editoriali

No, la tolleranza zero non è una virtù

Redazione

Colpire le azioni senza colpire le idee. La giusta misura possibile anti no vax

Rifacendosi a una dichiarazione della titolare dell’Interno, Repubblica ieri ha titolato la prima pagina con uno squillante: “Tolleranza zero contro i No vax”. Il riferimento è alle campagne securitarie newyorchesi della fine del secolo scorso, ma la parola tolleranza, usata così, lascia  perplessi. Anche chi è convinto che bisogna agire con la massima energia per impedire la diffusione di tesi sballate e antiscientifiche preferisce che questo atteggiamento venga definito, più correttamente, intransigente. Sembra un sofisma ma non lo è: l’intolleranza colpisce le idee, comprese quelle sbagliate, soprattutto quelle sbagliate, ma è una limitazione della libertà di pensiero. L’intransigenza reprime le azioni, conseguenti da quelle idee, che configurano una violazione delle norme vigenti ed è quindi perfettamente rispettosa dei diritti costituzionali. Si può dire che quanto più si è intransigenti nei fatti, tanto meno è necessario apparire intolleranti nel confronto delle idee. Naturalmente è  ragionevole combattere opinioni che diventano persino pericolose per la sanità pubblica, cercarne le radici e denunciare il carattere fallace e pretestuoso. La critica deve essere serrata e implacabile, la tolleranza non è condiscendenza. Voltaire nel famoso trattato sulla tolleranza invitava a combattere e combatteva egli stesso le opinioni che non condivideva, ma si dichiarava disposto a battersi perché quelle idee che considerava sbagliate potessero essere espresse liberamente. In questo sta la differenza tra la libertà democratica e l’oppressione delle dittature. Peraltro è più facile contrastare gli errori e gli orrori dei No vax se sono costretti a esplicitare le “ragioni” della loro insensata campagna. Va detto che il governo ha seguìto  questa linea e va incoraggiato a proseguire, adottando anche misure più prescrittive se necessario a difendere la salute pubblica, però sarebbe meglio chiamare l’intransigenza col suo nome, senza lasciare spazio a polemiche contro un’intolleranza che non esiste se non in qualche scivolata lessicale.  

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