il personaggio

Ecco chi è Claudio Mancini, l'altro sindaco di Roma

Luca Roberto

La formazione nell'Istituto Gramsci, la provenienza dalemiana e l'amicizia di lunga data con Gualtieri. Un ritratto dell'uomo forte del Pd romano che muove le fila dell'amministrazione cittadina

Gli danno del ras locale ma è qualcosa di più. E' il sindaco ombra. E' l'altro Gualtieri, l'amico di letture e di formazione seriosa. Claudio Mancini viene da Monteverde quartiere bene come il vero primo cittadino. E del Pd romano è uomo di potere, sapienza e pappagorgia. Se lo si guarda ha quest'espressione sempre sorniona, criniera folta, nera, un po' tarchiato. Ha l'aspetto dell'uomo di apparato antico. Il suo è un lungo percorso politico che si è arricchito di così tante declinazioni. Ecco l'elenco: consigliere circoscrizionale, regionale, poi assessore allo Sviluppo regionale del Lazio, tesoriere del Pd capitolino, nel frattempo deputato della Repubblica e consigliere dell'allora ministro dell'Economia, guarda un po' proprio Gualtieri. E' stato preso come figura pretesto da Carlo Calenda che col gruppo dirigente dem locale non aveva nessuna voglia di immischiarsi. Piuttosto che con lui, avrebbe fatto una corsa corsa solitaria, come poi è stato. 

 

Mancini e Gualtieri si conoscono, si stimano e si regalano confidenze da quando frequentavano gli stessi ambienti cittadini di militanza dalemiana. Sinistra buongustaia con spolverata di pepe e pecorino. Provengono entrambi dal cotè intellettuale dell'Istituto Gramsci. Sono fidi di Beppe Vacca e di suo figlio Ignazio, che dell'ex ministro è stato capo della segreteria al Mef. Inseriti, nell'epoca breve del fulgore dei giovani turchi, tra gli orfiniani della capitale. Solo che sono sempre stati l'uno il volto da far rilucere pubblicamente, mentre l'altro, il gran tessitore, instancabile raccoglitore di voti. Si è sempre speso al riparo dalla grande notorietà e dalla ribalta.

 

Così mentre Roberto faceva carriera a Bruxelles inanellando promozioni di prestigio e guadagnandosi una spendibilità nazionale, Claudio restava a Roma, si sposava con la filologa della Sapienza Fabrizia Giuliani, femminista, fondatrice del movimento "Non una di meno". Per farne poi, della città in cui era rimasto a presidio, terreno fertile di ramificazioni che sempre tornano utili a un tentativo venturo di scalata quando capita l'occasione (coltivando pur sempre un certo trasversalismo, che lo avrebbe portato, per curiosità, alla Leopolda 9 da spettatore). 

 

E infatti è la storia delle ultime elezioni d'ottobre: subito dopo l'ascesa alla segreteria del Pd, Enrico Letta a marzo si vide praticamente imporre la candidatura di Gualtieri, nelle settimane in cui ancora si cercava di convincere Zingaretti a dirsi disponibile. E tutti sapevano su chi ricadessero quelle indiscrezioni alimentate con un sottile lavorìo di soffiate ai giornali. "L’impatto della notizia della possibile candidatura di Gualtieri è stato così forte perché è forte l’attesa dell’opinione pubblica democratica romana", disse in chiaro Mancini uno di quei giorni, lasciando intuire, senza troppo elucubrare, il numero di carte che nella partita capitale stavano giocando non solo lui ma pure gli altri due vertici del tridente come Goffredo Bettini e Bruno Astorre, il franceschiniano contro cui Mancini perse nella corsa alla segreteria regionale nel 2018.

 

Ma queste son tutte cose note che già si conoscono, non aggiungono granché. Per capire allora il personaggio prendetevi due minuti. Inseritene nome e cognome su YouTube, aprite un paio di video a caso. In un'intervista artigianale realizzata in piazza del Parlamento, con mascherina chirurgica e i suoi occhialetti, lo si vede pronunciare sentenze solenni come "unità senza infingimenti", "chiaro ancoraggio riformista", e se non si presta troppa attenzione alle immagini che scorrono sembra quasi le stia recitando Gualtieri stesso. Pur sempre una questione di osmosi relazionale, se la si vuol leggere così. Forse per capire cosa farà il sindaco 1 bisogna indagare costantemente cosa pensa il sindaco 2. Il prosindaco di Gualtieri. Altro che Matone con Michetti!

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