l'intervista

"La cassa integrazione per le microimprese è un errore", ci dice Ichino

Valerio Valentini

"La riforma degli ammortizzatori sociali di orlando? Nient'altro che un ritocco al Jobs Act". L'allarme del giuslavorista. "La cassa concessa anche alle aziende con meno di cinque dipendenti produrrà grandissimi abusi, soprattutti al sud"

Più che una riforma, a lui pare un “ritocco di qualcosa che già c’era”. E un ritocco neppure riuscito bene, peraltro. “Se per riforma degli ammortizzatori si intende l’estensione della copertura assicurativa contro il rischio della sospensione del lavoro alle imprese di tutti i settori, questa riforma era già stata fatta nel 2015 con il Jobs Act: precisamente con il decreto legislativo n. 148 del 2015”, dice Pietro Ichino, giuslavorista ed ex parlamentare del Pd. “Ora ci si propone soltanto un modesto ritocco della durata del sostegno del reddito e l’estensione anche alle imprese con meno di sei dipendenti. Ma questo, francamente, mi sembra un errore”.  Si tratta insomma della rottura di un tabù: l’estensione di fatto della cassa integrazione anche alle microimprese, inserita nella legge di Bilancio appena licenziata dal governo Draghi. “Ed è un errore perché le aziende di minime dimensioni costituiscono un pulviscolo molto esteso e impalpabile, difficilmente controllabile. Soprattutto al sud, dove il senso civico è meno radicato e diffuso, il rischio dell’abuso è elevatissimo: che cosa c’è di più facile che accordarsi tra datore e prestatore per fingere una sospensione del lavoro, continuando a lavorare come prima?”

Eppure escludere le aziende più piccole da questo circuito di welfare è, a detta di molti, una discriminazione sul piano dei diritti. “Discriminare significa differenziare un trattamento per un motivo illecito, o sulla base di una differenza che dovrebbe essere ignorata. In questo caso, invece, la differenza costituita dalla minima dimensione dell’azienda è molto rilevante e non può essere ignorata. Altrimenti si può avere la certezza di generare una vasta zona di abuso, e al tempo stesso di recare un danno ai piccoli imprenditori onesti e ai loro dipendenti”. Un danno? “L’aumento del cuneo contributivo, che si traduce in una riduzione delle retribuzioni. Perché stiamo parlando di un rapporto assicurativo, che implica l’imposizione di un contributo. Proprio mentre ci stiamo proponendo di ridurre il peso del cuneo contributivo, introduciamo un nuovo prelievo”.

Però occorre trovare un modo per tutelare i lavoratori delle piccole imprese contro il rischio della sospensione del lavoro. Se questo non va bene, quale? “Ma la cassa integrazione è una assicurazione a beneficio dell’impresa, per evitarle di dover pagare le retribuzioni anche nei periodi di sospensione del lavoro per cause oggettive. Dove questa assicurazione non opera, la sospensione resta un rischio a carico dell’imprenditore: anche se sospende il lavoro deve pagare le retribuzioni ai dipendenti”. E allora perché molti piccoli imprenditori, che dovrebbero esservi interessati, invece si oppongono a questa misura? “Perché preferiscono tenersi il rischio piuttosto che dover pagare questo nuovo contributo”.

Però durante la pandemia la Cig-Covid l’hanno chiesta e l’hanno goduta tutti. “La pandemia è un evento assolutamente eccezionale, cui in tutti i Paesi dell’Ocse si è fatto fronte con un massiccio intervento pubblico di natura assistenziale, non assicurativa. E quando il beneficio è gratuito non si vede perché non si dovrebbe usufruirne. Ma qui non stiamo parlando di assistenza per eventi eccezionali, bensì di una nuova polizza assicurativa obbligatoria, che inevitabilmente ha il suo costo”. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.