L'analisi

Il falso mito del "Draghi di destra". Così M5s e Pd sabotano da mesi le misure redistributive del premier

Valerio Valentini

Il Superbonus è solo l'ultimo dei paradossi del progressismo rossogiallo. Salta il limite Isee: sgravi per tutti, nonostante gli allarmi di Banca d'Italia. Il precedente del Cashback, cassato proprio perché aumentava le disuguaglianze ma difeso dai demogrillini. E poi i bonus per i diciottenni e sulle facciate. Il battibecco tra Patuanelli e Franco. Le impuntature di Franceschini. L'ombra di Landini

L’ultima resistenza, Daniele Franco l’aveva provata squadernando gli affari di casa sua: “Ma perché io e le altre famiglie benestanti che viviamo in una palazzina signorile nel quartiere Trieste al centro di Roma dobbiamo farci pagare dal contribuente la ristrutturazione del condominio?”. E però era una difesa, quella contro il rinnovo indiscriminato del Superbonus, che presupponeva già la resa. Mario Draghi lo sapeva. E del resto anche di questi paradossi si nutre il mito del premier nemico della redistribuzione della ricchezza. E infatti in quel vertice a Palazzo Chigi d’inizio novembre da cui sarebbe stata partorito il testo della legge di Bilancio, nessuno dei ministri dei vari partiti ebbe nulla da obiettare alla risposta puntuta che al responsabile dell’Economia dette il grillino Stefano Patuanelli: “D’accordo, Daniele. Però c’è da chiedersi come mai, voi che pure potevate permettervelo, non avete finora pensato di provvedere alla ristrutturazione e al potenziamento energetico del vostro palazzo”. Stava in quel silenzio concorde che seguì alla battuta del capo delegazione del M5s il senso del futuro maturare degli eventi.

Così evidente che Draghi e Franco convennero sin dall’inizio sull’impossibilità, da parte del governo, di opporsi a una decisione che era condivisa da tutte le forze di maggioranza: e dunque, quando domani arriverà alla commissione Bilancio del Senato il pacchetto di emendamenti alla Finanziaria approvato dall’esecutivo, la rimozione del già marginale vincolo sul Superbonus, quello che escludeva dai potenziali beneficiari dello sgravio i proprietari di villette unifamiliari con Isee superiore a 25 mila euro, sarà cosa fatta. Con un aggravio di spesa che in fondo al Mef, come ha spiegato la viceministra Laura Castelli ai delegati dei partiti in audizione a Palazzo Madama nei giorni scorsi, considerano marginale: non fosse altro che a fronte dei 33,3 miliardi che sono stati finora stanziati per la misura fin dalla sua introduzione nel 2020, quasi qualunque cifra rischia di essere marginale. E non è certo nella contestazione dell’effetto di stimolo all’industria edilizia, che si concentravano fin dall’inizio i dubbi di Draghi e Franco intorno al Superbonus: ma semmai sul discutibilissimo effetto redistributivo di una misura rivolta ai proprietari di immobili, come ha osservato di recente anche Banca d’Italia.  

Qui però si viene appunto al paradosso. Quello di un premier additato più o meno direttamente, dagli esponenti del fronte progressiste rossogiallo, come un ostacolo all’effettiva attuazione di politiche di riduzione delle disuguaglianze. E’ lui, o quantomeno la trasversale maggioranza che lo sostiene, a impedire a Pd e M5s di attuare riforme davvero di sinistra. Questo, con minime variazioni sul tema, sono andati ripetendo negli ultimi giorni gli esponenti del Pd, come Andrea Orlando, Peppe Provenzano e Goffredo Bettini, ansiosi anche di biasimare ma con juicio la linea barricadera di Maurizio Landini; gli hanno fatto eco anche i vertici del M5s, da Patuanelli a Mario Turco, passando per quel Giuseppe Conte che ieri è stato ricevuto da Draghi a Palazzo Chigi. E però questa ricerca di alibi stride con una realtà dei fatti che, nel corso dei mesi, ha sempre visto il premier dover discutere coi ministri demogrillini, talvolta imponendosi talvolta rassegnandosi, quando proponeva misure di natura redistributiva. A fine giugno, quando il Cdm varò la soppressione del Cashback caro a Conte e compagni, Draghi dovette arrivare al vertice decisivo con una relazione ben dettagliata in cui si dimostrava come la misura, destinata nei fatti laddove i pagamenti digitali erano più diffusi (e cioè “perlopiù al nord, nelle famiglie con Isee medio-alti e condizioni lavorative diverse da quelle di operaio o disoccupato”), “ha un carattere regressivo e rischia  di accentuare la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche”. Eppure M5s e Pd protestarono non poco. 

Discorso analogo, ma esito diverso, ebbe il confronto sul bonus 18app. Draghi voleva subordinare l’erogazione dei 500 euro da spendere in prodotti culturali ai soli neo diciottenni con un reddito familiare medio-basso (“Stiamo dando 500 euro anche al figlio di un miliardario, che una cifra simile la spende al ristorante”, disse il premier). Dario Franceschini, però, s’oppose, difendendo la versione originaria della misura disegnata ai tempi del governo Renzi. Forse con l’obiettivo di fare un favore ai librai più che ai giovani maggiorenni, ma comunque rifiutando una logica redistributiva, per quanto minima, connessa al provvedimento. Lo stesso valse poi per il bonus facciate, anche questo confermato rigettando qualsiasi ipotesi di applicazione commisurata al reddito dei beneficiari. 

Poi però, quando la Cgil indice uno sciopero generale  invocando in modo pretestuoso l’esigenza della redistribuzione della ricchezza, mezzo Pd e mezzo M5s dicono che sì, insomma, sull’Irpef si sarebbe potuto fare di più, per venire incontro alle istanze del sindacato. Perché evidentemente i progressisti rossogialli, sempre in cerca del loro punto fortissimo di riferimento, la redistribuzione la predicano, ma si guardano bene dall’applicarla. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.