Il retroscena
Conte nel labirinto: "Renzi vuole la mia testa". E ora non sa quanto fidarsi di Pd e M5s
Lo strappo di Italia viva obbliga il premier a una nuova strategia. Già questa mattina potrebbe andare al Colle
Mattarella "sorpreso" per l'esito della crisi. Italia viva tratta a tutto campo per cercare un nuovo presidente del Consiglio. Faro su Franceschini e Di Maio. Ma l'Avvocato del popolo non molla e medita la conta
Tutto sta nel Kairos di cui parla la ministra dimissionaria Elena Bonetti. Il momento opportuno di Italia viva per uscire dal governo diventa anche quello per Matteo Renzi per dire che sì, va bene, “non c’è un veto su Conte”, ma allo stesso tempo “non bisogna impiccarsi su un nome”. Perché “ci sono più nomi per il premier”.
E proprio nel continuo richiamo alle “liturgie della democrazia”, alla “centralità del Parlamento” si cela la sfida che Iv lancia all’ “avvocato del popolo”: prima ti dimetti e poi parliamo; oppure sfidaci e vediamo se hai i numeri in Senato. E così “l’atto di responsabilità” per uscire dall’immobilismo, come scrive Teresa Bellanova nella sua lettera di commiato al governo, diventa un pantano per il premier. Conte dirà di averle provate tutte per ricucire con Iv, di essersi messo nelle mani del Pd, ma come ragiona appena Renzi termina la conferenza stampa: “Matteo vuole la mia testa”. Sicché si ritorna al punto iniziale, ma con una novità sostanziale: Italia viva è uscita dal governo. Le prime reazioni sono di estrema durezza. Nicola Zingaretti drammatizza al massimo: “Ora tutto è a rischio”. Agitando per l’ennesima volta lo spauracchio del voto a cui non crede nessuno, o almeno Luca Lotti, leader della corrente dem Base riformista insieme a Lorenzo Guerini: “Questa crisi è stata aperta in parlamento e non serve dirvi i numeri dei gruppi in parlamento”, dice ai suoi deputati. E sono proprio le Camere dove Renzi ha gettato un amo. Il M5s, al di là delle iniziali dichiarazioni di Crimi e Bonafede, è disposto a seguire Conte fino alla fine? Oppure, come dice il senatore grillino Marco Croatti, “il bene comune viene prima del singolo?”.
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- Simone Canettieri
Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.