Per i i giudici e i legali del M5s Draghi è grillino

Gianluca De Rosa

La vicenda della senatrice Botto rivela un cortocircuito a 5 stelle. Tra gli obblighi degli eletti c’è quello a “votare la fiducia ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle”. E nel caso dell'ex governatore della Bce?

Mario Draghi è espressione del M5s. Adesso lo dicono anche i giudici e i legali pentastellati. D’altronde sul punto ci aveva già provato Beppe Grillo a convincere i suoi. “Ragazzi, ma questo è un vero grillino”, aveva detto uscendo dalle consultazioni con l’allora presidente del Consiglio incaricato alla ricerca dell’ampia maggioranza che gli aveva chiesto Sergio Mattarella. In quei giorni convincere i 5 stelle a sostenere l’ex governatore della Bce, l’uomo forte scelto per sostituire l’amatissimo Giuseppe Conte, era un’operazione complicatissima.

 

La cronaca di oggi ci dice che anche a mesi di distanza non tutti sono rimasti persuasi dalle parole di Beppe. Anzi, proprio in queste ore una senatrice genovese, Elena Botto, concittadina di Grillo, vicinissima a Vito Crimi, ha pubblicato su Facebook un lungo e inequivocabile post d’addio: “Me ne vado dal Movimento 5 Stelle che, ormai da troppo tempo, non è più la mia casa politica. Questa crisi ha avuto inizio della fiducia al Governo Draghi e si conclude oggi”. 

 

  

Ma Botto è solo l’onda lunga. Quindici senatori M5s non si erano fidati sin da subito. La versione “Draghi pentastellato”non li convinceva: non votarono la fiducia e per questo furono espulsi. Proprio dal loro ricorso contro quella espulsione , però, arriva oggi la conferma: Draghi è grillino. Non lo dice solo Grillo abusando di iperboli e paradossi, da oggi lo dicono anche i legali del Movimento che per farlo citano il Tribunale di Roma.

 

L’espulsione dei senatori si basava sull’articolo 3 del Codice etico grillino che stabilisce una sorta di vincolo di mandato interno: se non si vota la fiducia a un presidente del Consiglio del M5s si viene espulsi (letteralmente, tra gli obblighi degli eletti grillini c’è quello a “votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle”). Per capire dunque se quell’espulsione è valida bisognerà stabilire chiaramente se Draghi è o no un premier grillino. Ebbene, per i legali, la risposta è sì. Per dimostrarlo citano una precedente ordinanza del Tribunale di Roma riguardo a un caso analogo: quello del senatore ex 5 stelle Gregorio De Falco che non votò la fiducia al governo Conte 1 e per questo fu espulso. Anche De Falco presentò un ricorso argomentando che Conte, non iscritto all’epoca al Movimento, non poteva essere considerato “espressione dei 5 stelle” e dunque non votargli la fiducia non costituiva ai sensi dell’articolo 3 del Codice etico grillino, motivo d’espulsione. Ma sul punto il Tribunale – che rigettò il ricorso – fu chiarissimo: “Non è necessario che il premier sia iscritto al MoVimento 5 stelle ma, più semplicemente, che sia stato espresso, cioè indicato, da quest’ultimo”. Come il grillino Draghi appunto.

Di più su questi argomenti: