Ministro "incompreso"

Cingolani e il Mite che allarma i verdi, visto da Pecoraro Scanio

Marianna Rizzini

Dai mini reattori nucleari agli inceneritori, inviso alla fronda interna anti-Draghi a Cinque stelle

Doveva essere il ministro perfetto nel posto perfetto, il fisico Roberto Cingolani, visto dal lato Cinque stelle. Se c’era lui, i Cinque stelle avevano un motivo per stare al governo in un governo in parte indigesto. Tempo tre mesi, e la situazione si è ribaltata: senza di lui, Cingolani, non ci sarebbe motivo per stare in un governo in parte indigesto (ragionamento della frangia m5s eco-oltranzista che vorrebbe sfiduciarlo ma non solo di quella, ché un piccolo partito anti-draghista si annida anche tra grillini moderati per così dire “contiani”).

 

E si capisce che i nostalgici del contismo pensano che con lui (Conte) non si sarebbero sentite parole a loro avviso poco sostenibili, e provenienti dall’altro (Cingolani), quello che è a capo del ministero su cui contava Beppe Grillo. E le parole sono: trivelle, nucleare, inceneritori — ma pronunciate, questa è l’accusa, in modo non conforme alla linea del Movimento. E insomma Cingolani è ufficiosamente messo sul banco degli imputati, mentre incontra il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti per trattare l’annoso problema “monnezza”, e mentre dice, intervistato dalla Stampa, che i prossimi cinque anni saranno una maratona per cambiare il paese, grazie ai fondi del Recovery, e che “l’obiettivo iniziale primario è di accelerare in maniera decisa l’installazione di fonti di energia rinnovabile, a dieci volte la nostra installazione annuale di adesso. Così avremo l’energia sufficiente per abilitare tutte le altre azioni di decarbonizzazione”.

 

La diffidenza a Cinque stelle verso il ministro ex fiore all’occhiello cresce, e non da oggi: già un paio di settimane fa, nei gruppi parlamentari grillini, si citava l’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto in cui il fisico e ministro veniva criticato per le sue parole sulla potenzialità dei mini-reattori nucleari. Sostenibilità e decrescita, decrescita e sostenibilità, stoccaggio dell’anidride carbonica, auto elettriche e obiettivi europei: Cingolani non è neanche considerato ecologista doc dagli ecologisti, che non a caso hanno messo in guardia il M5s dalla condiscendenza verso il Mite, ministero ambito e ora quasi quasi scaricato come un amore che delude. Ma perché? Lo chiediamo all’ex ministro dell’Ambiente nonché verde storico molto ascoltato dai Cinque stelle Alfonso Pecoraro Scanio, autore di un post su Facebook datato 21 maggio e intitolato “La Transizione Ecologica non si fa con trivelle e nucleare”. Sintesi: “Le lobby nucleari nella Ue sono contro il nostro interesse nazionale. M5s intervenga subito!”. E oggi Pecoraro, interpellato, ripercorre quelle che a suo avviso sono le criticità: “Già dal nome”, dice, “il ministero guidato da Cingolani tradisce un problema: ministero della Transizione ecologica. Sì, bene, ma la denominazione ‘Ambiente’ non può sparire, nel senso che prima viene la tutela dell’Ambiente e poi la Transizione. Questione filosofica, ma non solo: la protezione della natura è una premessa”.

 

E poi, dice l’ex ministro, “Cingolani è un tecnico, e ha la mia stima come tecnico, ma poi essendo ministro non può parlare da tecnico. Vedi la questione dei mini reattori nucleari: un conto è riflettere su tesi scientifiche contrapposte, un conto dichiarare qualcosa in qualità di ministro. E se sei un ministro italiano io mi aspetto che tu blocchi qualsiasi ipotesi che vada in quella direzione, intanto per la nostra storia di paese che ha già detto di no due volte al nucleare”. Spera anche, Pecoraro, “che il Parlamento intervenga su testi, vedi il decreto Semplificazioni, che rischiano, per semplificare, di stridere con la tutela dell’ambiente su vari fronti”. E insomma, alla fine fine, all’ex ministro verde pare che “alcune posizioni del Mite riecheggino quelle della parte più conservatrice di Confindustria. Ripeto: più conservatrice, non certo quella che sposa la green economy”. E Cingolani resta profeta incompreso.  
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.