La corsa per il bis a Roma

La dichiarazione di guerra di Virginia Raggi: "Le regole sono le nostre"

"Contano i programmi, non le alleanze. Mi è stato proposto di tutto per fare un passo indietro", scrive la sindaca

Marianna Rizzini

Un lungo post su Facebook della sindaca della Capitale, le parole di Letta, quelle di Conte e quelle di Calenda sulle primarie

“Le primarie sono la via maestra”, dice Enrico Letta a Radio Immagina, pensando alle amministrative a Roma e ribadendo la necessità di tenere fermo il punto, e cioè la “coalizione” (Pd-Cinque stelle). E subito parole critiche provengono da Carlo Calenda, leader di Azione per il quale ormai  “il dado è tratto” e la “scelta” di Letta “è legittima” – ma senza di lui. “A questo punto le nostre strade si separano”, scrive infatti Calenda su Twitter, “ci confronteremo sui programmi con apertura e reciproca disponibilità”.

 

Tuttavia c’è un altro elemento problematico urgente per il Pd: l’attivismo della non-rinunciataria Virginia Raggi, la sindaca che vuole correre per il bis nonostante non abbia l’appoggio di tutto il Movimento (anzi, la sua maggioranza è in bilico, con quattro dissidenti, come si è visto ieri durante il voto sulla mozione di sfiducia al suo vicesindaco Calabrese) e nonostante lo stesso Letta, qualche settimana fa, abbia definito Raggi – perché Conte intendesse – una possibile “pietra d’inciampo” sulla via delle amministrative (“il nostro giudizio sul sindaco uscente non è lo stesso di quello dei 5 Stelle”, aveva detto il segretario pd, l’uomo che sull’alleanza Pd-M5s molto si sta spendendo). E se le parole di Letta danno anche agibilità a chi vorrebbe che si candidasse direttamente l’ex segretario e presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, le parole di Giuseppe Conte – quelle che, come da ricostruzione di questo giornale, l’ex premier ha detto a Letta per rassicurarlo (della serie: parlerò io con Virginia, nel senso di parlarle per convincerla a ritirarsi) – sono seguite non dal silenzio del Campidoglio, ma da un’azione diretta.

 

Ieri infatti la sindaca di Roma, su Facebook, scrive un post che complica le già complicate prove d’intesa. Già dal titolo: “Contano i programmi, non le alleanze. Siamo aperti a tutti ma alle nostre regole”. E si capisce che Raggi, intanto, non ha intenzione di retrocedere dalla corsa al bis.

 

E va oltre: “In questi mesi non sono mai intervenuta su retroscena o scenari in merito alle prossime elezioni di Roma”, scrive: “Effettivamente mi è stato proposto di tutto per invitarmi a fare un passo indietro e, allo stesso tempo, non sono mancate pressioni per lasciare spazio alla ‘politica’. La questione è che per me la Politica è altro: sono i programmi e non gli accordi di palazzo. Attenzione, non sto dicendo ‘ideologicamente’ che gli accordi siano sbagliati. Ritengo, però, che gli accordi possano nascere soltanto da una condivisione di idee. E che ci siano dei paletti insuperabili: non tutto può essere negoziabile”. E insomma lei c’è. Se il M5s non la supporta, sembra di capire, la sindaca uscente va avanti lo stesso (da due mesi ha anche un comitato pronto a far ricordare le sue “gesta” in fase pre-elettorale).

 

Non solo. La via lettiana delle primarie di coalizione non la vede tra i fan, e la mette su una posizione simile a quella di Calenda (che appunto vuole andare avanti in ogni caso). Raggi traccia una specie di programma: “Ci sono alcuni temi sui quali è anche bene confrontarsi ma tanti altri che non sono assolutamente barattabili. Su lavoro, legalità, sanità pubblica, investimenti per le periferie non scenderò mai ad alcun compromesso”.

 

E, colmo dei colmi per di detrattori, che sul servizio di trasporto pubblico locale (vedi referendum del 2018) hanno sempre insistito nell’incalzarla, parla di una delle bestie nere romane: l’Atac. “Sono convinta che Atac, l’azienda di trasporti di Roma, debba rimanere pubblica perché ha il compito di garantire il proprio servizio anche nelle periferie. Penso che i guadagni delle linee più redditizie del centro – quelle con i turisti – servano per finanziare le linee periferiche che hanno meno incassi ma sono necessarie magari per portare i bambini a scuola o i cittadini al lavoro. …Altri hanno altre idee, tutte rispettabili, ma è evidente che, ad esempio, con chi vuole privatizzare Atac non possiamo fare un percorso insieme”. La dichiarazione di guerra è: “Il nostro percorso è segnato ed è aperto a tutti. Ma le regole le stabiliamo noi”. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.