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Contro l'immobilismo. Le semplificazioni di Draghi

Stefano Cingolani

Governance a Palazzo Chigi, sburocratizzazione e mediazione sugli appalti per attuare il Pnrr. Il decisionismo sulle linee di fondo e la mediazione sui contenuti del presidente del Consiglio

È stato decisionista nelle nomine, non ha concesso spazio a spartizioni partitiche, lasciando a bocca asciutta anche il M5s (in particolare per i vertici di Cdp e  Ferrovie). Mario Draghi non ha mollato nemmeno sulla gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia pur con qualche apertura solo in apparenza consociativa come l’art. 3 (su 68 in totale) del decreto varato dal Consiglio dei ministri, che istituisce il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale. Il capo del governo, dunque, ha tenuto fede al suo metodo, tuttavia è dovuto ricorrere alla mediazione su alcune questioni particolarmente spinose che riguardano gli appalti, o meglio le procedure per mandare avanti i cantieri. Un’avvisaglia si era già vista sul blocco dei licenziamenti: il blitz del ministro Andrea Orlando è rientrato con un compromesso (si parte dal primo luglio e verrà concessa la Cassa integrazione gratuita a chi si impegna a non licenziare) che non piace ai sindacati i quali hanno organizzato una manifestazione davanti a Montecitorio. 

Ma le novità decise non sono affatto da sottovalutare. La governance affida a Draghi il ruolo prevalente: sarà l’unico sempre presente nella cabina di regia dove si alterneranno i ministri a seconda delle loro competenze. Una posizione importante la ricoprirà la Segreteria tecnica di Palazzo Chigi alla quale “è assegnato un contingente di personale”. Sempre presso la residenza del Consiglio è istituita “una struttura di missione denominata Unità per la qualità della regolazione”. Segreteria e unità si raccordano con il ministero dell’economia, in particolare con la Ragioneria generale presso la quale “è istituito un Servizio centrale per il Pnrr, con compiti di coordinamento operativo, monitoraggio, rendicontazione e controllo”. Un impianto molto verticale, alla francese, l’impronta di Draghi è evidente in base alla sua esperienza come direttore generale del Tesoro e poi come banchiere centrale europeo. Il governo si è dato gli strumenti per intervenire drasticamente togliendo i bastoni che di volta in volta verranno messi tra le ruote: il rafforzamento dei poteri sostitutivi e del silenzio assenso sono  passaggi essenziali, così come il taglio drastico dei tempi e delle norme volte a superare “lo sciopero delle firme” da parte dei dirigenti e dei decisori pubblici. (Cingolani segue a pagina quattro) Per questo vengono regolati in modo diverso il danno erariale e l’abuso d’ufficio. La Via (valutazione d’impatto ambientale) dipenderà da una commissione tecnica di 40 membri istituita presso il ministero della Transizione ecologica, sotto l’ala di Roberto Cingolani e non servirà più da alibi per bloccare o ritardare i lavori. Le procedure vengono snellite e i tempi ridotti, con ampio utilizzo del silenzio assenso (per la posa della banda larga si scende da 6 mesi a 90 giorni). Le opere saranno individuate senza dover ricorrere a un decreto. In caso di stallo, scattano i poteri sostitutivi. 

Il codice degli appalti resta, ma congelato. Ormai è solo un feticcio: istituito nel 2016 è stato modificato con  28 provvedimenti per un totale di 547 volte, sospeso in parti importanti nel 2019 dal governo gialloverde e nel 2020 da quello  giallorosso. Le modifiche vengono prorogate fino al 2023. La mediazione  fa saltare la misura del massimo ribasso prevista nella prima bozza del decreto, contro la quale si sono scagliati   Cgil e  Pd che avrebbero voluto mantenere  il tetto del 30 per cento per il ricorso al subappalto, nonostante la Corte di giustizia della Ue abbia sentenziato che non ci deve essere alcun limite fissato a priori. Il plafond sale al 50 per cento, ma solo fino al 31 ottobre. Il contratto, “non può essere ceduto”, così come l’integrale o “la prevalente” esecuzione dei lavori. Il subappaltatore deve garantire gli stessi standard qualitativi e riconoscere ai lavoratori lo stesso trattamento economico e normativo. Chi partecipa alle gare dovrà assumere almeno il 30 per cento di donne e giovani (definizione piuttosto ampia che arriva a 36 anni d’età). Gran battage anche sull’appalto integrato (durerà fino al 2026), nonostante siano state proprio alcuni grandi soggetti pubblici come le ferrovie, a sostenerlo. Un compromesso è stato raggiunto sul superbonus: non verrà esteso agli alberghi, ma agli ospedali e alle caserme. Scompaiono i bolli sui certificati anagrafici digitali. A questo punto, il governo ha la cassetta degli attrezzi e ha dato il via alla prima delle riforme. Senza nuovi inciampi potranno arrivare da Bruxelles i primi 25 miliardi di euro. Che il grande piano cominci. 

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