Il dibattito tra i candidati sindaco per Roma non è finito benissimo

Confronto all'americana tra Calenda, Gualtieri, Michetti e Raggi. Prima si stuzzicano e poi litigano sul tema più divisivo di tutti: i rifiuti

Gianluca De Rosa

È vero che non è un vero dibattito ma, abituati a vederli discutere sui social, già fa strano vederli seduti uno accanto all’altro nel bel giardino della Casa dell’Architettura all’Esquilino. Carlo Calenda, Roberto Gualtieri, Enrico Michetti e Virginia Raggi. Quatto candidati sindaci per un confronto all’americana: quattro domande, cinque minuti a testa per rispondere. 

  

Polemica e discussione, in teoria non sono previste. Ma non è finita benissimo. Proprio quando il dibattito volgeva alla fine tra Carlo Calenda e Roberto Gualtieri è cominciata una discussione sul tema che a Roma fa litigare come nessun’altra cosa, i rifiuti. Enrico Michetti non ci ha visto più. “Le risse però no, Roma non le merita, andiamocene!”, si è alzato, ha allargato platealmente le braccia e via verso l’uscita. “Chi se ne va da un confronto perde sempre”, ha detto poi la Raggi. “Mi dispiace ma forse a un dibattito per fare il sindaco è più importante fare proposte concrete che parlare dell’impero romano”, ha dichiarato invece Gualtieri a fine incontro.

   

Anche prima che i rifiuti irrompessero a scaldare gli animi comunque non erano mancate le provocazioni reciproche. Virginia Raggi aveva cominciato con una metafora a lei cara, ma che ha offerto facilmente il fianco agli avversari. La trasformazione di Roma è già in atto e continuerà con me ad andare avanti - aveva detto la sindaca - credo che Roma sia paragonabile a una Ferrari, che quando sono arrivata era ferma, io l'ho ricostruita, fatta camminare e ora dobbiamo farla correre". 

    

"Riprendendo le parole della sindaca - ha replicato Calenda quando è stato il suo turno - devo dire, che se Roma fosse una Ferrari sarebbe quella dove non si riuscivano a mettere bene le marce. Non si può progettare il futuro senza rimettere in piedi trasporti, rifiuti, manutenzione del verde". Anche per Gualtieri la sindaca fa “la descrizione di una città che non risponde alla realtà”.

     

Raggi, più tardi, contrattacca. Quando si parla di fondi: “Qui ci sono due ex ministri che magnificano il loro operato ma da loro quando erano al governo a Roma non è arrivata una lira", ha detto. Subito è arrivata la replica di Gualtieri: “Non voglio essere polemico, ma Virginia i fatti parlano da soli: la digitalizzazione è ferma, per una cie ci vogliono mesi, la situazione è disastrosa: il conto dei soldi persi da Roma per l'incapacità di progettazione è così ampio da far uscire il fumo dalle orecchie. Quando penso che da ministro facemmo il bando per il trasporto di massa e tutti i soldi vennero presi da Milano, Genova, Torino e a Roma nulla perché non si è stati in grado di progettare nemmeno un chilometro di metropolitane, vado fuori di testa". 

   

Poi nuovo siparietto Calenda-Raggi sulla stazione Tiburtina: “Lì davanti non ho visto la riqualificazione di niente, Virginia, io ci vado e vedo altre cose”. “Evidentemente ci devi andare meglio”, ha replicato la sindaca. “Che ti devo dite portamici tu”, ribatte il leader di Azione. 

 

Michetti invece prima di andare via ha giocato una partita solitaria. Poteri, riforma della macchina burocratica, risorse. Alla fine il candidato del centrodestra comincia sempre dall’Antica Roma: “È quello che nella storia ha rappresentato il vertice della cultura del cittadino. Nessuna civiltà è mai stata pari a quella romana in questo, i romani costruivano bagni pubblici, ponti, acquedotti, strade, opere funzionali e utili per tutti. Quale esempio migliore per qualificare il benessere del cittadino? Tutto a Roma era costruito intorno al cittadino. La Roma di Augusto e di Cesare guardava al dialogo. Noi abbiamo bisogno di questo dialogo, abbiamo bisogno della Roma della Pax augustea. Una Roma della collaborazione perché al centro non ci sono le nostre carriere ma il destino del cittadino di Roma".

 

Un programma “imperiale” che ha inevitabilmente sobillato le ironie degli avversari: "Non riporteremo Roma all'Impero romano Michetti, non abbiamo questa ambizione...".  Il candidato del centrodestra ha risposto con pacatezza: "Parlerò tanto della Roma dei Cesari ma quella era la Roma del successo". Ma l’amore per l’antico ha ispirato poco dopo anche Calenda che alludendo a un programma radiofonico a cui Michetti partecipa spesso ha attaccato: “I cittadini romani non erano cittadini ai tempi dei Cesari ma erano cittadini ai tempi della Repubblica romani. Inoltre non possiamo parlare ai romani del sesso degli angeli, dei Cesari, di quanto siamo buoni e bravi. È una cosa ridicola. Sono discorsi buoni per un programma delle 8 del mattino non per un confronto politico".

 

“Non replico alle provocazioni", dice scocciato Michetti poco prima di perdere definitivamente la pazienza. "Il cittadino è sempre stato cittadino di Roma, da Romolo e Remo".

    

Come dicevamo all’inizio a far perdere le staffe al candidato del centrodestra è stata la lite tra Calenda e Gualtieri. Quasi alla fine dell’incontro l’ex ministro dell’Economia ha sbottato: “Carlo onestamente trovo insopportabile il tuo cerchiobottismo: mettere sullo stesso piano il lavoro straordinario della Regione e il lavoro del comune è una scorciatoia politicista. Tutti sanno dove sono le responsabilità sul ciclo dei rifiuti. Invece su questo con la sindaca vi vedo alleati su questo”.

 

Poi mentre Calenda replicava è intervenuta anche Raggi: “Mentre litigano la Regione ha 400 milioni da 4 anni che non spende”. Parlano tutti tranne lui. Troppo. Michetti si alza e se ne va. Se la platea fosse il Colosseo dei gladiatori, forse sarebbero cominciati i fischi. In sala invece ci sono anche quasi solo giornalisti, operatori, fotografi, staff dei candidati e militanti (presenti l’assessore all’Urbanistica Luca Montuori, l’ex vicesindaco di Raggi che oggi però sostiene Gualtieri Luca Bergamo, la presidente del II municipio Francesca Del Bello) e parte l’inseguimento al candidato.

 

Tra i pochi uditori disinteressati c’è Veronica, architetta di 24 anni. Chi ha vinto? “Devo dire che nessuno mi ha proprio convinto, paradossalmente l’unica che ha detto cose che ho trovato davvero interessante è quella che meno mi sarei aspettata, la Raggi”. 

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