La storia

Prova a fare il sindaco. Il caso Pizzarotti. Accusato di tutto, colpevole mai

L'ultima è truffa. Prima abuso d'ufficio, falso ideologico, danno erariale, disastro colposo

Carmelo Caruso

Perché nessuno vuole fare il sindaco? Sei inchieste in nove anni. Andate a Parma. Federico Pizzarotti dopo trenta, trenta, giorni era già indagato (e neppure lo sapeva). Guadagna meno di tremila euro. Si è pagato gli avvocati. Voi vi candidereste?

Roma. Fesseria e verità. Si dice: non si riescono più a trovare sindaci. Questa è una fesseria. Si pensa: fare il sindaco è la felicità della sciagura. Questa è una verità. Se sia sinistra che destra hanno il medesimo problema, se sia destra che sinistra hanno difficoltà a individuare figure adatte è perché i migliori sono d’accordo su una cosa: l’azzardo non vale il premio.

 

Basta andare a Parma per comprendere che un sindaco è il bastonato con l’obbligo del silenzio. E’ sufficiente raccontare le inchieste a carico di Federico Pizzarotti per capire che solo un incosciente può amministrare un municipio. Perché Pizzarotti? Perché è la sineddoche, la parte per il tutto, la piccola storia che svela la grande. La prima volta è stato eletto con il M5s (2012). La seconda è stato riconfermato e senza simboli. E’ arrivato al nono anno di sindacatura e ha collezionato 6 inchieste. Abuso d’ufficio, turbativa d’asta, disastro colposo, danno erariale, falso ideologico. La più clamorosa è l’ultima: truffa! Fa parte del mestiere. D’accordo. Ma che mestiere diventa quello del sindaco se cinque delle sei inchieste non arrivano neppure a dibattimento, se l’archiviazione precede il giudizio, se il denaro che si percepisce non basta a difendersi dalle accuse che vengono formulate?

 

C’è molto altro. Si diceva sei inchieste. Benissimo. Per ben cinque ha appreso la notizia dalla stampa. “Scusi, signor sindaco, ha saputo che la Procura di Parma la indaga?”. Funziona così. Ma questo è un dettaglio. Si parta dalla prima indagine. Trenta giorni, trenta, dall’inizio del mandato, ed era già stato indagato. Reato? Turbativa d’asta. Lo ha scoperto nel 2017 e per caso. Doveva ricandidarsi. Pizzarotti va in procura per chiedere il certificato dei carichi pendenti (ex articolo 335). Sorpresa: abuso. La storia. Risale al 2015. Il commissario che guida il comune prima di lui, Mario Ciclosi, decide di cedere quote di una società comunale (Stu Pasubio). Lo fa per alleggerire il debito del comune di oltre 40 milioni di euro. Va bene, indagheranno il commissario. Eh no. Sia lui che l’altro. Pizzarotti mette l’ultima firma. Indagato. Verranno scagionato nel 2019. Avanti. Seconda inchiesta. E’ quella che lo porterà a uscire dal M5s. Riguarda alcune nomine al Teatro Regio. E’ il 2016. Il presidente della Camera, Roberto Fico, lo avverte: “Se ha agito contro i principi del M5s, chiederemo passo indietro”. Gli costerà la sospensione dal movimento. Anche questa finirà con l’archiviazione. Ancora. La terza.

 

Pizzarotti sceglie il suo capo di gabinetto e il suo portavoce. Li vuole riconfermare anche per il secondo mandato. E lo può fare. Sono nomine fiduciarie. A che punto arriva la paura della firma? A questo. Il dirigente comunale, che deve materialmente vidimare gli atti, dice: “Serve una manifestazione d’interesse, un bando insomma”. E facciamolo. Risponde (con mail) Pizzarotti: “Ma io scelgo le persone con cui ho lavorato”. Rinviato a giudizio. Vincerà e il ricorso della procura (perché dire “ci siamo sbagliati”, quello mai) sarà ritenuto inammissibile. Quinta indagine. Alluvione del 2014. Esonda un torrente. Accusa: disastro colposo. Le opposizioni si scatenano. Perizie, fascicoli. Si conclude dopo cinque anni con un non luogo a procedere.

 

Per proseguire. Quinta indagine. Danno erariale di 300 mila euro. Accusa. “Illegittima la nomina del direttore generale del comune”. Passano tre anni e la Corte dei Conti scagiona il sindaco. Non solo. Nota della Corte: “La nomina è avvenuta in maniera diligente”. Ultima inchiesta. Risale a questo maggio. Truffa! A Parma oramai neppure si stupiscono. La colpa? Da presidente della Fondazione Teatro Regio, Pizzarotti ha detto sì all’impiego di 45 orchestrali. Quello era il fabbisogno. Ne sono però stati impiegati 35. E’ un po’ come un giornale. La redazione è composta da 20 giornalisti. Se un giorno a scrivere sono tredici, cosa fa un editore? Cita il direttore per danni? E c’è perfino da rallegrarsi. Per una volta, almeno, è stata la Guardia di Finanza a notificare l’avviso di garanzia. Pizzarotti da sindaco guadagna circa tremila euro. Ha pagato i legali di tasca sua. Esistono assicurazioni per cause civili ma non penali. Domanda finale: voi vi candidereste a sindaco?

 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio