Un regalo da 1000 euro al minuto, per 3000 ore

ScialaqueRai. Il caso dell'archivio di Minoli. Incredibile

Il materiale de "La storia siamo noi", il contratto Masi-Minoli del 2010, e lo stallo attuale

Marianna Rizzini

Minoli si candida al cda, e vorrebbe che l'archivio andasse alla Rai, non ai competitor o a player stranieri. Ma pare impossibile risolvere il pasticciaccio di Viale Mazzini. Il M5s in Vigilanza chiede "chiarezza". Da Iv Michele Anzaldi dice: "Ci vorrebbe un'inchiesta, se non per i soldi per la verità". 

Ci sono tremila ore di archivio Rai, a un prezzo di mercato di mille euro al minuto (il prezzo di mercato per i contenuti delle teche). Quanto fa? Fa – o farebbe, al netto di eventuali contrattazioni in blocco al rialzo e al ribasso, a seconda del contenuto – 60 mila euro l’ora. Moltiplicato per 3.000: 180 milioni di euro. E c’è Giovanni Minoli, che ora si candida a entrare nel cda Rai come aveva già fatto nel 2018, ribadendo al Corriere della Sera il paradosso che lo vede protagonista, e di cui ha parlato due giorni fa a questo giornale. Parole sue: “E’ possibile che io abbia un contratto che mi ha conferito per dieci anni i diritti sull’archivio del mio programma ‘La storia siamo noi”, e tutti me li chiedono tranne la Rai? Sono pezzi di memoria storica del paese, utilizzabili all’infinito”. Sembra uno scherzo, la storia della Rai che deve ricomprare un pezzo di Rai per non rischiare di vedere un tesoretto storico, oltre che economico, finire nella mani della concorrenza (tv commerciali) o dei player stranieri (Netflix per esempio ha comprato ore di materiale delle teche per “SanPa”, la serie tv su San Patrignano). E se è vero che nel tesoretto di Minoli, dice chi sa cosa c’è dentro, “ci sono almeno cento interviste cruciali per la memoria del paese, dal caso Moro a piazza Fontana, passando per vari snodi”, è anche vero che il resto del materiale “non è da buttare via, anzi”. Gli interessati extra Rai si sono già fatti vivi, anche se Minoli vorrebbe che il tutto restasse in Viale Mazzini, e sarebbe disposto a cederlo a un valore più basso di quello di mercato. 

   
Non solo: raccontano in Rai che la stranezza sta nell’origine, cioè nel fatto “che Minoli abbia in mano il suo archivio senza aver dovuto, come Mina o Celentano, per dire, comprarselo spendendo una marea di soldi”. E’ andata nel modo in cui è andata: anno 2010, direzione generale di Mauro Masi. A Minoli, che sta per andare in pensione, viene fatto un contratto per occuparsi delle trasmissioni sui 150 anni dell’Unità d’Italia: contratto che a Masi costò meno di quanto gli sarebbe costato se non avesse contestualmente conferito a Minoli, a partire dal decimo anno da quel momento, i diritti sull’archivio de “La storia siamo noi”, evitando così di dover coinvolgere il cda (cosa che sarebbe avvenuta in caso di contratto a “prezzo pieno”), e intanto allocando una cosa Rai fuori dalla Rai.

 

E sul perché l’ad attuale Fabrizio Salini, con cda in scadenza, temporeggi riguardo alla questione Minoli, dopo uno scambio di lettere avvocatizie nell’estate scorsa, per “la negoziazione” sull’acquisizione da parte della Rai dei diritti in capo a Minoli, la risposta degli insider è: “Il pasticcio è talmente un pasticcio che tanto vale farlo risolvere ad altri”. Poi c’è chi, in Vigilanza Rai, ha sollevato la questione. La deputata a Cinque stelle Francesca Flati ha chiesto “chiarezza nelle sedi opportune, ossia il Parlamento, visto che la Rai è di tutti”. E Michele Anzaldi, deputato di Italia viva e segretario generale della commissione di Vigilanza, dice al Foglio: “Sarebbe opportuno si aprisse un’inchiesta: se non per i risvolti economici, in nome della trasparenza e della verità. Com’è stato possibile? Come mai nessuno se n’è accorto dopo? Perché non si è proceduto a una due diligence per capire che cosa contiene quel ‘tesoro’ e in che stato è il materiale?”.

 

“Trascorsi i primi 10 anni le parte e/o i loro aventi causa valuteranno eventuali proroghe/estensioni dei suddetti diritti”, questo il comma del contratto del 2010 Rai-Minoli a cui si è appesi. “Io non voglio fare alcun mercato, sono prontissimo a trovare  un accordo semplicissimo”, ha detto Minoli al Quotidiano del Sud. Il tempo scorre. E “Rai ricompra Rai” rischia di essere il titolo prossimo venturo. 
 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.