Piero Cruciatti / LaPresse  

il risultato del ballottaggio

La Lega di Salvini cade anche a Varese, la casa di Giorgetti

Fabio Massa

Parlano Alessandro Alfieri e Daniele Marantelli, dirigenti cittadini del Partito democratico. "Ora anche la Regione diventa contendibile: non si vince solo a Milano"

Alessandro Alfieri parla, ma in sottofondo si festeggia già. Voci, bicchieri, strilli di gioia. Prevedibili, perché Davide Galimberti aveva vinto partendo dalle retrovie cinque anni fa, ma comunque a Varese è difficile vincere. Lo sa bene, Alfieri, ex segretario lombardo del Partito Democratico, onorevole dem: "È una grande vittoria, una vittoria del sindaco che ha rilanciato Varese. Il Pd è al massimo storico. Abbiamo incentrato tutta la campagna elettorale sul lavoro fatto e sulle opere che abbiamo riavviato e progettato. Invece la destra ha politicizzato lo scontro: Matteo Salvini ha tentato l'ennesima spallata, ma gli è andata male, si è fatto ancora una volta male", commenta. Una sconfitta anche per Giorgetti e Fontana, che "appaiono ma non mordono: lasciano fare a Salvini che è comunque il capo. Ha impostato lui la campagna". La riconquista della città, per Alfieri, è segno che anche i territori più complicati possono aprirsi a nuove fasi. "Varese - continua - non è più la culla della Lega. Anche la Regione resta contendibile: non si vince solo a Milano". Poi, la stoccata ai cinque stelle: "Hanno preso l'1,5... Però noi siamo stati inclusivi. L'importante è essere a trazione riformista". 

Daniele Marantelli, invece, è in corteo verso il Comune, dopo aver già brindato al comitato di Galimberti.  "Penso che i varesini abbiano premiato la buona amministrazione Galimberti e un Pd perno di un'alleanza civica larga", ci dice. "Si tratta di una sconfitta della Lega nel suo insieme, ma che è stata accentuata dalla insistita presenza da parte di Salvini e quindi il suo tentativo più goffo che scoperto di strumentalizzare il voto è stato sventato da un valore che in questa città ha radici antiche, che è quello dell'autonomia". Ancora una volta, contro Salvini. E Fontana? "Come Varesino sono stracontento per questa vittoria, come Varesotto un po' meno perché il centrodestra ha vinto al primo turno sia Busto Arsizio che Gallarate. Come Lombardo a tutti coloro che ritengono che ormai sia spianata la strada per palazzo lombardia chiedo più lucidità e freddezza perché chi fa questi calcoli negli ultimi 25 anni ha evidentemente vissuto in Patagonia". Anche nel 2018 il centrosinistra governava tutti i capoluoghi. "Fontana, però, diede 20 punti di distacco a Gori", prosegue. "Non sono naturalmente per sottovalutare questo clima positivo per il centrosinistra ma guai a trascurare il fatto che le partite sono molto diverse e l'aver constatato che anche qui, nella regione più avanzata del Paese metà delle persone non sono andate a votare implica una valutazione meno propagandistica di quella attuale. La sfida è alla portata ma non può essere affrontata con il mantra: dopo Milano vinceremo la Lombardia. A Milano nel 2018 non c'era la Moratti, c'era Sala. E nel 2013 a Milano c'era Pisapia, quando Maroni ci ha battuto. Consiglierei un po' di prudenza".