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Cari populisti pentiti, per liberarci dal Covid serve il vostro aiuto

Claudio Cerasa

L’estremismo ideologico determina i dubbi, nati soprattutto su teorie complottiste, nei confronti dei vaccini. L’ultimo miglio della campagna dipende molto da chi ha alimentato quelle teorie e ora cerca di rinnegarle
 

In uno sconsolatissimo articolo pubblicato qualche giorno fa sul Wall Street Journal, William Galston, già senior fellow presso la Brookings Institution, ha provato a ragionare in modo non ideologico intorno a un tema che da qualche settimana a questa parte sta preoccupando gli Stati Uniti. Il tema affrontato dal conservatore William Galston, sulle pagine di un giornale conservatore come il Wall Street Journal, riguarda una domanda difficile da non porsi in una stagione come quella attuale in cui il quesito centrale sulla campagna di vaccinazione non riguarda più il perché i vaccini non ci sono ma riguarda il perché i vaccini non si fanno. Il 22 giugno, il coordinatore della task force della Casa Bianca contro la pandemia, Jeff Zients, ha annunciato che è sfumato l’obiettivo dichiarato da Joe Biden di vaccinare il 70 per cento degli americani con almeno una dose entro il 4 luglio (la scorsa settimana persino l’Italia ha superato gli Stati Uniti come quota di popolazione vaccinata con una dose contro il Covid, 53,4 per cento contro 53,2, mentre la percentuale di popolazione pienamente vaccinata è diversa, 28 per cento in Italia contro il 45 per cento negli Stati Uniti). E William Galston sostiene che parte della responsabilità di questo progressivo rallentamento della campagna sia da attribuire a un ostacolo: “Il gran numero di repubblicani che stanno rifiutando di partecipare alla campagna di vaccinazione”.

Il ragionamento di Galston parte da un sondaggio impressionante ripreso dal Wall Street Journal secondo il quale a giugno ad aver ricevuto almeno una dose è stato l’80 per cento dei democratici contro il 49 per cento dei repubblicani, con un ulteriore 27 per cento dei repubblicani che afferma di non voler essere vaccinato in nessuna circostanza contro un 3 per cento dei democratici.

Per spiegare il fenomeno, Galston prova a offrire alcuni spunti di riflessione. Il primo punto, dice, è che molti repubblicani declinano il proprio libertarismo in un senso distorto, che coincide con l’idea di essere lasciati liberi di fare ciò che si vuole, opponendosi in ultima istanza a una qualunque limitazione di libertà imposta dallo stato (no mask, no vax). Il secondo punto, più complesso, riguarda il fatto che un numero crescente di repubblicani, essendo trumpiano, si considera populista e da populista anti sistema tende ad avere una maggiore diffidenza di tutto ciò che può essere considerato come appartenente al sistema: lo stato, l’élite e naturalmente la scienza. Il rallentamento delle vaccinazioni che sta registrando l’America è però un tema che sfortunatamente riguarda anche l’Europa ed è probabile che le autorità sanitarie del nostro continente nelle prossime settimane siano costrette a rispondere alle stesse domande che si è posto il commentatore del Wsj e a fare uno sforzo più sostanzioso rispetto a quello attuale per far vaccinare anche gli europei scettici. I metodi di convincimento varieranno da paese a paese ma la platea degli scettici sulla vaccinazione costringerà in molti a porsi, rispetto al teatro europeo, un interrogativo simile a quello che si è posto Galston: l’estremismo ideologico si traduce davvero in atteggiamenti e posizioni scettiche sui vaccini e sulle vaccinazioni

Qualche mese fa, due ricercatori tedeschi, Marc Debus e Jale Tosun, hanno pubblicato per la colonna scientifica della prestigiosa casa editrice Springer uno studio interessante relativo all’impatto che hanno sui vaccini le ideologie politiche. I due autori, sulla base delle loro ricerche, affermano che in realtà non vi è nessuna prova che un maggiore orientamento di destra provochi scetticismo sui vaccini ma notano che è nelle ideologie politiche più estremiste che si trovano gruppi di persone che hanno maggiori probabilità di non fidarsi di ciò che gli dice la scienza. L’estremismo ideologico, scrivono, è una delle numerose forze che determinano uno scetticismo nei confronti dei vaccini e non è un caso che ogni sondaggio effettuato in Europa negli ultimi anni abbia evidenziato una propensione a vaccinarsi molto più alta per coloro che si riconoscono nei partiti tradizionali e molto più bassa per coloro che si riconoscono nei partiti anti sistema. La destra più estrema coltiva scetticismo nei confronti dei vaccini per le stesse ragioni per cui coltiva scetticismo nei confronti dell’Europa (siamo contro le caste) mentre la sinistra più estrema coltiva scetticismo nei confronti dei vaccini per motivi diversi, che hanno a che vedere con un pregiudizio anticapitalistico che si riversa in una diffidenza di fondo nei confronti delle aziende farmaceutiche (siamo contro Big Pharma). E’ possibile che non tutti coloro che oggi mostrano scetticismo nei confronti dei vaccini siano dei vecchi e incalliti populisti, ma se ci si guarda attorno e ci si riflette un attimo anche sulla base delle nostre conoscenze personali è difficile negare quello che è di fronte ai nostri occhi. I dubbi sui vaccini vertono il più delle volte su teorie complottiste, le teorie complottiste sono purtroppo una delle eredità peggiori della stagione populista e per questo per affrontare l’ultimo miglio della vaccinazione i veri testimonial che servono oggi alle autorità sanitarie sono da rintracciare tra coloro che il populismo lo hanno alimentato e che ora cercano di rinnegarlo. E per convincere i dubbiosi, oltre all’efficienza della logistica militare, serve dunque qualcosa di più: serve che i populisti d’Europa inizino a fare campagna contro i complottismi che loro stessi hanno contribuito ad alimentare. Non tutti i populisti sono no vax, ma trovare un no vax che non sia populista è dura. Cari populisti, svegliatevi: l’ultimo miglio dipende da voi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.