Maurizio Landini, segretario della Cgil (foto LaPresse)

La Cgil va d'accordo con la Lega e sfida Orlando

Nunzia Penelope

Il ministro fa muro sulle pensioni e la Cgil ora si trova in sintonia con Salvini 

“Orlando riparta da Catalfo”. Potrebbe riassumersi così la posizione dei sindacati sul tema previdenza, reso improvvisamente incandescente dalla prossima scadenza di quota 100 e dall’intenzione del governo di non rinnovarla. Il sospetto che sulle pensioni l’esecutivo avesse  un orientamento, diciamo così, unilaterale, c’era da un po’. Da quando, cioè, il ministro del Lavoro aveva sistematicamente ignorato le richieste di incontro avanzate da Cgil, Cisl e Uil. Ora, dopo il balletto sul Pnrr, con le frasi sulle pensioni inserite e poi sparite, il sospetto sta diventando certezza. Ma è una certezza che rischia di aprire una frattura tra le confederazioni e il governo Draghi. Spiega Roberto Ghiselli, che nella segreteria Cgil segue la previdenza: “Da tre mesi chiediamo un incontro al ministro Orlando, ma lui non ci risponde. Sostiene di avere altre urgenze. Ma anche questa è un’urgenza, e  sarebbe un grosso errore di valutazione trascurarla. Temo che ministro  sottovaluti la portata dei problemi. E questo, soprattutto per la sinistra, sarebbe una gaffe imperdonabile, che la allontanerebbe ancora di più dal mondo del lavoro”.  

 

L’ipotesi di ritornare dal 1 gennaio 2022 al pre-quota 100, ripristinando uno scalino di 5 anni, per le tre confederazioni è del tutto inaccettabile. L’obiettivo dei sindacati era infatti quello di realizzare una riforma organica del sistema previdenziale, tanto che in epoca Conte Bis era stato avviato un lavoro istruttorio  con la precedente titolare del Lavoro, Nunzia Catalfo. Dice ancora Ghiselli: “avevamo concordato con Catalfo un percorso e un gruppo di esperti aveva lavorato a lungo. La promessa era di arrivare a una legge delega entro l’estate, da completare con i decreti in autunno, in modo che dal 1 gennaio 2022 ci fossero certezze: non solo sul post quota 100 ma su tutto il sistema previdenziale. Poi c’è  stata la crisi e  il cambio di governo, ed è legittimo che il nuovo ministro faccia come meglio crede: ma Orlando dovrebbe almeno tenere conto di questo lavoro a monte, recuperando le elaborazioni fatte in precedenza”.  


I sindacati sostengono che la loro  ipotesi di riforma, basata sulla flessibilità in uscita, sia praticabile: l’effetto, garantiscono, sarebbe solo quella di un anticipo della spesa, non di una spesa aggiuntiva.  “Oggi non conta l’età in cui vai in pensione, gli anni di contributi, ma la loro entità.. Il problema è che  c’è un deficit culturale che impedisce di affrontare questo argomento”. Non è che si rimpianga quota 100, che peraltro non è stata un successo: “è andata come l’avevamo prevista: con circa un terzo delle adesioni rispetto al previsto, e dunque con una minore spesa di quasi 6 miliardi e mezzo. Ma non rincorri quota 100 facendo quota 101 o 102. La nostra idea è di superare tutto questo, e riprendere il tema della flessibilità in uscita, lasciando alle persone la libertà di decidere.

E’ un ragionamento su cui ormai stanno arrivando tutti, ci sono elaborazioni di varia matrice che vanno in questa direzione. Ma bisognerebbe innanzi tutto capire se c’è la volontà politica  di questo governo, per fare una cosa seria. E il sistematico diniego del ministro a confrontarsi con noi non depone a favore”. Intanto, il 4 maggio, scenderanno in campo i tre leader confederali, Landini, Sbarra e Bombardieri, con una iniziativa di piazza, sia pure telematica, proprio sulle pensioni e quota 100: ci sarà accesso libero a delegati e cittadini, anche via social. Hanno invitato a partecipare anche il ministro Orlando, con tanto di lettera ufficiale, e restano in fiduciosa attesa di risposta.

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