La maturità “normale” non piace. "Ma è una scelta di buonsenso: i prof. decideranno la seconda prova"

Marianna Rizzini

Un esame diverso per ciascun indirizzo di studio, predisposto dalle singole commissioni d’esame. Contrari i presidi ("il ritorno alla normalità deve essere graduale") e gli studenti, che venerdì scenderanno in piazza. Il capogruppo in Commissione Cultura di Iv Toccafondi difende la decisione del governo

La notte prima degli esami, quest’anno, potrebbe tornare a essere quella che era, con due prove scritte, come da ordinanza del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: una maturità diversa per ciascun indirizzo di studio, predisposta dalle singole commissioni d’esame. E la cosa non piace né agli studenti, che domani scenderanno in piazza contro la decisione, né all’Associazione nazionale presidi: il presidente dell’Anp Antonello Giannelli si è augurato “un ripensamento” del ministro in direzione dell’eliminazione della seconda prova: “È chiaro che voler tornare alla normalizzazione ci vede tutti d’accordo”, ha detto Giannelli: “Negli ultimi due anni non abbiamo fatto scritti, ma il punto è che il ritorno alla normalità deve anche essere graduale. In fondo quest’anno vanno a sostenere la maturità dei ragazzi che hanno avuto problemi per tre anni di seguito perché si sono fatti tutto il triennio con la pandemia”.

    

Per Giannelli non c’è soltanto il problema di un ritorno alla normalità “progressivo”: “Siccome questa seconda prova scritta non ha carattere nazionale, come avviene normalmente, le discrepanze tra le varie classi aumenteranno”. In attesa che il provvedimento venga esaminato dalle Commissioni parlamentari, gli studenti lo bocciano (“ingiusta maturità”, dicono: “Alla normalità si torna con i fatti concreti, non a parole mettendo sulla carta un esame di maturità che è una beffa”).

 

Il punto, per gli studenti, è: come si può tornare alla normalità della maturità “se la scuola non ci è mai tornata?”. E dietro alla contrarietà per il cambio d’esame si nasconde una diversità di approccio al tema del “che cosa” rappresenta quel momento per la vita di uno studente. Questo dice da Italia Viva Gabriele Toccafondi, capogruppo in Commissione Cultura per i renziani alla Camera, favorevole al provvedimento: “Il premier Mario Draghi ha tenuto fermo il punto di un ritorno a un esame di maturità degno del nome, anche con lo stesso ministero dell’Istruzione”, dice Toccafondi: “Voglio ricordare che la seconda prova sarà disegnata dalle singole commissioni scolastiche proprio tenendo conto dei problemi che una classe può aver avuto durante questi anni di pandemia. Gli esami di stato del I e del II ciclo rappresentano un passaggio educativo importante nella vita di un ragazzo: non possiamo che esprimere soddisfazione per la conferma dell’esame e per la decisione di lasciare spazio — anche per le superiori — alle singole scuole e ai consigli di classe”.

     

Si scontrano due idee: quella della comprensione dovuta agli studenti che hanno pagato cara la Dad, e quella di assecondare un ritorno alla normalità che potrebbe aiutare a superare proprio il trauma da scuola a distanza: “Nessuno utilizzi gli studenti e le scuole per alimentare tensioni che poco hanno a che fare con i problemi scolastici. Saranno i docenti che hanno seguito i ragazzi in questi anni, a decidere la seconda prova: l’auspicio è che questa venga calibrata su quanto effettivamente svolto nel periodo pandemico. La decisione del governo ci sembra di assoluta serietà ma soprattutto di buonsenso. Non comprendiamo le proteste di parte del mondo politico e associativo. È tempo che questo paese si confronti seriamente su cosa chiede e vuole dalla scuola che, sarà bene ricordarlo, è fatta per la crescita dei ragazzi”.

    

Sul fronte studenti c’è chi, criticando la scelta, dice che lo stesso ministro Bianchi aveva lodato l’elaborato che prendeva il posto degli esami scritti tradizionali, come esercizio utile in vista degli studi universitari, e non capisce ora il cambio di rotta. Fatto sta che l’esame, al confine tra adolescenza e vita adulta, resta carico dei suoi simboli. Nonostante il terremoto pandemico la notte prima della maturità non sarà facilmente dimenticata.
 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.