Chigi-Quirinale

Il ponte (telefonico) Draghi-Mattarella. Presidenti e confidenti

Mattarella si sente sollevato. Draghi trova in Mattarella i suggerimenti politici

Carmelo Caruso

Si sentono ma senza invadere i rispettivi campi. La politica estera, ma soprattutto l'amministrazione dei sovranisti al governo e della piazza. Un rapporto "presidenziale". Uno conclude (non accetterà il bis tanto più a tempo) e l'altro inizia

Roma. Si telefonano con frequenza (tre volte a settimana). Si conoscevano da prima. Non hanno bisogno di frasi e pensieri inutili. Ci sono due presidenti che abitano felicemente le loro istituzioni e che si seguono con rispetto ma a distanza. Interpretano le  prerogative. Uno trova sollievo nell’altro. Mario Draghi chiama Sergio Mattarella. Mattarella ascolta e consiglia, ma solo se serve. E’ un governo che non ha bisogno di formule antiche. E’ un governo che non necessita tutele perché non è “il governo del presidente”, ma il governo “dell’energia e dell’emergenza”. Cosa vuole dire tutto questo? Che l’errore  è cercare nel passato le similitudini che (non) lo raccontano. E’ dunque una bellissima normalità questo rapporto “presidenziale” che è speciale perché non ha nulla di speciale, ma solo la reciproca accortezza nel non invadere e non evadere le responsabilità.


Non è forse così che nasce la consuetudine e la confidenza? Esiste infatti tra premier e presidente della Repubblica qualcosa che è vicino a quello che si indica con queste due parole. Significa consultarsi e con-fidarsi e nello stesso tempo provare a spingere l’Italia fuori dalla pandemia. Di cosa discutono oltre alla politica estera? Si ragiona nelle loro telefonate su come contenere la politica incontinente. Di come “amministrare” i leader che straparlano e che siedono al governo. Non è amicizia. Sia chiaro. E’ qualcosa di meglio.

 

E’ cominciato tutto durante il primo governo Conte. Se l’Italia ha avuto una sua agibilità e credibilità è solo merito di Mattarella che di fronte all’Europa ha garantito per tutti. Chi dialoga con il presidente dice che si era creato un ponte. Precedeva la costruzione di una stima. Non è un privilegio che è stato riservato solo a Draghi. Alla guida della Bce ha avuto un ruolo fondamentale a favore dell’Italia. Mattarella lo ha avuto alleato del paese in un periodo difficile. Ma era vera gratitudine anche quella verso la fatica di Giuseppe Conte. Perché evidenziarlo? Per due motivi. Per fare pulizia concettuale e per precisare che il governo Draghi non è un governo tecnico, ma il governo voluto e condiviso dai partiti. Ci sono state consultazioni, il Conte III era un’ipotesi esaurita. A volte, anche al Quirinale, pensano che sia giusto coltivare la (buona) memoria.

 

Serve a spiegare, ancora, e lo pensa pure Draghi, che questo “governo ha una larga maggioranza perché deve tirare il paese fuori dall’emergenza. Questo ci unisce”. E’ un onore parteciparvi ma è anche la garanzia che nessuno si farà da parte. Ma si parlava all’inizio di sollievo. Cosa c’è di male a dire che Mattarella si sente più sollevato dall’avere un presidente che riesce a fornire tutte le garanzie che l’Europa chiede?

 

Draghi permette a Mattarella di fare Mattarella: per un uomo così rispettoso delle funzioni è in pratica tutto. C’è da parte del premier la capacità di “afferrare i fatti” mentre in Mattarella “la vista lunga”. Sono due competenze che concorrono. Quella di Draghi è economica mentre quella di Mattarella politica e giuridica. Non è il gioco del diritto. Tutti gli uomini di Draghi sono attentissimi ai dettati costituzionali. E’ infatti falso dire che Roberto Garofoli abbia abolito le riunioni del preconsiglio dei ministri. E davvero si sta provando a fare tutto per non procrastinare lo stato d’emergenza. Si dice che Draghi sia scoperto politicamente. Si omette di dire che in Mattarella trova un sussidiario di esperienze da aprire in qualsiasi occasione.

 

Solo gli stupidi possono credere che Draghi abbia aperto al “rischio ragionato” per accontentare Salvini. Insieme a Mattarella discute su quella forza impetuosa che è “la piazza”. Come si pacifica, come si disinnesca? Sono questi gli argomenti che agitano la mente del premier. Uno sta per concludere il suo mandato. L’altro lo ha iniziato. Chi ha parlato con Mattarella sa che non accetterebbe mai il bis. Senza condizioni. Meno che mai l’idea di un incarico a tempo. Che non è previsto dalla costituzione e che finirebbe per suonare perfino un po’offensivo. Cosa hanno dunque in comune Mattarella e Draghi? La battaglia contro la vaghezza. Sono i positivisti italiani.

 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio