Sicilia, abbia inibito il malaffare. Né risulta che Raffaele Cantone, padre dell’Autorità anticorruzione, abbia esplicato quella funzione salvifica totale che pure gli veniva attribuita con grande enfasi ai tempi di Matteo Renzi. Al contrario, l’eterna vicenda dei magistrati chiamati a salvare l’Italia è un cimitero di fallimenti. E un rigoglioso orto di propaganda.  Solo che prima era una furbizia di successo che metteva non a caso d’accordo gli scaltrissimi Lombardo e De Luca, mentre ora, adesso che  sulla magistratura s’è poggiata la muffa del disdoro, ecco che invece l’idea del magistrato come foglia di fico diventa una roba da fessi (politicamente parlando). E dunque eccoci a Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, che chiama a sé Francesco Greco nel momento  in cui il grande magistrato, a fine carriera, è rimasto impigliato nello scannamento pubblico con il suo ex amico e collega Piercamillo Davigo, all’interno d’una vicenda che con il rinvio a giudizio di Brescia segna la decadenza dell’ex pool di Mani pulite, il suo spelacchiamento. Ed è infatti una mossa disperata, quella di Gualtieri. Il sindaco  sovrastato da tutto. Anche dalla spazzatura, che ormai gli viene contestata persino in famiglia. Anzi dalla più bella delle portavoce della sua famiglia politica, cioè da Luisa Ranieri, l’attrice di Sorrentino, la moglie di Luca Zingaretti, il fratello dell’ex segretario del Pd. “A Roma vedo solo spazzatura”. Ecco.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.