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l'intervento

Draghi: “Non alzeremo le tasse". E Confindustria sogna il partito del premier

Carmelo Caruso

All'Assemblea degli industriali c'è chi vorrebbe una forza politica a sostegno del presidente del Consiglio. Che rilancia con un patto: "Vi chiedo di fare di più, nessuno può tirarsi indietro"

Hanno detto che lo vogliono, lo vogliono, lo vogliono. Alle 11,06 Confindustria, riunita in Assemblea, a Roma, all’Eur, si è alzata in piedi e ha applaudito Mario Draghi. Sono stati tre minuti di battimani. Gli hanno chiesto di rimanere a Palazzo Chigi e avvisato i partiti: “Non attentate alla stabilità di governo”. Loro hanno scelto. Lo allontanano dal Quirinale. E Carlo Bonomi, che è presidente, per una volta si è sciolto in viso, rilassato. Ha sorriso. Faceva da direttore d’orchestra. Ha definito Draghi “l’uomo della necessità”. E cosa ha detto dunque l’uomo della necessità? “Il governo non ha intenzione di aumentare le tasse. I soldi si danno e non si prendono”.  Non basta a farci un titolo? Ma ha anche chiesto agli industriali: “Vi chiedo di fare di più. Nessuno può tirarsi fuori”. L’inizio del suo discorso era invece questo: “L’Italia vive oggi un periodo di forte ripresa – migliore di quello che avevamo immaginato solo qualche mese fa. L’Italia si sta rimettendo in piedi dopo una crisi profonda”. 

Quando Draghi è salito sul palco ha ragionato sulla transizione energetica che è una necessità, aggiunto che “la sfida è che la ripresa sia duratura e sostenibile”. Ha promesso che lo “stato farà la sua parte e accompagnerà questo passaggio”. Un discorso di programma, un discorso tecnico. Era tutto questo. Era molto altro. Accade sempre. Ha annunciato che a ottobre ci sarà la legge sulla concorrenza e chiesto agli industriali di sostenerla. Ma la frase forse più bella è stata questa: “Un governo che cerca di non far danni è già molto. Chiaramente non basta”.  E ha cercato di raccontare perché in mezzo secolo “il giocattolo si è rotto”. Diceva che “Quello che rende un paese speciale sono le relazioni industriali”.  E ha poi introdotto il tema del “patto/prospettiva”. Questa fase richiede una politica di bilancio equilibrata ed efficace. Serve “un patto economico e sociale nel paese”. E voleva descriverlo meglio “penso a una prospettiva economica condivisa. Seguiva il discorso di Bonomi, incisivo: “Di covid si continua a morire. Noi condividiamo completamente il green pass. Serve un’Europa più coesa. Ecco perché ci riconosciamo nell’esperienza Draghi e speriamo che continui a lungo senza che i partiti attentino con veti e manovre per il Quirinale". E poi “basta giochetti. Noi vogliamo assumere e non licenziare”.

 

È la loro festa. Cosa potevano desiderare più di questo? Confindustria la chiama Assemblea annuale ma per una volta, di fronte alla partecipazione di Mario Draghi, perché non chiamarla appunto “la festa dell’impresa”? Spaventati, dicevano. E ancora: “Il governo andrà avanti sul decreto anti delocalizzazioni. Industriali, preparatevi”. E invece il premier ha chiesto a Francesco Giavazzi, anzi, il professore Giavazzi, la lettura preferita dell’homo liberale, di riscrivere la bozza Orlando-Todde. No, non c’è nessun pregiudizio contro gli imprenditori. E non perché come dicono gli sciocchi (ma lo dicono per ogni governo di buon senso) “questo è il governo di Confindustria”. Draghi non ha voluto anticipare il contenuto del suo testo. A proposito, quanto scrive? O quanti scrivono? Questo sì è da “indagare”. Dunque nessun pregiudizio ma è vera la domanda “adesso è il momento di dire cosa può fare l’industria per il paese”. Organizzato alla maniera Confindustria, sotto le note di Brian Eno, pastìccini, caffè, studenti “prego, si accomodi”. Ma stiamo evadendo la domanda. Cosa vogliono gli imprenditori da Draghi? Lo vogliono in politica. Dice Luigi Del Vecchio, presidente di una multinazionale di telecomunicazioni che gli imprenditori, e dunque tutti quelli che oggi sono al Palazzetto dello sport, qui all’Eur sognano l’impossibile.

Un partito Draghi? “Si, un partito. Che c’è di strano. Un partito che avrebbe un consenso straordinario. Con lui leader, lui che prende il posto della Merkel in Europa. Ha tutte le qualità del politico”. Lo dicono altri. Il capannello dei giornalisti, direttori e firme, puntano sulla permanenza. La direttrice di La Presse, Alessia Lautone, elegantissima, ne è convinta e vorrebbe una donna al Quirinale: “Finalmente. Quest’anno l’assemblea ha come nome 'Scegliere di cambiare'”. Qui tutto un modo chiede a Draghi di rimanere.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio