Il retroscena

Ora Mattarella aspetta Conte per sapere come intende andare avanti

Nel pomeriggio l'incontro tra il premier e il capo dello stato. Per il Colle il governo ha ottenuto la fiducia delle Camere: l'esecutivo può proseguire il suo cammino, ma come?

Simone Canettieri

L'amarezza del Quirinale per una crisi aperta in piena pandemia. Il presidente del Consiglio dal presidente della Repubblica dopo il vertice di maggioranza

[Aggiornamento 20 gennaio, ore 11.30] Prima lo scostamento di bilancio, poi il vertice di maggioranza e infine la visita al presidente della Repubblica. Il day after del premier Conte riparte in salita con un'agenda densa e ancora piena di incognite. Il presidente del Consiglio prova dunque a rimettere in fila i pezzi di un puzzle che è saltato con lo strappo di Italia viva in Senato. Deve capire come andare avanti: riuscirà a costruire una maggioranza alternativa e come farà con le commissioni? E i posti lasciati vuoti dai ministri renziani? E il Conte Ter? Sono le domande che probabilmente porrà al Capo dello stato: Conte salirà al Quirinale in giornata, dopo il vertice di maggioranza.


 

La prima considerazione trapela in serata davanti alla freddezza dei numeri. E, come ragionano tra la stanze del Quirinale, “non c’è bisogno che lo dica Mattarella: il governo non si è rafforzato”. Poi c’è lo stato d’animo con il quale il presidente della Repubblica  ha seguito il dibattito di ieri in Senato.  Resta comunque “l’amarezza per le divisioni che non si sono composte nonostante la pandemia”. Eppure, proprio lo scorso 31 dicembre il capo dello stato si era rivolto “ai costruttori”, spiegando che l’Italia non poteva “permettersi distrazioni” né “perdite di tempo”. La storia delle ultime settimane è nota.  Per il Quirinale, c’è la fiducia delle Camere e il governo può andare avanti: ma come? La domanda sarà posta nelle prossime ore a Conte quando salirà al Colle. Il presidente lo aspetta.



E così il padrone di casa, Mattarella, ascolterà l’ospite, Conte. Si troveranno di nuovo, uno di fronte all’altro.
Il capo dello stato  vorrà sentire, c’è da immaginarsi, quale percorso intenda intraprendere il governo in questa nuova fase. Chiederà se esiste, e quanto pesa numeri alla mano, il nuovo gruppo dei responsabili diventati “costruttori”, per una furbesca operazione mediatica di Palazzo Chigi. E ancora: se il Parlamento rischia un Vietnam che il paese non può permettersi nei lavori dell’aula e delle commissioni. Insomma, il Colle vuole capire dal diretto interessato, il premier,  se l’esecutivo ha una prospettiva a lungo termine in questa nuova pagina che si è aperta ieri a Palazzo Madama. Anzi, a dirla tutta, ieri in Senato è stato solo scacciato l’incubo con le mani, ma il futuro rimane quanto mai denso di incognite per il presidente del Consiglio.


Scenari chiarissimi a Mattarella che fino all’ultimo ha auspicato che le ferite tra Italia viva e il resto della maggioranza si ricucissero per evitare così una crisi al buio, che forse tale non sarà, ma che rischia di gettare un’ombra sull’immediata gestione dell’Italia in questo particolare momento storico. Non si tratta di lanciare ultimatum a Conte, ma di capire se esiste o meno una direzione chiara e solida. In poche parole: una nuova maggioranza “non raccogliticcia”, altra parola diventata centrale negli ultimi giorni e tirata di qua e di là dai contendenti in campo a seconda dei propri interessi. Tutti si fanno oracoli e ventriloqui, stiracchiando aggettivi, interpretando le smorfie del presidente.  


Ma Mattarella, arrivato all’ultimo anno del suo mandato e senza l’interesse di succedere a se stesso, continua a evitare un approccio intervista. E anche ieri davanti alla mancata maggioranza assoluta (i famosi 161 voti) non ha che applicato al meglio i poteri che gli dà la carta. Il ragionamento è abbastanza semplice: il presidente della Repubblica, riguardo alla vita dei governi, è chiamato dalla Costituzione a esercitare un ruolo quando viene meno il rapporto di fiducia Parlamento-governo: il suo compito è rimettere in funzione il sistema, nominando un nuovo governo che possa ottenere la fiducia delle Camere. Cosa che non è successa in questi due giorni. Ben diverso è il momento in cui un governo in carica decide di presentarsi in parlamento per verificare se questo gli conferma la fiducia.    


Difatti la vita e la conclusione dei governi dipendono dallo sviluppo del loro rapporto con il parlamento: sono in vita fintantoché entrambe le Camere confermano la fiducia. Devono però dimettersi quando questa fiducia viene negata. Dunque non marceranno i corazzieri su Palazzo Chigi se Conte non è arrivato a 161 voti. Ma il capo dello stato vorrà sapere da lui se sarà in grado di costruire una nuova maggioranza, con tanto di gruppo e regole interne. Una nuova gamba. Che porta al Conte Ter. Ma adesso è ancora tutto prematuro. Prima c’è da smaltire lo sconforto.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.