Salvini davanti al centro direzionale di Mps nell'aprile 2015 a Sien (Ansa/Fabio Di Pietro) 

editoriali

Salvini sbaglia su Mps, ma non su Siena

Redazione

Le critiche sovraniste a Padoan non reggono, ma  a certa sinistra piacciono

Matteo Salvini ha attaccato frontalmente Pier Carlo Padoan, presidente di Unicredit ed ex parlamentare di Siena, accusandolo di voler far assorbire dalla sua banca gli asset pregiati del Monte dei Paschi, lasciando allo stato quelli in difficoltà. In realtà è probabile che Padoan si sia speso per convincere i soci e il consiglio di Unicredit a imbarcarsi in quella che appare oggi l’unica operazione di salvataggio possibile dell’antico istituto senese.

  

Tuttavia l’iniziativa polemica di Salvini, per quanto inesatta, non è priva di astuzia. Si rivolge infatti a quella parte della cittadinanza senese che è convinta che ogni operazione di incorporazione di Mps costituisca un’aggressione all’autonomia di Siena, trascurando la situazione di sostanziale dissesto di Rocca Salimbeni. Vista da questa prospettiva municipalistica (sbagliata ma diffusa, si potrebbe dire un sovranismo localista) la figura di Padoan appare ambigua se non addirittura ostile. Se si aggiunge che l’economista è stato alla testa della fondazione di Massimo D’Alema e poi ministro nel governo di Matteo Renzi, personalità politiche che hanno abbandonato il Partito democratico, è comprensibile che una campagna contro di lui trovi orecchie attente anche nella sinistra senese.

 

Naturalmente la coincidenza tra la fase, si spera, finale del riassetto cioè del salvataggio di Mps con le elezioni suppletive rese necessarie dalle dimissioni dello stesso Padoan, e cui si è candidato il segretario del Pd Enrico Letta, mette sotto una luce particolare, intrisa di propagandismo, una vicenda bancaria già di per sé intricata. Padoan  non ha nulla di cui giustificarsi, se non forse di aver seguito la linea di disinteresse per la crisi e le operazioni azzardate di Mps dei suoi predecessori e dei suoi successori al ministero dell’Economia. Tutto ciò non mette in dubbio l’elezione di Letta, a meno di un terremoto politico inimmaginabile, ma mette pepe su un’operazione che altrimenti sarebbe di ordinaria amministrazione. Se questo era l’obiettivo di Salvini, bisogna ammettere che lo ha ottenuto.