Le sostituzioni del premier

Draghi, il tagliator cortese. L'arte di allontanare teste: "Serve un profilo nuovo per lo scopo"

Allontanare è meglio di cooptare

Carmelo Caruso

Arcuri, Borrelli, Vecchione, Parisi. Draghi le chiama sostituzioni anziché licenziamenti. Pier Luigi Celli: "Grazie a lui  l'addio non è più un melodramma". Nel M5s le sue scelte contrappongono Di Maio e Conte

Roma. La differenza è di lessico e di modi. Non li chiama licenziamenti ma sostituzioni. E ogni volta che Mario Draghi li accompagna alla porta, l’ultimo è stato il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, stringe a tutti la mano, motiva la necessità del cambio perché, ed è questo il senso del saluto, “serve un profilo diverso per lo scopo”. Veramente, in questo “tagliar cortesemente”, manca l’allegria della cacciata, del “siluramento”, del “repulisti”, l’esibizione della testa anche quella del tontolone, Mimmo Parisi, mister Anpal, che, fino a ieri, diceva: “Io non ne so nulla”. Non si illuda quindi Matteo Salvini che ha esultato per questo rotolare, “finalmente via gli Arcuri, i Borrelli”, che non è rotolare come lui lo intende, ma la chiamata delle “professionalità appropriate”. Tagliare è già cacciare (nuove) teste, ma non agitarle.


Elisabetta Belloni, ad esempio, è bravissima per Luigi Di Maio (hanno lavorato insieme alla Farnesina). Chi caccia  meglio (teste) fra lui e Conte? Ci sono sicuramente diversi modi per raccontare questa ri-scoperta dell’avvicendamento, la nuova età del “si cambia senza chiasso”, che si è aperta con le nomine di Figliuolo, Curcio, Belloni ai Servizi. Un modo è quello che propone lo storico manager Pier Luigi Celli che è stato capo del personale in Olivetti e Rai. Dice lui che solo in un paese frastornato le sostituzioni possono fare notizia. E allora perché queste sostituzioni le fanno? “Perché con Draghi manca la sceneggiata, il melodramma e tutto si consuma con naturalezza e con decoro”.

 

Ma c’è senza dubbio un altro modo che permette di raccontarlo. C’è, infatti, l’intelligente navigazione, e lo dice sempre Celli, da parte di Draghi che è “un uomo che non fa politica ma che governa il mare infido della politica”. C’è il rispettoso infiltrarsi, ma senza parteciparvi, nelle contraddizioni del M5s. La nomina della Belloni al posto di Vecchione, che era il “mi serve” di  Conte, illumina infatti una spaccatura che non  riguarda Draghi ma che produce movimenti in quello che rimane di un movimento. Di Maio ha festeggiato e Conte ha storto la pochette.

 

La decisione di commissariare l’Anpal e allontanare Parisi? Di Maio aveva smesso da tempo di ritenerlo un riferimento e cominciato a capire che non era altro che un internazionale errore. Quali altri, del M5s, si sono sentiti sollevati dalla rimozione del professore “uozzamerica”, il “non è colpa mia. Qui non mi fanno lavorare”? Una di queste è stata la ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. Se solo avesse potuto avrebbe voluto fare quello che ha fatto Draghi. Un’altra è la viceministra del Mef, Laura Castelli, una che non vale come uno, ma più di tutti: ha studiato e dunque non sopporta  imbranati e chiacchieroni.

 

E insomma, non sarebbe salutare, se con questo cambiare senza infierire si indicasse la nuova dirigenza Rai? Se senza maltrattare i partiti, ma scoraggiando la collocazione dei propri fedeli commessi, si scegliessero i prossimi uomini delle società partecipate? La vera grande prova del governo riguarderà le future nomine. Rivelano che  tutti quelli che Draghi ha sostituito hanno sempre ricevuto, da parte sua, una spiegazione. E dicono pure che quando si convince che sia necessario cambiare “apre e chiude la pratica in un giorno”. Si torna allora al melodramma. Pensa ancora Celli, che nella sua vita si è trovato nella condizione di licenziare, e non solo dirigenti, che il nostro vero guasto “è mandare via senza avere un’idea di cosa fare dopo che si è mandato via. Con Draghi non è così”.

 

Anche nel sostituire Arcuri, garantisce chi può garantire, “non c’era nessuno stigma nei suoi confronti, ma solo l’urgenza di avere metodo, logistica”. Ricordarlo non nuoce. Anzi. Draghi non  allontana per strappare sorrisi. Se ha ritenuto che Vecchione non fosse più il profilo adatto, ciò non significa che non avanzeranno (o rimarranno) al loro posto, personalità della vecchia stagione vicine a Giuseppe Conte. All’Inps, c’è Pasquale Tridico, all’Agenzia delle Dogane, Marcello Minenna. Sono nomine targate M5s ma non è la provenienza la loro polizza.

 

Ricorda Celli che, da capo del personale, gli venne chiesto, da un importante amministratore delegato, di mandare via 20 dirigenti. Rispose così: “Benissimo, ma il primo deve essere il suo assistente”. Come è finita? “Mi chiese solamente questo: prima che lo faccia lei, voglio però parlarci io”. Vuole dire che la leadership si misura anche, e forse più, nella capacità di allontanare che nel potere di cooptare. Così come le carriere. Al posto dei cv, sempre pomposi e falsi, non è forse meglio presentare tutti “i ringraziamenti per il lavoro svolto”?
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio