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Anticipare il Congresso Pd: la mossa contro Letta di Base Riformista

La tregua in casa dem è durata solo qualche mese. Ora le tensioni si muovono intorno alle prossime elezioni: Bettini rompe il tabù e propone di anticiparle, mentre l'ala moderata preferirebbe prendere tempo. Il motivo? Sostituire il segretario 

È di nuovo guerra nel Partito democratico. La tregua lettiana è durata solo qualche mese, le vecchie divisioni e le tensioni di sempre riaffiorano alla superficie. Il casus belli questa volta è l’intervento di Goffredo Bettini alla Festa del Fatto. Il consigliori di Walter Veltroni, prima, e di Nicola Zingaretti, poi, ha rotto il tabù delle elezioni anticipate. Ha lasciato intendere che si possono fare senza problemi. Nei dem è scoppiata la polemica di quanti sono uniti sotto le insegne “avanti con Draghi fino alla fine della legislatura”. Le parole di Bettini sono state lette come un tentativo di stringere in fretta il patto con Giuseppe Conte per costringere Pd,  Movimento 5 stelle e Leu a presentarsi alle urne con una santa alleanza. Ma in realtà c’è anche dell’altro dietro le affermazioni dell’esponente pd.

 

Come anticipato dal Foglio venerdì scorso, la sinistra del partito, di cui fanno parte, tra gli altri, il ministro Andrea Orlando e il vice segretario Giuseppe Provenzano, teme che i moderati del Pd, gli esponenti di Base riformista, insomma, puntino a far svolgere il Congresso prima delle elezioni per dare l’assalto a Enrico Letta e mettere un nuovo segretario. Sarebbe così quest’ultimo a decidere le liste elettorali e a decidere, di conseguenza, chi tra i dem farà il parlamentare. Con il referendum che taglia il numero dei senatori e dei deputati tutti sanno che anche se il Pd dovesse andare meglio del 2018 gli scranni a disposizione sarebbero limitati. Diventa perciò di vitale importanza stare nella stanza dei bottoni quando si decideranno le liste. L’idea ventilata da Bettini di andare alle elezioni anticipate, quindi, risponde anche a questa esigenza: in questo modo sarebbe Letta a definire le liste perché con lo scioglimento prematuro della legislatura non ci sarebbero i tempi tecnici per tenere il Congresso.  E a quel punto la sinistra interna, che spalleggia Letta potrebbe dire la sua sulla composizione delle liste. Facile immaginarsi che fine farà la maggior parte dei parlamentari di Base riformista… La stessa che hanno fatto gli ex renziani nelle liste decise da Matteo Lepore per le comunali di Bologna.

 

La sinistra pd spera che il segretario segua il consiglio di Bettini, ma finora il leader dem è apparso molto convinto di proseguire, con Mario Draghi, fino al 2023. Cambierà idea quando si renderà conto che dentro il Partito democratico è ripartita la caccia al segretario? Una caccia, questa, che potrebbe influenzare anche l’elezione del presidente della Repubblica. Un Letta ammaccato in questa vicenda, come lo fu all’epoca Pier Luigi Bersani, è più facile da scalzare.

 

La posta in gioco dunque è anche la segreteria del Pd. Stefano Bonaccini nega di essere interessato ma è a lui che pensa Base riformista. E, del resto, non sembra un caso che il presidente della Regione Emilia-Romagna abbia iniziato un tour per l’Italia. Letta è preoccupato da tutti questi movimenti, annusa il pericolo e nella serata di ieri fa diffondere una nota per dire che resterà in sella fino al marzo del 2023. E respinge l’ipotesi del congresso in autunno. Eppure anche la sinistra interna che pure lo sostiene ritiene che sia difficile andare oltre il prossimo anno…

 

C’è grande allarme nel quartier generale del Partito democratico romano. I sondaggi riservati che sono arrivati in questi ultimi tempi accreditano una buona performance di Carlo Calenda. Non solo, segnalano che Virginia Raggi non va così male come si credeva all’inizio. Adesso, perciò, il timore è che Roberto Gualtieri non possa andare al ballottaggio. Al secondo turno andrebbe la sindaca. E a quel punto i pd sarebbero messi in una doppia difficoltà. Da una parte ci sarebbe la sconfitta nella Capitale con tutto quello che ne potrebbe seguire anche a livello nazionale. Dall’altra ci sarebbe l’imbarazzo a sostenere la Raggi al ballottaggio, il che complicherebbe i rapporti con i 5 stelle.  

 

Più di un uccellino dal Senato fa sapere che alla ripresa il Partito democratico cederà su qualche punto del ddl Zan. Sarà così? 
 

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