Il paradosso dell'anfibio

Prima le rane! Il caso dell'alta velocità che deve andare lenta (causa fauna)

La storia della tratta Termoli-Lesina

Carmelo Caruso

Un caso scuola. Dopo vent'anni di monorotaia, arriva il doppio binario. Significa Alta velocità ma una commissione prevede che debba andare lenta per salvaguardare rettili e anfibi. Accade tra Puglia e Molise. Ci meritiamo il Recovery?

Roma. Se questo è l’inizio siamo finiti. Quando si dice che dobbiamo spendere “le risorse del Recovery”, quando si aggiunge che “l’Italia ha bisogno di infrastrutture”, quando si ricorda che “è necessario collegare il nord e il sud”, si fa spergiuro.

 

In quale paese si destina quasi un miliardo di euro per costruire l’alta velocità, il doppio binario, per poi stabilire di moderare la velocità?  Che paese diventa quello in cui la rana, la fauna selvatica, batte  la tecnologia e il progresso? Corridoio ferroviario Bologna-Bari-Lecce-Taranto, linea ferroviaria Pescara-Bari. Un’opera che si attende da vent’anni. Portata simbolica pari alla Salerno-Reggio Calabria. L’obiettivo: affrancarsi dalla monorotaia che equivale al sottosviluppo. Si può fare questa volta. Si può fare grazie ai soldi che l’Europa ci affida e si può fare perché c’è un governo che lo vuole. Ma lo vogliono tutti? Va bene l’ambientalismo, ma se è questo è da manicomio. C’è infatti un carteggio che si sono scambiati il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e quello delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che andrebbe incorniciato ed esibito a ogni angolo di strada con una didascalia: “Ecco perché non ce la facciamo”. Si tratta della relazione che la commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (Via e Vas) ha prodotto e che riguarda il “raddoppio ferroviario della tratta Termoli-Lesina”.


Si  usa il termine prodotto non a caso. Sono ben 106 pagine. Una grandine di “d.lgs, commi, sezione II, Dpr, ex art, visto parere, nota prot.”. Finché si parla della lingua opaca poco importa.  Il problema sta nel contenuto. E’ un parere che solitamente, nove volte su dieci, viene confermato. Si è già scritto che l’opera in questione si attende da vent’anni. Vent’anni di responsi  Via-Vas. Nel 2004: negativo. Nel 2010: negativo (ma questa volta era il Mibac a dire no). Nel 2013 un’altra commissione Via-Vas dice sì ma con prescrizioni. Nel 2014 la regione Molise conferma ma con variante. 2015 approva il Cipe. Nel 2019 il progetto è definitivo. Nel maggio 2020, un nuovo parere negativo sempre della Via-Vas perché “servono ulteriori analisi ambientali”. E quali sarebbero le prescrizioni? A pagina 78, di questo prezioso fascicolo, eccole. E’ qualcosa di lungo, ma vale la pena trascriverlo: “Le misure di mitigazione dell’effetto barriera dovranno dare priorità alla messa in opera di passaggi e sottopassi faunistici, avendo particolare riguardo per le specie più vulnerabili come anfibi e rettili (…) Visto e considerato che velocità maggiori sono associate a un rischio di mortalità della fauna selvatica, sulle ferrovie, si pone la condizione ambientale al proponente di moderare la velocità del treno”.

 

Ma se il fine è l’alta velocità è logico proporre di moderare la velocità? A scoprire questi nuovi paradossi della scuola di Elea è stato un consigliere regionale pugliese del Pd. E’ Fabiano Amati. Si chiede: “Nel mondo si ragiona di trasporto elettromagnetico, e noi, nella tratta Termoli-Lesina, dove c’è la monorotaia, ci fermiamo per la fauna selvatica?”. Nessuno è uno spregevole e insensibile odiatore degli animali. Tutti gli scienziati sanno che la fauna si adatta e muta le sue abitudini. Amati fa un esempio di questa intelligenza: “I contadini pugliesi per allontanare gli uccelli dagli ulivi  sono soliti sparare colpi a salve con piccoli cannoncini. Ebbene, i volatili si sono accorti che erano spari a salve tanto che ormai si avvicinano alla bocca del cannone. E’ una piccola dimostrazione di come la natura governa il pericolo”.

 

Ma come si governa l’ambientalismo ideologico? Pensa Amati che l’ecologismo sta diventando il termovalorizzatore di tutte le narrazioni politiche fallite: “Si agita la parola ambiente, ma questo è un ambientalismo totalitario”. Si è d’accordo che non c’è riscatto per il sud senza ferrovie, strade e ponti. E’ una delle poche cose che unisce la politica senza distinzione e bandiere. Se dovesse passare un parere del genere c’è solo da sperare che tutti i partiti lo impugnino. Andare veloci dunque salvo le rane. Si parla di un’opera da un miliardo di euro… Se solo la fauna selvatica potesse parlare è quasi certo che ci prenderebbe per degli scemi.
 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio