Andrea Paganella e Matteo Salvini (foto Facebook Andrea Paganella)

Il ritratto

Il vero vice di Salvini. Il racconto di una scalata e dello strapotere di Andrea Paganella

Anche l'ultimo dei dipendenti è scelto da lui. Ha il gusto del comando. Pretende l'obbedienza.

Carmelo Caruso

Vuole il posto vicino al tavolo, ha l'ultima parola su tutto. Amico fraterno di Morisi. Da Mantova a Milano fino a Roma. Le tappe, la vita di Andrea Paganella, il capo della Lega dopo il capo

È il vero capo dopo il capo. Il numero due di Matteo Salvini non è Giancarlo Giorgetti. Il numero due della Lega non è Massimiliano Fedriga. Il numero due non è mai stato Luca Morisi, il padre della “Bestia”. L’uomo che controlla il partito di Salvini, che decide chi incontra il segretario, che sceglie gli uomini da assumere, l’uomo che stabilisce la linea, si chiama Andrea Paganella ed è il suo capo segreteria. Da Trento a Marsala viene indicato come l’amministratore delegato della strategia dell’aggressività. Tutti i dirigenti che hanno il privilegio di organizzare le cene elettorali sanno che deve essere sempre lasciato libero un posto accanto a Salvini. È il posto di Paganella. Nel suo ultimo cv l’espressione che ricorre è “rapporto fiduciario”. Il datore di lavoro è sempre uno: Salvini. Solo raccontando la storia di un’amicizia si può raccontare la storia dell’uomo che ha scalato il primo partito italiano. È la storia di due ragazzi mantovani cresciuti al liceo Scientifico Belfiore e che a sedici anni entrano a far parte della Lega. Sono Morisi e Paganella. Uno è gracile e silenzioso. L’altro è robusto e disinvolto. Vengono accolti nel partito. Riescono a farsi conoscere e apprezzare. Saranno entrambi segretari cittadini della Lega a Mantova e anche consiglieri provinciali. Uno verrà ricordato per aver sfidato un consigliere d’opposizione leggendo il suo discorso in latino. E’ Morisi. L’altro non sarà ricordato. E’ quello che oggi ha il vero comando. Paganella.

 
A Mantova, Paganella è chiamato “il Morisi da bar”. Morisi è timido. A 16 anni manda una lettera al direttore dell’Indipendente, Vittorio Feltri. Gliela pubblica come editoriale. Paganella ha la passione per le automobili di lusso. A  vent’anni viene visto guidare una Mercedes. Morisi si rifugia nelle sue letture: riviste americane. Paganella preferisce i banconi. Vengono valorizzati da Gianni Fava e da Davide Boni, dirigenti di quella Lega antica. Quando Morisi assume la carica di segretario cittadino viene chiamato il “compagno Berija”. Chi era fuori linea veniva espulso. Paganella è diverso. Proverà  a candidarsi al congresso provinciale ma perde. La sua vera qualità è stare vicino a Morisi. È una fase di disillusione. Fine anni novanta decidono insieme di non rinnovare la tessera. Morisi andrà a Verona a insegnare all’università, Paganella diventerà direttore amministrativo di una cooperativa “rossa”. Non si separano. Vivono in simbiosi. Fondano una società di informatica e la vendono a un fondo ricevendo una somma cospicua. Si racconta che siano stati loro i primi a disegnare i siti di calciatori come Baggio e Del Piero. Nel  2010 si riaffacciano in politica. Offrono aiuto a Fava. Il primo dominio web del leghista eretico, l’unico che  ha sfidato Salvini, lo hanno realizzato Morisi e Paganella.

 

È Fava che li accompagna in Via Bellerio e li presenta a Davide Caparini, allora responsabile della comunicazione. Gli offrirà un contratto. Sono gli anni in cui Salvini è direttore di Radio Padania. Sta per cominciare la sua ascesa. La sera, a Milano, Morisi-Paganella-Salvini escono tutti insieme. Si ritrovano presso l’hamburgheria di Gianmarco Senna, ristoratore in società con il cognato di Salvini. Nasce così  una comunità di destino: quella che porterà la Lega oltre il trenta per cento. Quando Salvini arriva al Viminale, Paganella si ubriaca di potere. Cercherà di esercitarlo all’interno del partito. Salvini stabilisce che ogni decisione che riguarda la comunicazione deve passare da lui. Anche l’ultimo dei dipendenti è scelto da lui. Ha il gusto del comando. Pretende l’obbedienza. Scavalca perfino i capigruppo.

 

Al suo matrimonio chiede a Salvini di fargli da testimone. Si è sempre detto, almeno fino a ieri, che fosse Morisi l’uomo più potente della Lega. Non era vero. In queste ore si dice anche che ci siano stati contatti tra Morisi e FdI. Giorgia Meloni, contattata, smentisce. La verità è che in questa storia di provincia l’amico più timido ha sempre protetto l’amico spavaldo. Lui prendeva gli insulti, l’altro ha preso il controllo. Erano entrambi l’ombra di Salvini. Paganella solo l’ombra di un’altra ombra.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio